Non stranieri ma concittadini e familiari di Dio
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La Chiesa di Torino da decenni si è fatta compagna e amica delle popolazioni rom e sinte che vivono sul nostro territorio, condividendo la fatica della loro esistenza, promuovendo le loro speranze di vita dignitosa e impegnandosi in maniera creativa e significativa per aprire strade di accoglienza e di pacifica convivenza. Per questo intende offrire alle istituzioni il proprio contributo e la propria collaborazione, disponibile ad affrontare insieme la sfida della costruzione di condizioni di vita dignitose e di una integrazione reale nel tessuto sociale.
La prima esigenza fondamentale è di uscire dall’emergenza e predisporre un programma organico di integrazione della popolazione rom e sinta a Torino per i prossimi 5-10 anni. A tale scopo occorre chiudere la fase della realizzazione di “progetti” per avviare un programma di interventi strutturali che abbiano il carattere della continuità e della sostenibilità e la certezza delle risorse disponibili.
Con molto affetto mi rivolgo innanzitutto a voi tutti rom e sinti che vivete tra noi, per esprimere la mia stima e il mio apprezzamento per ciascuno di voi, figli di popoli che hanno una lunga storia, verso i quali ho molto rispetto e ai quali intendo riconoscere l’onore di un coraggio e di una sofferenza antichi. Conosco tanti di voi, vi ho visitato nei campi dove vivete, vi ho incontrato in molte occasioni per le strade della nostra città e dei nostri paesi.
Ho nel cuore gli occhi di tanti uomini, donne, bambini, ragazzi e nella mia preghiera trovate tutti posto. Ma soprattutto vorrei dirvi che avete posto nel cuore di Dio, che non dimentica nessuno di voi. Io sono il vescovo, ma sono anche e soprattutto un fratello e un amico per voi. Sì, fratello e amico dei rom e dei sinti.
Conosco le vostre sofferenze, le umiliazioni, le difficoltà, ma anche i vostri sogni le vostre speranze, la fatica di raggiungere una vita migliore. So che sperate un futuro più bello per i vostri figli e per le vostre figlie: i vostri figli sono il vostro tesoro. Vorrei dirvi: abbiate fiducia! Abbiate fiducia nella possibilità di dare un’istruzione, una casa, un lavoro ai vostri figli!
Vi invito a non credere di risolvere i problemi della vita con la violenza o la delinquenza e l’illegalità, ma piuttosto affermare la dignità dei vostri popoli. Il problema dei rom e dei sinti non è irrisolvibile. Alle autorità civili chiedo di scegliere insieme la via non solo del confronto, ma anche dell’impegno, senza scoraggiarci di fronte alle inevitabili sconfitte.
In particolare chiedo di lavorare insieme in modo programmatico su cinque emergenze fondamentali che toccano tutti voi: l’abitazione (superare i campi), l’istruzione (offrire la possibilità di un percorso scolastico), il lavoro (dare una formazione professionale), la salute (dare accesso ai servizi di salute pubblica) e la cultura (promuovere la conoscenza delle popolazioni nomadi).
Alle comunità cristiane della Diocesi esprimo la mia riconoscenza e gratitudine per quanto già fatto. La Chiesa torinese, grazie a Dio, ha visto fiorire splendide vocazioni di dedizione ai rom e ai sinti: presenze preziose che in anni lontani hanno cominciato a condividere nell’ascolto, nel rispetto e nella preghiera la vita nei campi.
Per questo mi sento di farvi una richiesta ancor più impegnativa: vi chiedo se tra voi non ci siano giovani, famiglie, sacerdoti, religiose, anziani che potrebbero “adottare” nell’amicizia fraterna una famiglia rom o una famiglia sinta. Non si tratta di inventare gesti eccezionali ma di saper coltivare la vostra capacità di accoglienza nella vita quotidiana con generosità ed efficacia.
Chiesa di Torino, cittadini di Torino, «non abbiate paura. Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo ! » che oggi bussa col volto di un povero, di un rom o di un sinto e chiede di stare con noi. E mentre noi crediamo di dargli qualcosa, scopriamo che è lui il nostro tesoro prezioso, che arricchisce la vita con i suoi doni di inestimabile valore.
Che il Signore Gesù, nato in una baracca per animali come un rom sul Lungo Stura; sfuggito alla persecuzione omicida come un rom ai campi di sterminio nazisti; che non aveva una pietra dove posare il capo come un rom della Continassa; non tanto diverso da un rom in carcere, ci aiuti ad accoglierLo nei nostri fratelli rom e sinti. La gioia del bene compiuto sia pegno di pace per il futuro delle giovani generazioni.
Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino
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