Non abbiamo un prodotto da vendere, ma una vita da comunicare
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Venerdì 1 giugno c.a. Papa Francesco ha tenuto il seguente discorso ai direttori delle Pontificie Opere Missionarie, che si è tenuto presso la Sala Clementina
Signor Cardinale, cari fratelli e sorelle, vi accolgo con gioia in occasione della vostra Assemblea Generale e vi saluto tutti cordialmente. Ringrazio il Cardinale Filoni per le sue parole di introduzione, e saluto il nuovo Presidente delle Pontificie Opere Missionarie, Mons. Giampietro Dal Toso, che per la prima volta partecipa a questo vostro incontro annuale. A tutti esprimo un vivo senso di gratitudine per il lavoro di sensibilizzazione missionaria del Popolo di Dio e vi assicuro il mio ricordo nella preghiera.
Abbiamo davanti un interessante cammino: la preparazione del Mese Missionario Straordinario dell’ottobre 2019, che ho voluto indire nella scorsa Giornata Missionaria Mondiale dell’anno 2017. Vi incoraggio fortemente a vivere questa fase di preparazione come una grande opportunità per rinnovare l’impegno missionario della Chiesa intera.
Ed è anche occasione provvidenziale per rinnovare le nostre Pontificie Opere Missionarie. Sempre si devono rinnovare le cose: rinnovare il cuore, rinnovare le opere, rinnovare le organizzazioni, perché, altrimenti, finiremmo tutti in un museo. Dobbiamo rinnovare per non finire nel museo. Conoscete bene la mia preoccupazione per il pericolo che il vostro operato si riduca alla mera dimensione monetaria dell’aiuto materiale – questa è una vera preoccupazione – trasformandovi in un’agenzia come tante, fosse anche cristianamente ispirata.
Non è certo questo che i fondatori delle Pontificie Opere e il Papa Pio XI volevano quando le fecero nascere e le organizzarono al servizio del Successore di Pietro. Perciò ho riproposto come attuale e urgente per il rinnovo della consapevolezza missionaria di tutta la Chiesa oggi, una grande e coraggiosa intuizione del Papa Benedetto XV, contenuta nella sua Lettera apostolica Maximum illud: cioè la necessità di riqualificare evangelicamente la missione della Chiesa nel mondo.
Questo obiettivo comune può e deve aiutare le Pontificie Opere Missionarie a vivere una comunione di spirito, di collaborazione reciproca e di mutuo sostegno. Se il rinnovamento sarà autentico, creativo ed efficace, la riforma delle vostre Opere consisterà in una rifondazione, una riqualificazione secondo le esigenze del Vangelo. Non si tratta semplicemente di ripensare le motivazioni per fare meglio ciò che già fate. La conversione missionaria delle strutture della Chiesa (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 27) richiede santità personale e creatività spirituale.
Dunque non solo di rinnovare il vecchio, ma di permettere che lo Spirito Santo crei il nuovo. Non noi: lo Spirito Santo. Fare spazio allo Spirito Santo, permettere che lo Spirito Santo crei il nuovo, faccia nuove tutte le cose (cfr Sal 104,30; Mt 9,17; 2 Pt 3,13; Ap 21,5). Lui è il protagonista della missione: è Lui il “capoufficio” delle Opere Missionarie Pontificie. È Lui, non noi.
Non abbiate paura delle novità che vengono dal Signore Crocifisso e Risorto: queste novità sono belle. Abbiate paura delle altre novità: queste non vanno! Quelle che non vengono di là. Siate audaci e coraggiosi nella missione, collaborando con lo Spirito Santo sempre in comunione con la Chiesa di Cristo (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 131).
E questa audacia significa andare col coraggio, col fervore dei primi che annunciarono il Vangelo. Il vostro libro abituale di preghiera e di meditazione siano gli Atti degli Apostoli. Andare lì a trovare l’ispirazione. E il protagonista di quel libro è lo Spirito Santo. Che cosa può significare per voi Pontificie Opere, che insieme alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli state preparando il Mese Missionario Straordinario, riqualificarvi evangelicamente? Credo significhi semplicemente una conversione missionaria.
