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29 febbraio – ore 21.00 Rete 4
Viaggio A… anticipazioni:
stasera intervista a Schönborn
su Medjugorie e la vita di
Chiara Luce Badano.
Torna con il secondo appuntamento stasera su Rete 4 “Viaggio a”, programma condotto da Paolo Brosio, che raccoglie i racconti e le vicende di persone che hanno avuto esperienze straordinarie, miracoli o comunque sono state protagoniste di situazioni che restano ancora inspiegabili.
Protagonista della prima parte della puntata di stasera è Chiara Luce Badano, morta giovanissima a soli 18 anni per malattia, che fino all’ultimo, nella sofferenza fisica, ha testimoniato la sua grande fede e ha affrontato con straordinaria serenità la sua drammatica situazione.le telecamere di “Viaggio a…” sono arrivate a Sassello dove ha vissuto la giovane e che è ora meta di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo.
Qui grazie alla testimonianza dei genitori e degli amici di Chiara si ripercorrerà la sua breve esistenza, l’incontro con il movimento cattolico dei Focolari, fino alla beatificazione nel 2010, grazie a un miracolo avvenuto per sua intercessione.Quindi, Paolo Brosio si sposta a Medjugorie per raccontare la vita quotidiana di chi vede nelle apparizioni la Madonna: il conduttore intervista Marija Pavlovic, una dei sei veggenti che racconterà in esclusiva alcuni aspetti di questa esperienza straordinaria. Paolo Brosio ha sentito anche il marito della donna, Paolo Lunetti, che racconta la sua esperienza di tutti i giorni con una persona che vede e parla con la Vergine.
Sempre sulle apparizioni e i miracoli a Medjugorje, Paolo Brosio ha intervistato in esclusiva il Cardinale Christoph Schönborn, le cui parole esprimono una posizione molto chiara rispetto alla portata del fenomeno spesso oggetto di dibattito all’interno della stessa Chiesa Cattolica: “A Medjugorie il soprannaturale è tangibile e questo fenomeno è come lo conosciamo a Lourdes o a Fatima, è una presenza della Gospa, della Madonna, che tocca tanta gente. E questa è Lei, non è nostra immaginazione, è Lei”.
Proprio il cardinale Schönborn, arcivescovo di Vienna e primate d’Austria, ha permesso che venisse celebrata nella cattedrale di Santo Stefano, a Vienna, una giornata dedicata proprio a Medjugorje, con il veggente Ivan Dragicevic. Questi è stato in Chiesa proprio nel momento dell’apparizione, dopo la quale il cardinale ha celebrato una Messa solenne.
Ancora da Vienna il racconto dell’Arciduchessa d’Austria Milona D’Asburgo, discendente della famiglia reale degli Asburgo, della principessa Sissi e dell’imperatore Francesco Giuseppe. E ancora due testimonianze che vengono raccontate per la prima volta stasera, di casi di guarigioni inspiegabili scientificamente, da malattie molto gravi: quella di Alfred Offner, affetto dal morbo di Sudek, e di Gabriela Pospischil.
L’esercizio dei carismi – III parte
Insegnamento
di Padre Raniero Cantalamessa
(RCSCV)
Siamo, così, introdotti alla considerazione dell’ultimo punto: l’esercizio concreto dei carismi. Voglio partire da un’espressione di S. Paolo che abbiamo già ascoltato, ma non ancora commentato: “A ciascuno – dice – è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune ” (1 Cor 12,7). Mi preme ora sottolineare le parole: “una manifestazione particolare dello Spirito”. Dunque, il carisma è una manifestazione, o epifania, dello Spirito; è un modo parziale, ma autentico, di manifestarsi dello Spirito. (11 termine greco usato è lo stesso che, nel Nuovo Testamento, indica la manifestazione di Cristo: phanérosis).
Con ciò si è detta una cosa molto seria; si è detto che i carismi, o non ci sono affatto in una persona, o, se ci sono, si guasteranno presto, se essi non sono il manifestarsi spontaneo e quasi il riflesso naturale dello Spirito che riempie il suo cuore e la sua vita. Se, in altre parole, sono qualcosa di staccato e di posticcio nella vita di chi li esercita.
Gesù ci dice che con i carismi si può finire perfino all’inferno; dice infatti: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome (primo carisma!) e cacciato i demoni nel tuo nome (secondo carisma!) e compiuto molti miracoli nel tuo nome (terzo carisma!)? lo però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità ” (Mt 7,21-23).
