Medjugorje – Possibilità teologica e significato di questi fenomeni straordinari
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1. Fenomeni straordinari in un tempo straordinario
Nel 1973, i teologi hanno avuto un dibattito animato sul significato della resurrezione di Gesù e sul senso dei passaggi delle apparizioni del Resuscitato come sono presentati nel Nuovo Testamento. E’ stato R. Pesch, un teologo cattolico liberale, che ha provocato questa discussione affermando che i passaggi sulla resurrezione sono solo “una espressione del riconoscere, da parte dei credenti, il significato escatologico di Gesù, della sua missione e della sua autorità, della sua legittimazione di fronte alla sua morte.”
I brani sulla resurrezione sarebbero solo una “leggittimazione” di Gesù. Il suo collega, un teologo protestante moderato, M. Hengel, nella sua risposta si dispiace in modo speciale, che ai nostri tempi le visioni siano considerate come allucinazioni e aggiunge: ” Siccome la ricca tradizione della Chiesa languisce, almeno nei nostri paesi, questi fenomeni sono diventati competenza degli psichiatri e degli specialisti della droga invece che dei teologi. Una visione è considerata un fenomeno patologico.” (ThQ 3/1973, p. 255) Come se fosse una parola profetica per quello che succederà durante le apparizioni di Medjugorje, otto anni più tardi!
La Bibbia, tuttavia, parla così spesso di apparizioni e visioni legate alla rivelazione di Dio agli uomini, che possiamo considerarle uno dei suoi soggetti principali. Perché allora nella Chiesa questi fenomeni incontrano regolarmente molta prudenza e scetticismo da parte della gerarchia ecclesiale e una mancanza d’interesse da parte dei teologi? Si può dire che sono accolti con fervore solo dai fedeli anche se a volte troppo presto e con una mancanza di spirito critico.
Nella grande produzione di letteratura teologica dei nostri tempi, è abbastanza difficile trovare un’opera salida consacrata a questi fenomeni. Se prendiamo l’antica definizione della teologia, considerata come la serva della fede, vediamo che il suo primo dovere è di “penetrare la Rivelazione con la luce della ragione” (1) e di “sforzarsi per una spiegazione viva della fede” (2) nella vita concreta della Chiesa. Perché allora i teologi evitano questi fenomeni che sono evidentemente orientati verso la vita della Chiesa?
Proprio questi fenomeni dovrebbero essere una vera sfida alla teologia contemporanea che si occupa con molto successo delle questioni e dei problemi particolari; purtanto sembra che le manchi il senso dell’insieme e del mistero profondo che si nasconde al di là. Oppure siamo alla realizzazione della profezie del padre del positivismo, A. Compte, che 150 anni fa affermava che, osservando lo spostarsi dell’interesse dalla teologia del mistero della Trinità, passando per la Cristologia, verso l’Ecclesiastologia, prendendo questa via la Chesa stessa sarebbe dolcemente scivolata senza accorgersi verso il positivismo. “Essa non si occuperà più di Dio ma dell’uomo, non esplorerà più la verità inesplorabile ma i fenomeni positivi della propria comunità.” (3) Uno dei teologi più perspicaci e profondi del nostro tempo, Hans Urs von Balthasar, quasi indirettamente riconosce che siamo già a questo punto quando affferma che la Chiesa di oggi “ha in parte perso i suoi tratti mistici per diventare una Chiesa di discussioni, d’organizzazioni, di sessioni, di congressi, di sinodi, di commissioni, d’accademie, di parti, di funzioni, di strutture e di ristruturazioni, d’esperimenti e di statistiche.” (4)
E’ locico che tutto questo si rifletta anche sulla teologia. Coloro che hanno a che fare con la teologia sanno quanto sia invasa dall’antropologia, dalla sociologia e dalla psicologia. Queste scienze possono certamente arricchire la teologia ma non possono sostituirla se vuole essere una “scienza su Dio” e non quasi esclusivamente sull’uomo. Il centro gravitazionale della riflessione teologica è qualche volta così spostato da Dio verso l’uomo e dalle realtà dell’aldilà verso le realtà della terra, che non è difficile capire perché la spirito della nostra epoca e tutta l’atmosfera spirituale non siano favoravoli a una discussione sulle apparizioni e le visioni. (5)
Siccome questi fenomeni esigono una spiegazione, questa è data su un terreno che non è teologico. Normalmente ci piace dire che nel mondo d’oggi, che si trova di fronte a una mancanza di certezza e alla paura del futuro, le tendenze profetiche e apocalittiche sono presenti, trovando una espressione nelle psicosi di massa. Alcuni fenomeni straordinari sono identificati con stati patologici e la loro spiegazione è lasciata alla psicologia e alla parapsicologia.
