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Onora il padre e la madre

16 Marzo 2012 | Filed under: Anziani, Famiglia
     

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11. Perché allora non continuare a tributare all’anziano quel rispetto che le sane tradizioni di molte culture in ogni continente hanno posto in valore? Per i popoli dell’area raggiunta dall’influsso biblico, il riferimento è stato, nei secoli, il comandamento del Decalogo: ” Onora il padre e la madre “; un dovere, peraltro, universalmente riconosciuto. Dalla sua piena e coerente applicazione non è scaturito soltanto l’amore per i genitori da parte dei figli, ma è stato anche evidenziato il forte legame che esiste fra le generazioni. Dove il precetto viene accolto e fedelmente osservato, gli anziani sanno di non correre il pericolo di essere considerati un peso inutile ed ingombrante.

Il comandamento insegna, inoltre, a tributare rispetto a coloro che ci hanno preceduto e a quanto hanno operato di bene: ” il padre e la madre ” indicano il passato, il legame tra una generazione e l’altra, la condizione che rende possibile l’esistenza stessa di un popolo. Secondo la duplice redazione proposta dalla Bibbia (cfr Es 20, 2-17; Dt 5, 6-21), questo comando divino occupa il primo posto nella seconda Tavola, quella concernente i doveri dell’essere umano verso se stesso e verso la società. E poi l’unico a cui è legata una promessa: ” Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio ” (Es 20, 12; cfr Dt 5, 16).

12. ” Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi, onora la persona del vecchio ” (Lv 19, 32). Onorare gli anziani comporta un triplice dovere verso di loro: l’accoglienza, l’assistenza, la valorizzazione delle loro qualità. In molti ambienti ciò avviene quasi spontaneamente, come per antica consuetudine. Altrove, specialmente nelle nazioni economicamente più progredite, s’impone una doverosa inversione di tendenza, per far sì che coloro che avanzano negli anni possano invecchiare con dignità, senza dover temere di essere ridotti a non contare più nulla. Occorre convincersi che è proprio di una civiltà pienamente umana rispettare e amare gli anziani, perché essi si sentano, nonostante l’affievolirsi delle forze, parte viva della società. Osservava già Cicerone che ” il peso dell’età è più lieve per chi si sente rispettato ed amato dai giovani “.(18)

Lo spirito umano, del resto, pur partecipando all’invecchiamento del corpo, rimane in un certo senso sempre giovane, se vive rivolto verso l’eterno, e di questa perenne giovinezza fa più viva esperienza, quando all’interiore testimonianza della buona coscienza, si unisce l’affetto premuroso e grato delle persone care. L’uomo, allora, come scrive san Gregorio di Nazianzo, ” non invecchierà nello spirito: accetterà la dissoluzione come il momento stabilito per la necessaria libertà. Dolcemente trasmigrerà nell’aldilà dove nessuno è immaturo o vecchio, ma tutti sono perfetti nell’età spirituale “.(19)

Tutti conosciamo esempi eloquenti di anziani con una sorprendente giovinezza e vigoria dello spirito. Per chi li avvicina, essi sono di stimolo con le loro parole e di conforto con l’esempio. Possa la società valorizzare appieno gli anziani, che in alcune regioni del mondo, penso in particolare all’Africa, sono stimati giustamente come ” biblioteche viventi ” di saggezza, custodi di un patrimonio inestimabile di testimonianze umane e spirituali. Se è vero che sul piano fisico hanno in genere bisogno di aiuto, è altrettanto vero che, nella loro età avanzata, possono offrire sostegno ai passi dei giovani che si affacciano all’orizzonte dell’esistenza per saggiarne i percorsi.

Mentre parlo degli anziani, non posso non rivolgermi anche ai giovani per invitarli a stare loro accanto. Vi esorto, cari giovani, a farlo con amore e generosità. Gli anziani possono darvi molto di più di quanto possiate immaginare. Il Libro del Siracide in proposito ammonisce: ” Non trascurare i discorsi dei vecchi, perché anch’essi hanno imparato dai loro padri ” (8, 9); ” Frequenta le riunioni degli anziani; qualcuno è saggio? Unisciti a lui ” (6, 34); perché agli anziani ” si addice la sapienza ” (25, 5).
Giovanni Paolo II

     

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