Abbiamo bisogno di riqualificarci – l’intuizione di Benedetto XV –, di riqualificarci a partire dalla missione di Gesù, riqualificare lo sforzo di raccolta e distribuzione degli aiuti materiali alla luce della missione e della formazione che questa richiede, affinché coscienza, consapevolezza e responsabilità missionaria ritornino a far parte del vissuto ordinario di tutto il santo Popolo fedele di Dio.
“Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo”. Questo è il tema che abbiamo scelto per il Mese Missionario dell’ottobre 2019. Esso sottolinea che l’invio per la missione è una chiamata insita nel Battesimo ed è di tutti i battezzati. Così la missione è invio per la salvezza che opera la conversione dell’inviato e del destinatario: la nostra vita è, in Cristo, una missione! Noi stessi siamo missione perché siamo amore di Dio comunicato, siamo santità di Dio creata a sua immagine.
La missione è dunque santificazione nostra e del mondo intero, fin dalla creazione (cfr Ef 1,3-6). La dimensione missionaria del nostro Battesimo si traduce così in testimonianza di santità che dona vita e bellezza al mondo. Rinnovare le Pontificie Opere Missionarie significa perciò prendersi a cuore, con impegno serio e coraggioso, la santità di ciascuno e della Chiesa come famiglia e comunità.
Vi chiedo di rinnovare con creatività la natura e l’azione delle Pontificie Opere Missionarie, ponendole al servizio della missione, affinché al cuore delle nostre preoccupazioni vi sia la santità della vita dei discepoli missionari. Infatti, per poter collaborare alla salvezza del mondo, bisogno amarlo (cfr Gv 3,16) ed essere disposti a dare la vita servendo Cristo, unico Salvatore del mondo.
Noi non abbiamo un prodotto da vendere – non c’entra qui il proselitismo, non abbiamo un prodotto da vendere –, ma una vita da comunicare: Dio, la sua vita divina, il suo amore misericordioso, la sua santità! Ed è lo Spirito Santo che ci invia, ci accompagna, ci ispira: è Lui l’autore della missione. È Lui che porta avanti la Chiesa, non noi. Neppure l’istituzione Opere Missionarie Pontificie.
Lascio a Lui – possiamo domandarci – lascio a Lui di essere il protagonista? O voglio addomesticarlo, ingabbiarlo, nelle tante strutture mondane che, alla fine, ci portano a concepire le Opere Missionarie Pontificie come una ditta, un’impresa, una cosa nostra, ma con la benedizione di Dio? No, questo non va. Dobbiamo farci questa domanda: lascio che sia Lui o lo ingabbio? Lui, lo Spirito Santo, fa tutto; noi siamo soltanto servi suoi.
Come ben sapete, durante l’ottobre 2019, Mese Missionario Straordinario, celebreremo il Sinodo per l’Amazzonia. Accogliendo le preoccupazioni di molti fedeli, laici e pastori, ho voluto che ci si incontri per pregare e riflettere sulle sfide dell’evangelizzazione di queste terre dell’America Meridionale in cui vivono importanti Chiese particolari.
Mi preme che questa coincidenza ci aiuti a tenere fisso il nostro sguardo su Gesù Cristo nell’affrontare problemi, sfide, ricchezze e povertà; ci aiuti a rinnovare l’impegno di servizio al Vangelo per la salvezza degli uomini e delle donne che vivono in quelle terre. Preghiamo affinché il Sinodo per l’Amazzonia possa riqualificare evangelicamente la missione anche in questa regione del mondo tanto provata, ingiustamente sfruttata e bisognosa della salvezza di Gesù.
Maria, quando è andata da Elisabetta, non lo fece come un gesto proprio, come missionaria. È andata come una serva di quel Signore che portava in grembo: di sé stessa non disse nulla, soltanto portò il Figlio e lodò Dio. È vera una cosa: andava di fretta. Lei ci insegna questa fedele fretta, questa spiritualità della fretta. La fretta della fedeltà e dell’adorazione. Non era la protagonista, ma la serva dell’unico protagonista della missione. E questa icona ci aiuti. Grazie!
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