Poiché si tratta di Maria e delle apparizioni di Maria, in generale si sottolinea la mediazione esclusiva di Gesù tra Dio e gli uomini e si deduce l’impossibilità delle apparizioni, che metterebbero in questione questa verità. In alcuni paesi questa è spesso un tattica ecumenica superficiale riguardante i protestanti infastiditi da una devozione mariana esagerata. Alcuni teologi hanno timore di essere dichiarati conservatori in un’epoca in cui la teologia, occupandosi dei problemi concreti della vita, è alla moda, cosa buona ma insufficiente.
Osservando da tempo e da vicino gli avvenimenti che accadono nella parrocchia di Medjugorje, cercando di valutarli teologicamente e seguendo la reazione di una parte del pubblico ecclesiale, non ci si può sottrarre all’impressione che alcune nozioni teologiche fondamentali non sono chiare, una delle ragioni principali della confusione e dello scompiglio. E’ il motivo per il quale bisogna cercare di definire il più chiaramente e il più precisamente possibile queste nozioni!
2. LA NOZIONE DELL’APPARIZIONE E DELLA VISIONE NELLA TEOLOGIA
Bosogna dire che la teologia, che ha il dovere di essere al servizio della fede e della vita della Chiesa, in questa nostra epoca non ha un compito facile. Le è chiesto di essere al servizio della pratica e questa pratica è sovente troppo complessa. Da un lato vi sono coloro per i quali la pratica è identica a un comportamento abituale e sperimentato che non sopporta le novità. Dall’altro lato, la pratica è un’esperienza religiosa legata alle apparizioni e condizionata da esse, o legata a diverse espressioni del movimento carismatico. Qui esiste il pericolo di dichiarare la teologia troppo arida e mancante di convinzione e di rifiutarla nel nome di un’esperienza.
E’ importante che la teologia non permetta di essere sacrificata alla pratica, né da un lato né dall’ltro e anch’essa non deve sacrificare la pratica. Dove manca l’esperienza dei fedeli, essa deve stimolarla; dove esiste, deve vegliare che questa esperienza non si sviluppi in un senso indesiderato, “perché niente di quello che è giusto in queste nuove esperienze si perda o si soffochi, ma anche che niente di ciò che potrebbe essere incompatibile con il mistero cristiano s’imponga segretamente. Si sa che, in momenti di crisi nel mondo e nella Chiesa, lo spirito religioso tende fortemente verso un’esperienza tangibile e sensibile dell’aldilà, come consolazione per il presente e promessa per il futuro. La teologia deve qui distinguere l’esaltato e il malato dal buono e dal sano, cioé quello che è compatibile con la tradizione della fede e con le vie tradizionali della salvezza
Qual’è, in effetti, il significato teologico dell’apparizione e della visione? Esse sono “delle esperienze spirituali che in un modo naturale rendono accessibile ai sensi corporali le realtà invisibili quali Dio, gli angeli, i santi ed anche delle cose create. Il tutto con lo scopo soprannaturale della salvezza dell’uomo. Possono essere degli avvenimenti lantani nel tempo, come degli eventi passati o futuri.” (7) La sana tradizione cristiana non ha mai dubitato della possibilità di questi fenomeni perché sapeva che avrebbe messo in dubbio la sua immagine di Dio, che non è libero solo all’inizio della creazione del mondo ma che conserva questa libertà nei confronti della sua creazione.
