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Mese di Maggio – 10° giorno – Il peccato

9 Maggio 2012 | Filed under: Devozioni, Meditazione P. Manelli, Mese di Maggio
     

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IL PECCATO
Che cos’è il peccato? E’ un’offesa a Dio. Si disobbedisce ai santi voleri di Dio, e si ob­bedisce ai voleri della carne, del demonio, del mon­do. Il peccato ci fa calpestare i Comandamenti di Dio e ci fa amare le voglie dei nostri istinti e delle nostre passioni.

Il peccato porta disordine, squilibrio, rovina, nell’uomo e nelle cose, anche se il peccatore si illu­de di trovare un bene nel peccato.

Basti pensare al primo peccato, quello di Ada­mo ed Èva. Dietro la seduzione di far diventare “come Dio” il peccato portò la rovina a tutta l’ umanità e a tutto il creato (Gn 3). Perché il diluvio sulla terra? per il peccato (Gn 6 e 7).

Perché Sodoma e Gomorra incenerite? Per il peccato (Gn 1,1-29).

Perché Tiro, Sidone, Corozain, Cafarnao e Ge­rusalemme furono distrutte? Per il peccato.

Perché le guerre e le devastazioni fra i popoli?

Perché in tante famiglie c’è l’inferno?

Perchè ci sono uomini che vanno all’inferno? Per il peccato. Sempre per il peccato:

Avevano ragione alcuni Santi a tremare al sen­tir solo nominare la parola peccato.

Il peccato mortale – II peccato è mortale, se l’offesa a Dio è grave; è veniale, se l’offesa a Dio è leggera. La sciagura più grande che possa capitare ali’ uomo è quella di commettere un peccato mortale. P. Pio da Pietrelcina era solito esclamare “sciagura­to! ” a chi si accusava di una colpa mortale. Nessu­na disgrazia è paragonabile al peccato mortale. An­zi, sarebbe preferibile ogni altra disgrazia.

Scrisse S. Cipriano: “Osserva i guasti che ca­giona la grandine alle messi, il turbine agli alberi, la pestilenza agli armenti e agli uomini, il vento e la procella alle navi… Essi non sono che una languida figura dei danni che il peccato porta all’anima no­stra: esso distrugge tutti i frutti delle buone opere, corrompe tutte le nostre facoltà e guida l’uomo a morte sicura”.  

Faceva benissimo, perciò; il piccolo e corag­gioso S. Domenico Savio, a sostenere la sua bella massima: “La morte, ma non peccati”. La morte, infatti, è solo un fatto fisico che riduce il corpo dell’uomo a cadavere. Il peccato, invece,   è  un   fatto  spirituale  che  riduce  l’anima dell’uomo a cadavere, fino a quando non sì recupe­ra la grazia con il sacramento della confessione. Un cristiano con l’anima-cadavere: ecco la mostruosità del peccato mortale.

E’ spaventoso… Per comprendere meglio la mostruosità del peccato mortale bisogna guardare al Calvario. Il peccato ha reso Gesù “l’uomo dei dolori” (Is 53,3), è costato la morte di Gesù sulla croce (1 Pt 1,19; Ap 5, 9), ha “trapassato l’anima” della Madonna (Le 2, 35). E chiunque commette di nuovo il pec­cato mortale “crocifigge di nuovo il Figlio di Dio nel proprio cuore” (Eb 6, 6).

Per questo, il peccato mortale fa perdere ali’ anima la vita soprannaturale, ossia la grazia divina, le fa perdere i meriti e le virtù infuse, lasciandole solo la Fede e la Speranza; infine, le toglie la rasso-miglianza con Cristo e le imprime l’immagine del demonio. E’ spaventoso! Aveva ragione S. Teresa d’Avila di dire che la visione di un’anima in peccato mortale l’atterrì al punto tale da supplicare Dio di interromperla.

Ma quanti sonò i cristiani in peccato mortale, che si rendono conto di avere un’anima cadavere e di somigliare a demoni? E come possono credere di amare Dio, di amare la Madonna, se con il pecca­to si dimostrano “odiatori di Dio” (Rm 1, 30) e “trapassano l’anima” della Madonna (Le 2, 35)?

II peccato veniale – Non bisogna farsi ingannare. Anche il peccato veniale offende Dio e rovina l’uomo, sebbene non provochi gli effetti disastrosi del peccato mortale.

S. Tommaso d’Aquino ci ammonisce: “Biso­gnerebbe piuttosto morire anziché commettere un solo peccato veniale”; e Santa Gemma Galgani esclamava: “Mille volte la morte, piuttosto che com­mettere un peccato veniale”.

I Santi avvertono la bruttezza del peccato ve­niale secondo la misura del loro amore ardente a Dio. Per questo, diceva S. Giovanni Crisostomo, sono pronti a temere più un’offesa leggera a Dio, che l’inferno stesso. Difatti, S. Caterina da Siena diceva di sé: “Vorrei essere piuttosto nell’inferno senza peccato, che trovarmi in cielo macchiata di còsa lievissima che dispiaccia al Signore… “.

Come faremo noi che ci macchiamo forse ogni giorno di colpe veniali, con tanta superficialità? Sappiamo stare attenti a evitare ogni malanno fisi­co (anche un raffreddore), e intanto non ci curia­mo dei malanni spirituali (impazienze, bugie, negli­genze) che offendono Dio e deturpano l’anima.Un giorno S. Francesca di Chantal volle met­tere con le sue mani il cadavere di un lebbroso nella bara. Qualcuno tentò di impedirglielo, per timore del contagio della lebbra. Ma la Santa disse condecisione:   “Non Jemo altra lebbra che il pecca­to! “. Impariamo.

La piccola Giacinta – La più piccola dei tre pastorelli di Fatima, Giacinta, fu la più ardente vittima per i peccatori. Era diventata per lei una passione: salvare i pecca­tori dall’inferno, offrendo sacrifici di ogni specie. E andava alla ricerca di ogni sacrificio con industria sempre nuova

.

Incontrava i poverelli per la strada e dava a loro la sua colazione, restandosene digiunammo a sera; aveva una sete ardente nel mese di agosto, e rinunciava a bere ad ogni costo; il. fratello France­sco raccoglieva ghiande più dolci da un albero, ed ella gli raccomandava di darle le ghiande più amare, per offrire un sacrificio; aveva un bruttò mal di testa, e il gracidare delle rane le dava un forte fasti­dio, ma ella impedì al fratello di disperdere quelle rane, per offrire un altro sacrificio in più.Dobbiamo imparare da questa fanciulla ad a-scoltare le richieste della Madonna sulla necessità di salvare i peccatori dall’inferno, collaborando alla loro conversione con la preghiera e la penitenza.

Fioretti

Baciare spesso a terra per la conversione dei peccatori. Ripetere con frequenza la massima di S. Domenico Sa­vio: “La Morte, ma non peccati”. Ogni sera dire l’atto di dolore per il perdono dei peccati.

Padre Stefano Manelli


     

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