Maternità spirituale per i sacerdoti
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La vocazione ad essere madre spirituale per i sacerdoti
è troppo poco conosciuta, scarsamente compresa e
perciò poco vissuta, nonostante la sua vitale
e fondamentale importanza. Questa vocazione è spesso nascosta,
invisibile all’occhio umano, ma volta a trasmettere vita spirituale.
Di questo era convinto Papa Giovanni Paolo II:
perciò volle in Vaticano un monastero di clausura
dove si potesse pregare
per le sue intenzioni come sommo Pontefice.
UNA VITA MARIANA QUOTIDIANA
Non è un caso che il Santo Padre abbia scelto degli ordini femminili per questo compito. Nella storia della Chiesa, seguendo l’esempio della Madre di Dio, sono sempre state le donne ad accompagnare e a sostenere, con la preghiera e il sacrificio, il cammino degli apostoli e dei sacerdoti nella loro attività missionaria. Per questo gli ordini contemplativi considerano loro carisma “l’imitazione e la contemplazione di Maria”.
Madre M. Sofia Cicchetti, attuale priora del monastero, definisce la vita della sua comunità come una vita mariana quotidiana: “Niente è straordinario qui. La nostra vita contemplativa e claustrale si può comprendere solo alla luce della fede e dell’amore di Dio. In questa nostra società consumistica, edonista, sembrano quasi scomparsi sia il senso della bellezza e dello stupore dinanzi alle grandi opere che Dio compie nel mondo e nella vita d’ogni uomo e donna, sia l’adorazione verso il mistero della Sua amorosa presenza in mezzo a noi.
Nel contesto del mondo di oggi, la nostra vita separata dal mondo, ma non ad esso indifferente, potrebbe apparire assurda ed inutile. Tuttavia possiamo gioiosamente testimoniare che non è una perdita dare il tempo per Dio solo. Ricorda a tutti profeticamente una verità fondamentale: l’umanità, per essere autenticamente e pienamente se stessa, deve ancorarsi a Dio e vivere nel tempo il respiro dell’amore di Dio. Vogliamo essere come tanti “Mosè” che, con le braccia alzate e il cuore dilatato da un amore universale ma concretissimo, intercedono per il bene e la salvezza del mondo, diventando, così “collaboratrici nel mistero della Redenzione” (cfr Verbi Sponsa,3).
Il nostro compito non si fonda tanto sul “fare” quanto sull’ “essere” nuova umanità. Alla luce di tutto questo possiamo ben dire che la nostra vita è vita piena di senso, non è affatto spreco o sciupio di essa, né chiusura o fuga dal mondo, ma gioiosa donazione a Dio-Amore e a tutti i fratelli senza esclusione, e qui nel “Mater Ecclesiae” in modo particolare per il papa e i suoi collaboratori”.
Suor Chiara-Cristiana, madre superiora delle Clarisse della prima comunità nel centro del Vaticano, ha raccontato: “Quando sono arrivata qui ho trovato la vocazione nella mia vocazione: dare la vita per il Santo Padre come Clarissa. Così è stato per tutte le altre consorelle”.
Madre M. Sofia conferma: “Noi come Benedettine siamo profondamente legate alla Chiesa universale e perciò sentiamo un grande amore verso il papa dovunque siamo. Certamente l’essere chiamate così vicino a lui – anche fisicamente – in questo monastero “originale” ha ancora più approfondito l’amore verso di lui. Cerchiamo di trasmetterlo anche nei nostri monasteri d’origine.
Noi sappiamo che siamo chiamate ad essere madri spirituali nella nostra vita nascosta e nel silenzio. Tra i nostri figli spirituali hanno un posto privilegiato i sacerdoti e i seminaristi e quanti si rivolgono a noi chiedendo sostegno per la loro vita e il loro ministero sacerdotale, nelle prove o disperazioni del cammino. La nostra vita vuole essere “testimonianza della fecondità apostolica della vita contemplativa, ad imitazione di Maria Santissima, che nel mistero della Chiesa si presenta in modo eminente e singolare come vergine e madre” (cfr LG 63).
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