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Medicina e prevenzione – Il diabete mellito

1 Giugno 2010 | Filed under: Medicina
     

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Il diabete mellito è una malattia conosciuta fin dai tempi antichi tanto che una sua prima descrizione fu data nel primo secolo d.C. dal medico Areteo di Cappadocia :“La vita di questi pazienti è breve, spiacevole e dolorosa; la sete è implacabile ed essi assumono quantità eccessive di liquidi che aumentano ancor più la quantità di urine che viene emessa. E’ impossibile farli smettere di bere o di urinare”. In effetti, il termine diabete mellito deriva dal termine greco δια βα
ινω (diabaino, che significa letteralmente “passare attraverso”) e dal termine latino mellitus (che significa letteralmente “dolce come il miele”). Queste due parole descrivono molto bene le caratteristiche che contraddistinguono la malattia: la presenza di polidipsia (il paziente beve molto) e di poliuria (il paziente urina molto) e la comparsa di zucchero nelle urine. Altro segno clinico molto importante è anche la polifagia (il paziente mangia molto). Attualmente il diabete mellito può essere definito come una malattia metabolica multifattoriale, cioè causata sia da fattori genetici che ambientali (obesità, ipertensione, fumo, stile di vita etc), caratterizzata da iperglicemia conseguente a disordini della secrezione o della sensibilità insulinica o di entrambe. Esistono diverse forme di diabete mellito e le più frequenti sono definite come diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2. Nel primo caso si riscontra una completa assenza di produzione di insulina da parte del pancreas in seguito ad un processo autoimmune. Quest’ ultimo porta alla distruzione delle cellule beta del pancreas le quali non possono di conseguenza più secernere insulina ed abbassare i livelli ematici di glucosio. In questo caso, l’ insulina deve perciò essere somministrata artificialmente. Il diabete di tipo 2 è la forma più frequente di diabete mellito ed è caratterizzato dal fenomeno dell’ “insulino-resistenza”, in cui il pancreas secerne insulina, ma i tessuti bersaglio non rispondono all’ azione insulinica. Il motivo di ciò risiede nel fatto che l’ insulina per funzionare, necessita di una proteina, chiamata recettore dell’ insulina, posta, sulla superficie delle cellule epatiche, muscolari o adipose. Nel fenomeno dell’ insulino-resistenza, il recettore dell’ insulina non si trova sulla superficie cellulare, bensì all’ interno della cellula, di conseguenza l’ insulina non può trasmettere il suo segnale. Occorre rilevare, però, che all’ inizio l’ organismo cerca di compensare il mancato funzionamento dell’ insulina, producendone di più, tuttavia con il tempo anche il pancreas “si stanca” di produrre insulina, per cui accanto all’ insulino-resistenza si ha in seguito anche un deficit di insulina.L’ approccio terapeutico del diabete deve basarsi sull’ adozione di corrette misure dietetiche e sull’ acquisizione di adeguati stili di vita. Qualora questo approccio non sia sufficiente, bisogna considerare l’ impiego di farmaci che correggano il quadro fisiopatologico prevalente: la resistenza periferica all’ azione dell’ insulina e/o la ridotta capacità delle cellule beta di secernere insulina. La terapia dietetica deve mirare a ridurre (ma assolutamente non ad eliminare), in caso di obesità, l’ apporto carboidratico e lipidico del paziente. Di conseguenza è consigliato l’ uso di alimenti ricchi di fibre (frutta, vegetali, legumi) e/o alimenti a basso indice glicemico (pasta, legumi, riso), evitando formaggi grassi e dolci ipercalorici. L’ attività fisica va sempre incoraggiata in quanto ha molteplici effetti positivi sia a livello metabolico che psicologico.Per quanto riguarda la terapia farmacologica, esistono diverse categorie di farmaci che possono essere utilizzati a seconda dello stato del paziente, tenendo sempre presente il suo quadro fisiopatologico e metabolico prevalente, l’ età, le abitudini, e soprattutto le patologie concomitanti.

  • Le sulfaniluree sono i farmaci utilizzati principalmente nei soggetti normopesi o magri. Essi inducono un aumento della secrezione insulinica.
  • La metformina aumenta l’ azione dell’ insulina sui tessuti bersaglio. In assenza di controindicazioni, può essere usata in ogni paziente con diabete di tipo 2 scarsamente controllato con la sola dieta. Infatti, dal momento che la metformina oltre a ridurre la glicemia, induce anche calo ponderale, dovrebbe essere considerato come farmaco di prima scelta nei pazienti diabetici. Tuttavia esistono alcuni effetti collaterali che la metformina induce quali anoressia, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea e soprattutto sono stati riportati casi di insufficienza renale in pazienti trattati con metformina.
  • I tiazolidinedioni sono una classe di farmaci che aumentano la captazione del glucosio da parte del muscolo favorendo l’azione insulinica. Essi possono funzionare sia come monoterapia che in associazione con la metformina, migliorando sensibilmente lo stato patologico del paziente. Tuttavia anche in questo caso occorre tenere presente alcuni effetti collaterali quali un aumento degli enzimi epatici (segno di sofferenza epatica), aumento di peso, anemia e soprattutto rischio di scompenso cardiaco in pazienti con malattie cardiovascolari.

La maggior parte delle linee guida internazionali prevede l’ associazione tra classi di farmaci (ad esempio: sulfaniluree + metformina, sulfaniluree + tiazolidinedioni, metformina + tiazolidinedioni) in associazione o meno con il trattamento insulinico, solo dopo che la monoterapia correttamente condotta si sia mostrata insufficiente a garantire il compenso metabolico.In conclusione occorre tenere presente che il diabete mellito è una malattia molto complessa che può essere curata, ma che assolutamente non deve essere trascurata. Per fortuna la ricerca scientifica, seppure con continue difficoltà e con molti tagli economici, sta dando i suoi frutti grazie anche al lavoro di molti studenti, neolaureati, dottorandi, ricercatori e professori che portano avanti questi studi semplicemente grazie all’ immensa passione per questo lavoro.

Dott. Francesco Oriente
Ricercatore in Patologia Clinica

Università di Napoli “Federico II”

foriente@unina.it


     

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