Essendosi la rivelazione conclusa con il Nuovo Testamento, Dio , che ha una relazione d’amicizia con il mondo e l’uomo, conserva la libertà di agire nella storia umana ma sempre secondo il significato fondamentale del Nuovo Testamento, cioè la sua dimensione escatologica. Dio rispetta sempre il fatto che con Gesù, il Cristo,gli ultimi tempi, quelli escatologigi, sono iniziati e sono caratterizzati dall’evento della salvezza che è iniziata con Lui.
Nel tempo che va dalla Ressurrezione al ritorno di Cristo, Dio non può elargire la Rivelazione nel senso di una nuova alleanza, come è stato nell’Antico Testamento. Può solo portare a termine quest’ultimo intervento alla fine dei tempi e con esso guidare verso la pienezza la salvezza del mondo, salvezza che è già iniziata. Nel frattempo, cioé nel momento presente della storia, può influenzare in diversi modi la realizzazione di questa salvezza. Uno di questi modi, è comunicarsi con immagini e parole. Chi vuole negare questa realtà, metterebbe in questione la libertà di Dio e il carattere del cristianesimo, religione rivelata. Ecco perché l’essenza delle apparizioni e delle rivelazioni private del dopo-Cristo deve essere conforme a questa realtà escatologica della Salvezza. (8)
La Chiesa è sempre stata prudente nei confronti di questi fenomeni, tenendosi alla esortazione neotestamentaria sul discernimento degli spiriti ( 1 Cor 12,10; 1 Gv 4,1; 1 P 5,8) . E’ stato già detto nella definizione, che tutti i fenomeni, nella loro intenzione, sono legato alla salvezza del mondo. Il primo criterio di discernimento vi è implicitamente contenuto. Sono conformi con le vie regolari della salvezza o no, rimandano a esse o allontanano da esse?
Non è difficile costatare se questi fenomeni deviano da una sana devozione per Gesù, mettendo Maria al centro della devozione stessa in modo che sia in concorrenza con Lui, e se conducono i fedeli verso un’ascolto sincero della Parola di Dio e verso la vita sacramentale. E’ risaputo che prima del Concilio esistevano delle esagerazioni nella Mariologia e nella devozione mariale. (9) Il criterio seguente riguarda i veggenti e la loro eperienza della visione. Dobbiamo ricordare che alcune epoche favoriscono questi fenomeni, ad esempio i tempi di angoscia mondiale e di crisi religiosa.
E’ dunque un dovere della teologia vegliare su questi fenomeni per seguirli e vedere se sono “un eco del vuoto nel quale l’uomo ascolta se stesso o invece una risposta nella quale si sente Dio.” (10) Bisogna anche distinguere le vere visioni dalla conoscenza intuitiva o dall’illuminazione intellettuale che possono essere raggiunte con la preghiera o la meditazione. Bisogna dire che una distanza prudente non è una negligenza nei confronti di questi fenomeni ma al contrario il miglior servizio che può essere reso.
3. VISIONI MISTICHE E VISIONI PROFETICHE
Secondo il loro scopo, la teologia distingue le visioni mistiche e le visioni profetiche.Le prime riguardano solo la persona in questione e la sua crescita spirituale personale, come è stato per tanti mistici nella Chiesa, anche se non si esclude una certa dimensione pubblica di tale visioni, ad esempio una devozione postuma per gli stessi mistici qual’ora fossero dichiarati beati o santi. In questo senso possiamo considerare le visioni strettamente private, come un carisma in senso largo.
Le visioni profetiche, al contrario, fin dall’inizio hanno un carattere pubblico. Sono un dono o un carisma per una o più persone per il beneficio di tutta la Chiesa Il veggente è chiamato a rivolgersi al suo entourage o alla Chiesa intera con il messaggio ricevuto. Un esempio tipico del primo esempio di visione è Gemma Galgani e del secondo tipo M. M. Alacoque.
Per quanto riguarda l’esperienza del veggente, rispetto alla visione profetica, una visione mistica esercita sempre un’influenza più intensa e più forte sulla vita privata del veggente. Ed è comprensibile, perché le persone che beneficano di visioni mistiche in generale hanno già raggiunto un alto grado di santità, mentre coloro che hanno le visioni profetiche sono spesso dei semplici fedeli scelti “per caso”, sovente dei bambini ancora immaturi per delle esperienze mistiche più profonde. Ecco perché tali visioni non influenzano così nettamente il veggente che si sviluppa con più lentezza verso la maturità e la santità della sua vita personale.