Come mai questa gente che profetizza, che scaccia i demoni e opera molti miracoli, si sente dire, nel giorno del giudizio: “Via da me!”? E’ che quei carismi non erano la “manifestazione” autentica di una vita guidata dallo Spirito di Gesù, ma erano qualcos’altro; erano, semmai, ostentazione dello Spirito, non manifestazione dello Spirito. Così avviene quando si abusa dei doni di Dio per la propria gloria o utilità, senza accettare le austere esigenze che lo Spirito stesso pone e che il vangelo espone, che si riassumono nella parola “croce”.
Dobbiamo perciò entrare in una prospettiva di conversione reale, smettendo di pensare ai carismi come a dei bei doni che, a un certo punto, grazie all’effusione dello Spirito, si sono posati sull’albero della nostra vita. Questo sarebbe, in tal caso, un albero di Natale, non un albero vero. Già un’altra volta ho illustrato la differenza che c’è tra l’albero di Natale e un albero vero. L’albero di Natale, in genere, è un alberello di plastica, al quale si appendono i regali natalizi e che si butta via, appena i regali sono stati staccati e la festa è passata.
Un cristiano che presenta dei carismi, senza però la sostanza di una vita improntata al Vangelo, somiglia a quell’alberello di plastica che non serve più a niente e che si butta via non appena sono stati colti i sui doni. Ben diverso è il cristiano la cui vita è simile all’albero che cresce lungo corsi d’acqua: egli porta sempre di nuovo frutto a suo tempo e le sue foglie non appassiranno mai (cfr. Sal 1,3). Costui passerà, sì, attraverso l’inverno, cioè attraverso periodi in cui non sembra aver alcun frutto ed è spoglio di tutto (passerà attraverso lo spogliamento e l’aridità), ma a primavera tornerà a germogliare e, anzi, quando i suoi frutti non si vedono, è proprio allora che ne produce di più.
S. Paolo esprime bene tutto questo quando afferma che i carismi devono essere l’espressione di una vita “secondo lo Spirito”; i carismi infatti sono al sicuro solo in coloro che, “mediante lo Spirito, fanno morire le opere della carne” (cfr. Rin 8,13). Questo ci spiega come mai tante persone si siano fermate per la strada, dopo un inizio folgorante nel Rinnovamento o, addirittura, siano tornate indietro.
Avviene, dei Rinnovamento, come quando si accende un fuoco in casa; dapprima si appicca il fuoco a del materiale facilmente infiammabile, come carta, paglia, o arbusti secchi. Ma finita quella prima fiammata, o il fuoco è riuscito ad accendere i pezzi di legno grandi, e allora durerà fino al mattino dopo e riscalderà tutta la casa, o non vi è riuscito, e allora non succede proprio nulla; si è trattato, appunto, di un “fuoco di paglia”. Sul piano del rinnovamento spirituale, o la fiamma iniziale si attacca al cuore e lo trasforma da cuore di pietra in cuore di carne, o non giunge al cuore, ma resta alla periferia e allora si consuma presto e non lascia traccia di sé.
Se, nei nostri gruppi, sono ancora così scarsi i “carboni accesi”, cioè le vite realmente penetrate dal fuoco dello Spirito che bruciano ormai per la Chiesa, la ragione risiede qui; è che non si è permesso al fuoco di giungere al cuore. Non si è passati attraverso quella che S. Paolo chiama “la circoncisione del cuore” (cfr. Rin 2,29).
Dobbiamo prendere più sul serio alcune regole basilari di santità che si osservano, appunto, nella vita dei santi riconosciuti tali dalla Chiesa. Io mi stupisco e soffro, e qualche volta fremo anche di sdegno, quando, tra persone del Rinnovamento, sento dire che si deve proclamare la gioia della risurrezione e che non si deve esagerare nel parlare di croce, di rinnegamento di sé, per non tornare a una certa vecchia spiritualità troppo “afflittiva”. Certo che noi dobbiamo spingere la fede e la gioia della risurrezione fino all’estremo, ma l’equilibrio non sta nel dosare un po’ di risurrezione e un po’ di croce.
Questo è un modo di pensare tutto umano. L’equilibrio sta nel portare all’estremo l’una e l’altra cosa; l’equilibrio sta nell’accettare fino in fondo la croce, per Poter sperimentare fino in fondo la risurrezione.
P. Raniero Cantalamessa
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