Papa Francesco – Il Vescovo di Roma e il suo Popolo
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Dio ci sorprende sempre. Riesce a rompere schemi, progetti, aspettative e quant’altro mira a gestirLo a metterLo in nostro potere per poterLo addomesticare. E l’elezione di un Papa è quanto di più immaginifico ci si possa aspettare per mettere in pratica tutto questo. Ma se fosse possibile poterlo realizzare questo, il risultato ottenuto sarebbe più Dio? O non sarebbe piuttosto un suo fantoccio!?
Fino al momento dell’apparizione dalla loggia di San Pietro del nuovo Papa i pronostici sono stati a valanga, su tutti i fronti e in tutte le direzioni … poi … è apparso papa Francesco, Jorge Bergoglio! E chi se lo aspettava? E subito dalle sue prime parole (fratelli e sorelle, … buonasera, … vescovo, … popolo, … beneditemi, … buonanotte, … buon riposo, …) abbiamo colto la sorpresa … e il dono … che Dio ci ha fatto.
Certo i pronostici, … inutili, ma indicativi di un sentire, di un anelito, di un desiderio appunto del popolo. Io pure ho fatto un pronostico, ho espresso un desiderio dentro di me: che il nuovo Papa potesse essere dell’America latina! Mi direte: perché?
Ma perché l’America latina è riuscita ad essere popolo, è nata già con l’idea di essere popolo, ha coltivato il proprio essere popolo, ha lottato per essere popolo. E noi, i cristiani, siamo popolo, il popolo di Dio. “di Dio”, ne dice la qualifica, l’appartenenza, ne esprime la consapevolezza, e il popolo di Dio oggi è in crisi, in Italia, in Europa, nel mondo, forse perché ha dimenticato la sua qualifica, “di Dio”, appunto.
Questo mio pensiero su un papa latino-americano mi martellava per il collegamento, vista la crisi del popolo, che la mia mente faceva con Óscar Romero, il vescovo del Salvador ucciso dagli squadroni della morte il 24 marzo 1980. Romero in una sua ultima omelia aveva detto: “Sono stato… minacciato di morte … non credo nella morte senza resurrezione. Se mi uccidono risorgerò nel popolo salvadoregno. Lo dico … con la più grande umiltà … dare la vita per quelli che amo … La mia morte, se è accettata da Dio, sia per la liberazione del mio popolo e una testimonianza di speranza nel futuro … Un vescovo morirà, ma la Chiesa di Dio che è il popolo, non perirà mai”.
Ecco, questo spirito, questa consapevolezza, ce l’hanno molti vescovi, anche nostri, ma soprattutto quelli dell’America latina, per questo il mio pensiero voleva un Papa che fosse dell’America latina, e papa Bergoglio è così: un pastore legato a Gesù Cristo e alla sua parola e al popolo, popolo povero, e lui è un povero tra i poveri, un vescovo povero che condivide la vita dei suoi poveri.
Da lui la parola è vista non solo come la Scrittura, parola fissata in un testo ma come l’auto-comunicarsi di Dio al suo popolo e ciò è sempre stato presente nel ministero pastorale di don Jorge. Dio si comunica per donarsi e ci guarda con amore e misericordia, così, dice papa Francesco, il pastore guarda il suo popolo, con gli occhi di Dio, che per amore in Gesù Cristo si dona, si dona al popolo.
Infatti le prime parole che da lui appena eletto abbiamo ascoltato la sera del 13 marzo sono state “E adesso incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo”. Sono parole semplici e umili, evangeliche e profondamente spirituali che dicono fede, preghiera e servizio. E continuava: “Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro”.
Sono parole profetiche ma motivate anche ecclesiologicamente: la Chiesa è comunione, è un popolo in cammino, quindi Vescovo e popolo camminano insieme. E subito dopo quella richiesta, per noi inusuale: “Vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo”. Senza parole papa Bergoglio ci stava dicendo: Da qui riparte il cammino della Chiesa: abbandonati all’azione dello Spirito che guida la Chiesa.
Da questo stile di comunione e di condivisione da vescovo gli era nata l’idea di creare una comunità di sacerdoti in mezzo a una baraccopoli. Soleva ripetere: «L’opzione fondamentale è scendere per le strade e cercare la gente: questa è la nostra missione. Il rischio che corriamo oggi è quello di una Chiesa autoreferenziale».
Questo concetto è ritornato immediato alla mente di Papa Francesco nell’omelia ai Cardinali il 14 marzo affermando che la Chiesa non è un’opera assistenziale o un’associazione etica: “Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore”. Auguri Papa Francesco, buon cammino con noi, tuo popolo.
Don Giovanni Basile
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