Siccome si tratta prima di tutto di un carisma dato per gli altri, il veggente ha sempre bisogno di qualcuno che sia più iniziato di lui ai segreti della vita spirituale e che lo guidi in questo senso, altimenti rischia di vivere un divergenza tra il ruolo che gli è dato e la santità della sua vita personale. Per il fatto che i veggenti sono sovente dei bambini, le loro visioni, anche se hanno carattere corporale e obbiettivo (in genere si dice tridimensionale) mentre le visioni mistiche sono generalmente immaginarie ( stati ineriori dell’anima), restano più superficiali e non causano mai un cambiamento rapido e improvviso del veggente. Il significato di queste visioni è nel cambiamento lento dei fedeli, ai quali il messaggio è rivolto. E’ evidente che non si otterrà mai questo effetto se anche i portatori dei messaggi non cambiano in meglio. Non possono se non sono aiutati
4. FENOMENI NATURALI, PARAPSICOLOGOCI E NATURALI
Partendo dal semplice fatto che le nostre frontiere umane tra la sfera del naturale, del parapsicologico e del soprannaturale non rappresentano nessun ostacolo per Dio e che Dio agisce in ogni buona opera che l’uomo fa, K. Rahner fa notare che la frase “questa visione viene da Dio” è in se stessa abbastanza vaga e dai molti significati. Siccome l’uomo, dal punto di vista della sua salvezza può trovare la grazia di Dio e uno stimolo personale anche in un avvenimento naturale, si potrebbe accettare come fatto da Dio “e persino una grazia” una visione che si lascia spiegare naturalmente. Naturalmente se è nei limiti della fede e della morale cristiana, se non nuoce alla salute spirituale del veggente anzi, al contrario, se lo eleva moralmente e spiritualmente, pur se questa visione ha il suo diretto e naturale fondamento in dei meccanismi psichici…(22)
Dal punto di vista teologico, non esiste nessun ostacolo per Dio nel servirsi di possibilità interamente naturali dell’uomo per realizzare i suoi scopi in vista della salvezza. E’ difficile ed anche impossibile rispondere a questa domanda, cioé perché Dio dovrebbe sempre utilizzare dei mezzi straordinari per quello che può ottenere attraverso le capacità e le possibilità umane ordinarie.
Il filosofo tedesco Robert Spaemann critica l’approccio delle scienze moderne sperimentali della realtà spirituale per la “omogeneizzazione delle esperienze”, cioé a causa del tentativo d’inserire tutte l’esperienze in un quadro sperimentale prefabbricato. Altri parlano di reduzionismo, riferendosi allo stesso fenomeno, specialmente nel campo della psicologia moderna. Utilizzano il termine “psicologismo” con il quale “lo spirituale è ridotto a psicologico e dopo ad un meccanismo di un “apparecchio psichico” per poi essere accolto come reale…” Solo superando il psicologismo si rende possibile l’osservazione e la valutazione libera dello spirituale e sopratutto del relligioso nell’uomo. (22a)
In seguito alla tendenza di considerare tutti i fenomeni parapsicologici come negativi, K. Rahner si chiede perchè non si potrebbero orientare le capacità parapsicologiche di una persona religiosa, ad esempio la telepatia, la veggenza, la psicometria, come tutte le altre capacità “normali” verso oggetti di natura religiosa per farli diventare una motivazione per gli atti religiosi. E perché questi atti non dovrebbero essere valutati come “fatti da Dio” e “una grazia”? (23)
Sono primizie importanti per una giusta valutazione di un visione in senso proprio, cioé una visione che ha la sua origine in un intervento speciale di Dio. Tale visione, che è regolarmente accompagnata da un segno particolare riconoscibile da tutti, non è la sola autentica. S’impone ora una domanda: “Perchè non si può pensare al riconoscimento ecclesiale di una visione che resta limitata alla constatazione che, per il suo contenuto e la sua influenza sul veggente e sugli altri, essa è solo positiva e, in questo senso, “che viene da Dio”, oppure che essa é solo un eco legittimo di una veritabile esperienza mistica corrispondente alle norme della fede e della ragione – senza che in entrambi i casi – la Chiesa necessariamente presuma un intervento miracoloso da parte di Dio?” (24)
Di conseguenza, se una visione non è accompagnata da un segno miracoloso che con evidenza vada al di là delle leggi naturali e del corso ordinario degli avvenimenti e se tutto può essere spiegato come un fenomeno naturale o parapsicologico, non ci sono ancora delle ragioni teologiche per negare a una tale visione tutta la possibilità che venga da Dio.
