P. Paolo II – Lettera agli anziani – II parte
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Carissimi fratelli e sorelle, riandare al passato per tentare una sorta di bilancio è spontaneo alla nostra età. Questo sguardo retrospettivo consente una valutazione più serena ed oggettiva di persone e situazioni incontrate lungo il cammino. Il passare del tempo sfuma i contorni delle vicende e ne addolcisce i risvolti dolorosi. Purtroppo crucci e tribolazioni sono largamente presenti nell’esistenza di ciascuno. Talvolta si tratta di problemi e sofferenze, che mettono a dura prova la resistenza psicofisica e magari scuotono la stessa fede. L’esperienza però insegna che le stesse pene quotidiane, con la grazia del Signore, contribuiscono spesso alla maturazione delle persone, temprandone il carattere.
Al di là delle singole vicende, la riflessione che maggiormente s’impone è quella relativa al tempo che scorre inesorabile. ” Il tempo fugge irrimediabilmente “, sentenziava già l’antico poeta latino. L’uomo è immerso nel tempo: in esso nasce, vive e muore. Con la nascita viene fissata una data, la prima della sua vita, e con la morte un’altra, l’ultima: l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine della sua vicenda terrena, come la tradizione cristiana sottolinea, scolpendo queste lettere dell’alfabeto greco sulle lapidi delle tombe.
Ma se così misurata e fragile è l’esistenza di ciascuno di noi, ci conforta il pensiero che, in forza dell’anima spirituale, sopravviviamo alla morte stessa. La fede poi ci apre ad una ” speranza che non delude ” (cfr Rm 5, 5), additandoci la prospettiva della risurrezione finale. Non per nulla la Chiesa, nella solenne Veglia pasquale, usa queste stesse lettere in riferimento a Cristo vivo ieri, oggi e sempre: ” Egli è il principio e la fine, è l’alfa e l’omega. A lui appartengono il tempo e i secoli “. La vicenda umana, pur soggetta al tempo, viene posta da Cristo nell’orizzonte dell’immortalità. Egli ” si è fatto uomo tra gli uomini, per unire il principio alla fine, cioè l’uomo a Dio “.
Rivolgendomi agli anziani, so di parlare a persone e di persone che hanno compiuto un lungo percorso (cfr Sap 4, 13). Parlo ai miei coetanei; posso, dunque, facilmente cercare un’analogia nella mia vicenda personale. La nostra vita, cari fratelli e sorelle, è stata inscritta dalla Provvidenza in questo ventesimo secolo, che ha ricevuto una complessa eredità dal passato ed è stato testimone di numerosi e straordinari eventi.
Come tanti altri tempi della storia, esso ha registrato luci ed ombre. Non tutto è stato oscuro. Molti aspetti positivi hanno bilanciato il negativo o sono emersi da esso come una benefica reazione della coscienza collettiva. E vero tuttavia ? e sarebbe ingiusto quanto pericoloso dimenticarlo! ? che ci sono state inaudite sofferenze, che hanno inciso sulla vita di milioni e milioni di persone. Basterebbe pensare ai conflitti esplosi in diversi continenti in seguito a contese territoriali fra Stati o all’odio interetnico. Non meno gravi sono da considerare le condizioni di estrema povertà di ampie fasce sociali nel Sud del mondo, il vergognoso fenomeno della discriminazione razziale e la sistematica violazione dei diritti umani in molte nazioni. E che dire poi dei grandi conflitti mondiali?
Nella prima parte del secolo ce ne furono ben due, con una quantità mai prima conosciuta di morti e distruzioni. La prima guerra mondiale mieté milioni di soldati e di civili, stroncando tante vite umane sul limitare dell’adolescenza o, addirittura, dell’infanzia. E che dire della seconda guerra mondiale? Sopravvenuta dopo pochi decenni di relativa pace nel mondo, specialmente in Europa, fu più tragica della precedente, con conseguenze immani per la vita delle nazioni e dei continenti. Fu guerra totale, inaudita mobilitazione dell’odio, che si abbatté brutalmente anche sulle inermi popolazioni civili e distrusse intere generazioni. Il tributo pagato sui vari fronti alla follia bellica fu incalcolabile e altrettanto terrificante fu l’eccidio consumato nei campi di sterminio, veri Golgota dell’epoca contemporanea.
Sulla seconda metà del secolo è pesato, per diversi anni, l’incubo della guerra fredda, del confronto cioè tra i due grandi blocchi ideologici contrapposti, l’Est e l’Ovest, con una folle corsa agli armamenti e la costante minaccia di una guerra atomica, capace di condurre l’umanità all’estinzione. Grazie a Dio, quella pagina oscura si è chiusa con la caduta in Europa dei regimi totalitari oppressivi, come frutto di una lotta pacifica, che s’è avvalsa dell’uso delle armi della verità e della giustizia. Si è così avviato un faticoso, ma proficuo processo di dialogo e di riconciliazione, teso ad instaurare una più serena e solidale convivenza fra i popoli.
Ma troppe nazioni sono ancora ben lontane dal conoscere i benefici della pace e della libertà. Grande trepidazione ha suscitato nei mesi scorsi il violento conflitto scoppiato nella regione dei Balcani, teatro già negli anni precedenti di una terribile guerra a sfondo etnico: altro sangue è stato versato, altre distruzioni si sono avute, altro odio è stato alimentato. Ora, che finalmente il furore delle armi s’è placato, si comincia a pensare alla ricostruzione nella prospettiva del nuovo millennio. Ma intanto continuano a divampare, anche in altri continenti, molteplici focolai di guerra, talvolta con massacri e violenze troppo presto dimenticati dalle cronache. (Continua)
Giovanni Paolo II
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