Morale – Effetti del peccato impuro sull’anima
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SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
2. L’atto intellettivo si compie con la presenza delle cose intelligibili nell’intelletto; perciò l’intelletto non può esserne macchiato, ma piuttosto ne riceve un perfezionamento. Invece l’atto della volontà consiste in un moto verso le cose, cosicché l’amore unisce l’anima alla cosa amata. Per questo l’anima si macchia quando vi aderisce disordinatamente, secondo il detto di Osea: “Diventarono abominevoli come le cose che amarono”.
3. La macchia non è qualche cosa di positivo nell’anima, e non indica una semplice privazione: indica invece una privazione della lucentezza dell’anima in rapporto alla sua causa, cioè al peccato. Perciò peccati diversi arrecano macchie diverse. Avviene qualche cosa di simile con l’ombra, privazione della luce dovuta all’interposizione di un corpo: secondo la diversità dei corpi le ombre cambiano. […]
Effetti del peccato impuro sull’anima, in seguito alla morte
Per queste persone aggiungo il seguente testo di Paolo VI , Papa, tratto dalla “Indulgentiarum doctrina”al n. 2
Questa falsa cultura di cui dicevo tende precisamente a nascondere la reale gravità morale della lussuria e la pena terribile che ad essa segue, presentando il peccato che è un grave male come un grande bene. Di questi tali, paladini dell’inganno e del male, Dio, per bocca del profeta Isaia, afferma “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro.” (Isaia 5:20)
Circa il merito di una pena eterna per chi muore in condizione di peccato mortale, afferma San Tommaso d’Aquino nella Summa Theologica, Questione 87:
[…]
come insegna S. Gregorio, è giusto che sia punito nell’eternità di Dio, chi osò peccare contro Dio nell’eternità del proprio essere. E si dice che uno ha peccato nell’eternità del proprio essere, non solo per la continuità dell’atto peccaminoso durante tutta la sua vita: ma perché costituendo il proprio fine nel peccato, mostra la volontà di voler peccare eternamente. Perciò S. Gregorio afferma, che “gli iniqui avrebbero voluto vivere senza fine, per poter rimanere senza fine nel peccato”.
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