E’ un grande errore caratterizzare troppo velocemente un insieme, senza discernimento, come possibile o impossibile, fatto da Dio o inganno del diavolo o illusione umana. Ecco perché numerosi teologi, Rahner per primo, domandano una certa “clemenza” nei confronti delle esperienze dei veggenti, considerando che si possono accogliere come “venenti da Dio” anche se non si accettano tutti i dettagli. Bisogna anche cosiderare il fatto che, anche se l’autenticità di una visione è già riconosciuta dalla Chiesa ( secondo i criteri esteriori dei quali si parlerà), questo non autentica e non impone ogni detteglio del contenuto. Si conoscono dei casi in cui si sono provati degli errori individuali evidenti in visioni e in profezie di santi. Johannes Torello cita tre tipi di questi fenomeni con le cause:
1. La possibilità che un rivelazione vera sia mal compresa per mancanza di chiarezza. Giovanna d’Arco nella sua prigione ha sentito una voce che le diceva che “il Salvatore” l’avrebbe “aiutata” e che avrebbe “ottenuto la libertà attraverso grandi vittorie”. Lei ha interpretato come la sua liberazione dalla prigione, cosa che non si è verificata.
2. Può succedere che una condizione importante sfugga a chi percepisce la rivelazione e che il messaggio sia compreso in senso assoluto. San Vincenzo Ferrer, ispirato da una delle sue rivelazioni, annunciò la fine del mondo negli ultimi 21 anni della sua vita, confermandola anche con dei miracoli.
3. Le visioni degli avvenimenti storici non devono essere paragonata con il corso della storia nei minimi dettagli, poiché queste rivelazioni mirano solo a ciò che è globale ed essenziale. I mistici sono in disaccordo sul numero dei chiodi con i qualli Gesù è stato crocifisso anche se tutti affermano di averlo visto (Sta Gertrude, Sta Brigida, Sta Caterina da Siena). (24)
Anche una visione autentica può comportare degli errori circa l’immagine e il messaggio trasmesso da una persona. E’ possibile che inconsciamente e involontariamente i veggenti aggiungano le loro proprie opinioni, desideri, suggestioni degli altri, speranze e timori del loro ambiente. Tutto può essere condizionato dalle circostanze del loro ambiente, della loro epoca, dallle loro conoscenze teologiche come anche dal loro temperamento che opera un’influenza particolare sulla trasmissione del messaggio ricevuto…(25)
K. Rahner fa notare che a Fatima il piccolo Francesco non ha sempre sentito tutto quello che la Vergine diceva ai veggenti, a volte ha solo visto le loro labbra che si muovevano, cosa che Rahner non considera come un argomento contrario ma come un buon segno a favore dell’autenticità dei piccoli veggenti. (25)
Forse non è inutile stabilire un parallelo con i passaggi del Nuovo Testamento sull apparizioni del Resuscitato . Marco descrive che alle donne è apparso “un giovane uomo con un vestito bianco” (Mc16,5); Matteo parla “dell’angelo del Signore” (Mt 28,2) e Luca di “due uomini vestiti di bianco splendente” (Lc 24, 4). E’ Giovanni che si avvicina di più menzionando “due angeli con dei vestiti bianchi” (Gv 20,12) L’esegesi vi ha scoperto diverse intenzioni teologiche degli evangelisti e delle tradizioni differenti dalle quali essi attingevano, ma noi domandiamo se ciò basta e se tutto è detto. Perché i testimoni del Resuscitato non lo riconoscono subito, perché appare “sotto altre spoglie” (Mc 16,12), una volta come un compagno di cammino, “i loro occhi non potevano riconoscerlo” (Lc 24,16), un’altra volta come “spirito” (Lc 24,37), o come “giardiniere” (Gv 20,15)? In generale i discepoli vedono Gesù ma non lo riconoscono fino a quando non parla (Gv 21,4) e quando lo riconoscono, Lui sparisce ai loro occhi. Il Resuscitato si lascia sperimentare, ma è evidente che in nessun luogo si manifesta interamente all’uomo.
