Mese di San Giuseppe – 15°
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15° giorno – GIUSEPPE ADDOLORATO
Si consumò nel dolore la vita mia. Ps., 30,11.
- Il dolore di Giuseppe.
Non c’è sulla terra figlio dell’uomo che non debba pagare il suo tributo al dolore, perché non c’è figlio dell’uomo che non sia figlio del peccato. La Madonna, l’Immacolata, e Gesù, l’Agnello di Dio, gli unici che non avrebbero dovuto passare, perché senza macchie, per le strette della prova, furono l’uno il Crocifisso e l’altra l’Addolorata.
Giuseppe ha bevuto anch’egli, nonostante la sua limpida giustizia, il calice dell’amarezza. E il suo dolore è tanto più edificante e fecondo, in quanto egli lo ha preso per amore di Gesù e di Maria.
- Giuseppe soffre per Gesù.
L’infanzia così tribolata e perseguitata del Figlio di Dio umanato non può non stringere come in una morsa il cuore così delicato del custode di Lui. Giuseppe non è di quegli uomini superficiali e sicuri di se stessi, i quali hanno sempre fatto e fatto bene quanto debbono fare. Egli che, come tutti i veri servi di Dio, si è vestito d’umiltà, teme sempre che sia per colpa sua, per la sua incapacità e pochezza, che Gesù debba soffrire. E se ne accora, come quando il Bimbo divino si smarrì nel Tempio ed egli con Maria – «dolenti» come se il sole si fosse spento – andavano in cerca di Lui.
- Giuseppe soffre per Maria.
L’angustia della Madre, le privazioni, i disagi, le sofferenze di lei, vengono anch’esse a gravare sull’animo dello sposo fedele. Amare, amare con tanto ardore di purità e poter far poco o nulla per risparmiare alle persone amate l’amarezza della prova, è uno degli strazi più acerbi. Giuseppe l’ha assaporato, perché proprio Gesù e Maria erano l’oggetto tenerissimo della sua casta affezione.
O Giuseppe, così innocente e così provato negli affetti più santi del cuore, io accetto, mosso dal tuo esempio, la pena che la carità verso il mio prossimo può domandarmi, l’accetto non come un peso, ma come un dono, ma come una gioia. E so che ogni pena mi sarà, feconda, se io la santificherò con loro nella carità, come tu hai fatto, tenendo fissi gli occhi dell’anima su Gesù e su Maria.
LETTURA
«San Giuseppe – seguiamo sempre il cuore e l’ispirazione di Hello – compie in realtà ciò che gli altri compiono in figura. Dopo aver difeso il Pane di vita in Egitto e compiuto la cosa di cui il primo Giuseppe era l’ombra, torna a Nazaret e fa ciò che aveva fatto Giosuè. Giosuè aveva fermato il sole; ma colui che era la luce del mondo aveva lasciato Maria e Giuseppe per fare in Gerusalemme gl’interessi del Padre suo.
Tuttavia Maria e Giuseppe lo ritrovarono e lo condussero via. Il sole, che sembrava aver cominciato la sua corsa, fu fermato per diciotto anni. Dai dodici ai trent’anni Gesù Cristo restò là. Che età aveva quando Giuseppe morì? Non se ne sa nulla, ma pare che Giuseppe fosse morto quand’egli lasciò la sua casa. Che cosa avvenne in quella casa? Quali misteri s’aprirono dinanzi agli occhi di quell’uomo, al quale Gesù Cristo obbediva? Che cosa vedeva Giuseppe nelle azioni di Gesù Cristo? Queste azioni, per la loro stessa semplicità, prendevano senza dubbio ai suoi occhi proporzioni incommensurabili».
FIORETTO. Nel dolore mi unirò volentieri alle sofferenze di san Giuseppe.
GIACULATORIA. La mia vita fu piena di dolore.
Tu che il dolore fai puro e santo, t’adorni l’anima di nuovo incanto.
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