Tutto ciò ci dice che le apparizioni e le visioni in se stesse sono dei fenomeni molto complessi e difficilmente descrivibili, che non è facile tracciare un limite chiaro tra l’avvenimento obbiettivo e l’esperienza soggettiva del veggente. Dio rimane inesprimibile – inefabilis – anche quando si rivela agli uomini nel modo più evidente. Ecco perché, quando una rivelazione è in questione, esistono sempre molte domande e mancanze d’evidenza.
Non può essere altrimenti, perché il ruolo della fede non può essere sostituito da nessuna conoscenza intellettuale. La fede ha avuto un riolo decisivo nei miracoli che Gesù ha fatto, nel riconoscere il Resuscitato come nell’annuncio del messaggio della Resurrezione. Questo è anche il suo ruolo nelle visioni e nelle apparizioni che sono seguite. Naturalmente bisogna evitare l’eccesso e non comprendere questo ruolo della fede con il senso che è stato dato al Cristianesimo: “Il miracolo è il figlio preferito della fede!” Non una fede che inventa il miracolo ma una fede che è disponibilità incondizionata a riconoscere ed accagliere l’intervento soprannaturale di Dio. La fede deve evidentemente essere accompagnata da certi segni obbiettivi che il fenomeno offre e che fanno parte dei criteri di discernimento. (27)
5. I CRITERI DELLA CHIESA
Qui, non vi sono altri criteri per il discernimento degli spiriti, che quelli già menzionati.
L’evangelista Giovanni scrive: “Miei cari, se uno dice di avere lo spirito, non credetegli subito: prima, esaminatelo bene, per vedere se davvero ha lo spirito che viene da Dio. Perché molti predicatori bugiardi sono andati a predicare nel mondo. La prova che uno ha lo spirito di Dio è questa: se riconosce pubblicamente che Gesù è il Cristo che si è fatto uomo, ha lo spirito di Dio. Se non lo riconosce non ha lo spirito che viene da Dio.”(Gv 4,1-3; cf. 5,1-4). E’ vero che questo testo rivela la specificità della comunità di Giovanni dove l’eresia della Gnosi negava l’incarnazione di Gesù.
Tuttavia può servire da criterio generale, nel senso che esprime il significato primo di Gesù Cristo, per la salvezza dell’uomo. Quando Paolo si rivolge ai Corinti, è sempre per il posto e il ruolo di Gesù Cristo nella vita dei fedeli ma attraverso un altra angolatura. “I Corinti non hanno difficoltà con delle false dottrine ma con delle macchinazioni demoniache dei pagani” (32) che si manifestano nella vita morale di alcuni membri della comunità. In entrambi i casi, queste mozioni non possoni venire dallo Spirito di Dio ma solamente dal Maligno.
L’apostolo parla ancora del discernimento dei doni, da un punto di vista ancora diverso, cioé della loro utilità per la formazione della comunità (1 Tess 5,19-21: cf. 1 Cor 14). Più i doni contribuiscono alla costruzione a alla conferma della Chiesa, più è sicuro che sono il frutto dello Spirito Santo mentre se distruggono la comunione, non possono che venire dal Maligno. Evidentemente è solo questione di una vera comunione nella fede e nella carità e non di una qualsiasi ideologia. Ecco perché Paolo può dire: “Infatti le divisioni sono necessarie perché si possano riconoscere quelli che sanno superare le prove.” (1 Cor 11.19) E’ solo una spiegaziione della parola di Gesù: “Pensate che sia venuto per portare la pace sulla terra? No, io ve lo dico, la divisione”.
(Lc 12-51) Quello che è in gioco è una determinazione totale in favore di Gesù che è sempre rifiutato da alcuni. E’ tutto quello che il Nuovo Testamento dice su questa questione delicata, con un invito generale alla vigilanza e alla sobrietà (1 P 5.8). Pur non parlandone troppo, il Nuovo Testamento contiene come un filo conduttore che attraversa tutti gli scritti e che esprime le condizioni necessarie perché Dio possa agire: si tratta dello zelo e dell’apertura ad accogliere lo Spirito Santo, come li vediamo in Maria. Questa apertura è fondata sullo zelo e sulla disponibilità verso tutto quello che vorrà dare all’uomo e che vorrà domandargli. (33)
Qui come altrove, un altro criterio di discernimento è la dimensione cristologica della salvezza, come abbiamo sottolineato molte volte. Il punto fondamentale è se l’apparizione avvicina a Cristo o se allontana da Lui. Se Cristo è messo da parte per uno sviluppo, anche ampio, di un’altra forma di devozione, il fenomeno dovrebbe essere avvicinato con diffidenza. In altri termini, se il messaggio si avvicina a quello di Gesù offertoci dal Nuovo Testamento, il cui cuore è un appello alla conversione, maggiore è la possibilità dell’autenticità di questo messaggio. E’ stato già detto che una rivelazione derivante da una apparizione privata, può solo portare verso ciò che è già contenuto nella Rivelazione. Per questo motivo è logico che una certa avarizia a livello del contenuto e la brevità del messaggio devono essere prese come un buon segno, soprattutto se un tale messaggio trova un eco nel popolo di Dio e porta dei frutti di conversione.
6. IL SIGNIFICATO TEOLOGICO DELLE APPARIZIONI MARIANE
Tutto quello che è stato detto in generale sulle apparizioni, riguarda anche in modo speciale le apparizioni mariane che sono le più frequenti. Parlando della devozione mariane d’oggi, il Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato che essa deve “mostrare con chiarezza il posto di Maria nella Chiesa” (34). Lei è tutta per Cristo e per la Chiesa, ecco perché non esiste una sana devozione a Maria che non conduca a Cristo e alla costruzione della Chiesa.
Come situare in questo contesto e come valutare le apparizioni mariane che sono sempre più fraquenti da due secoli a questa parte? Qusrto fenomeno può solo essere osservato alla luce del ruolo e del posto unico di Maria nella Chiesa, come abbiamo già menzionato. Lei non può essere osservata separatamente. Lei è completamente immersa nel piano di Salvezza e si tiene in relazione intima con le realtà centrali della salvezza: il Cristo in qualità di Salvatore e la Chiesa come comunità di salvati.
La santità personale di Maria e il suo servizio al piano di salvezza non sono due realtà avvicinate da un gioco di circostanze ma rappresentano un tutto inseparabile. K. Rahner lo spega come un’unità tra la santità personale e l’apostolato che necessariamente ne deriva, dove Maria è “in un modo straordinario una rappresentazione ufficiale della Chiesa”. Questo legame con la Chiesa non cessa con la fine della vita terrestre e in effetti la sua sollecitudine per la Chiesa di suo Figlio è molto più forte là dove Lei è, col suo corpo glorioso, come solo membro della Chiesa, mentre gli altri sono ancora in cammino perché hanno bisogni d’aiuto. T. sagi-Bunic dice che “nel testo conciliare, l’assunzione di Maria nella gloria celeste non è inteso come una partenza e una separazione ma come un’accoglienza delle molteplici posssibilità de continuare in modo ancora più elevato il suo ruolo attivo nella storia della salvezza, in unione con il Signorie Gesù Cristo”. (37)
Tra queste “molteplici possibilità” vi sono certamente anche le apparizioni mariane che sembrano avere un posto privilegiato. Al di là dei messaggi, in quanto tali, hanno un significato teologico. La loro stessa esistenza è il primo messaggio perchè rivelano il mistero della sua vita e mostrano il suo ruolo nella storia della salvezza. Non esistono per Maria ma per la Chiesa. Rivelandoci la sua gloria, Maria ci rivela le possibilità che ci sono offerte attraverso suo Figlio. (38)
L. Scheffczyk dice: ” Un’apparizione di Maria rivela in modo reale e personale tutto il mistero di Maria al veggente e tramite esso, ai fedeli. (39)
Non è dunque esagerato dire che un’apparrizione di Maria in se stessa, è il più grande messggio per la Chiesa, un incoraggiamento sul suo cammino verso l’eternità ma anche un obbligo. Poiché il tempo della Chiesa è un tempo escatologico e siccome Maria è la sola a non conoscere questa tensione escatologica tra la salvezza data e la salvezza ancora da raggiungere, la sua azione deve essere sempre considerata sotto questa luce. “Lei avrà sempre un carattere retrospettivo che mira al mistero di Cristo ma anche sarà sempre rivolta la futuro e verso il compimento …. Ecco perché le sue apparizioni hanno una dimensione escatologica particolare e una tensione verso la fine definitiva dei tempi” (40). Questo non deve essere capito nel senso di una fine vicina e che può essere calcolata con precisione.
Come colei che una volta per tutte ha legato il suo destino a quello di suo Figlio e attraverso di Lui a quello della comunità dei salvati, Maria non può restare da parte mentre la Chiesa con tutta la creazione ” geme per il parto” (Rom 8,22). Con il suo fervore e il suo amore materno, trasmette la luce alla Chiesa che attraversa le prove di questo mondo. Questa luce viene dalla luce di Cristo. Come persona umana, Maria può solo dare quello che lei stessa ha ricevuto.
Ecco la ragione per la quale le sue apparizioni sono solo degli stimoli dinamici per il cuore e la volontà dei fedeli, per incarnare la verità della Rivelazione già conosciuta, in un modo nuovo in un tempo preciso. (40) Ecco perché le sue apparizioni hanno sempre avuto una risonanza maggiore nei cuori dei fedeli, piuttosto che nelle riflessioni dei teologi. Alla luce della logica e della dinamica della salvezza nella Chiesa, è comprensibile che Maria sia il membro della Chiesa che più attrae, quello che è, attraverso la pienezza della sua santità, sia archetipo che madre e ideale definitivo verso il quale la Chiesa è in cammino.
Senza considerare la confusione iniziale e le incomprensioni, tutte le apparizioni mariane hanno avuto una forte influenza sulla vita della Chiesa, cominciando con la creazione di nuove forme di devozione e passando dal rinnovamento della vita sacramentale, fino all’approfondimento dell’immagine della Chiesa e dell’amore verso di essa. In realtà, la venerazione a Maria non è altro che “una forma di venerazione al mistero della Chiesa che vede in Maria il suo archetipo e la sua perfezione già realizzata.” (42) Essenzialmente “la Chiesa è solo una copia di Maria… un’impronta vivente della figura di Maria nella comunità cristiana.” (43) Ecco perché le apparizioni mariane non possono essere dei fenomeni marginali per la Chiesa ma una sua espressione alle quali, dunque, deve essere attenta e aperta
fra Ivan Dugandžić, OFM, 1995
fra Ivan Dugandzic – sacerdote francescano, appartiene alla provincia francescana dell’Erzegovina. Nato nel 1943 a Krehin Grac, comune di Citluk, in Erzegovina. Dopo la maturità conseguita a Dubrovnik nel 1962, entra nell’ordine francescano. Segue gli studi teologici a Sarajevo e Köningstein (Germania). Viene ordinato sacerdote nel 1969. Prosegue gli studi dopo il diploma conseguendo il dottorato in Scienze Bibliche a Würzburg (Germania). Dal’1990 vive e lavora a Zagabria. Insegna Esegesi del Nuovo Testamento e Teologia Biblica presso la facoltà di teologia cattolica ed i suoi istituti. Pubblica lavori su riviste teologiche specializzate. Tratta temi bibilici vari in modo attuale su giornali religiosi. Ha vissuto e lavorato a Medjugorje in due periodi: dal 1970 al 1972 e dal 1985 al 1988.
fra Ivan Dugandzic
medjugorje.hr
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