Marta (Marthe) Robin – Un’anima Eucaristica – I parte
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Marthe Robin, sesta figlia di modesti contadini di Chateauneuf-de-Galaure, all’età di 16 anni fu colta da un male misterioso che in poco tempo la riduce alla paralisi, fino alla morte. Totalmente paralizzata, al buio in quanto ipersensibile alla luce, senza poter dormire, mangiare, bere, suo unico cibo sarà l’ostia consacrata. Alla fine del settembre 1930 Marthe vede il Cristo che le chiede: “Vuoi essere come me?”. Marthe risponde con l’accettazione. Riceverà le stigmate e, da quel momento, ogni venerdì rivivrà la Passione di Cristo. Accetta di entrare nell’agonia di Cristo dal giovedì alla domenica, fino al dono delle stimmate. Soffre anche vessazioni diaboliche. Il mercoledì sera Marta riceveva l’Eucaristia andando in estasi. La piccola Marthe, pur al centro di fatti straordinari, volle essere sempre e soltanto una umile figlia della Chiesa. Soleva, infatti, dire: “Non parlate di me, il mio compito é quello di pregare ed offrire”. E’ stata la fondatrice dei Foyers de Charité (Focolari della Carità). Nel 1989 è stato introdotto il processo per la sua beatificazione. (Santi e Beati).
Viaggio “immobile”
“Rivestendo l’Amore, sarai spogliato di te stesso, sarai privato di te interamente e trasformato in Colui che ti guida”. (Jacopone da Todi)
Marta Robin, ultima di sei figli, nacque il 13 marzo 1902 a Chateauneuf – de – Galaure della Francia sudorientale, nel quartiere chiamato “la Plaine”. I genitori erano piccoli proprietari agricoli, gente molto semplice, se’ria e laboriosa, ma che aveva poco tempo per la Messa.
Nel 1903 un’epidemia di febbre tifoidea colpì la famiglia. Marta aveva venti mesi quando fu contagiata e la malattia ebbe un’evoluzione tale da farla ritenere condannata; tuttavia riuscì a sopravvivere, ma rimase fragile, spesso malaticcia, mangiava poco e male. E’ probabile che si trovi qui la causa tragica dell’origine delle gravi turbe patologiche di cui soffrirà più tardi. Marta, come il fratello^e le sorelle,-seguì i corsi della scuola elementare.
Era obbediente e studiosa, se la cavava discretamente, ma sembrava che non fosse portata per gli studi; inoltre, essendo spesso assente per ragioni di salute, non riuscì ad ottenere il certificato di studio. Seguì il corso di catechismo; aveva un gusto precoce per la preghiera e fin da piccola, istintivamente, si rivolgeva a Dio come ad un padre e alla Madonna come ad una madre.
Della sua Prima Comunione, avvenuta nel 1912, disse: ” Credo che sia stata una presa di possesso da parte del Signore. Si è impadronito di me in quel momento”. Nel luglio 1918, a sedici anni, venne colta da una malattia misteriosa che in pochi anni la ridusse alla paralisi: perdita di conoscenza, cefalee intense, febbre, grande indebolimento e cadde in un coma che durò quattro giorni. Superò la crisi, ma il momento culminante della malattia fu l’estate dell’anno seguente: le gambe erano immobili e rigide, anche la mano destra sembrò paralizzarsi, dormiva poco o niente, non sopportava la luce. Si pensò soffrisse di encefalite letargica, epidemia che sconvolse l’Europa tra il 1915 e il 1930.
La. crisi durò ventisette mesi, con periodi di tregua. Fu il 20 maggio 1921 che si verificò la prima apparizione di Maria. Lo confidò a sua sorella Alice che, dormendo con lei,. fu svegliata da una luce improvvisa. Durante gli alti e bassi della malattia, ebbe sempre delle visioni della Vergine, di cui però non ha mai detto molto: erano esperienze personali da custodire nel cuore.
Marta non era più la stessa. Al di là delle diagnosi impotenti dei medici, si poteva dire che Gesù si era senato di questa malattia per riplasmarla ed educarla in profondità; il credente è d’accordo, l’agnostico resta..con i suoi interrogativi.
Persisteva lo sconvolgimento spirituale che l’aveva colpita. Sperando di guarire, concepi l’idea di entrare nel Carmelo a imitazione di Teresa Martin, la piccola carmelitana di Lisieux, che verrà canonizzata nel 1925 e della quale in quel periodo si parlava molto. Ma per entrare nel Carmelo, ci voleva una salute di ferro! Sono sue queste parole sorprendenti: “Allora mi diedi a Dio in modo assoluto, non diventando carmelitana, ma non scegliendo per niente”.
Peggiorava, ma alla fine del 1921, conservava ancora una certa capacità di movimento. Incurvata dai dolori, si occupava un po’ delle faccende domestiche e le era diventato facile ricamare, leggere e scrivere.
L’accettazione
Fu il piacere della lettura o lo Spirito, nella primavera del 1922, a spingere Marta ad andare a frugare in un vecchio baule? Vi trovò un libro di pietà, l’apri e lesse: “Perché cerchi il riposo, dal momento che sei nata per la lotta? Perché cerchi la felicità, dal momento che sei nata per la sofferenza?”. Chiuse gli occhi e sentì come una voce interiore: “Per te ci sarà la sofferenza”. Poi riaprì il libro e lesse ancora: “Bisogna dare tutto a Dio”. Non andò oltre, fu la sua illuminazione, anzi di più, fu la sua accettazione, il suo primo fiat. Marta allora aveva venti anni.
Nel 1925, aveva perduto la speranza di guarire, ma aveva anche superato la ribellione e l’immensa tristezza nata dalla malattia. Da allora la spiritualità di Marta sarà quella di trascendere la sofferenza: per lei non si tratterà più di scegliere fra la sofferenza e la gioia, ma di trovare la gioia nella sofferenza accettata ed offerta.
L’Abate Paure, nuovo curato di Chateauneuf, non riusciva a comprenderla e temeva di non essere in grado di guidare quest’anima “troppo soprannaturale”. In quel periodo, un episodio molto significativo contrassegnava senza rumore, ma-in modo decisivo, la sua svolta spirituale. Marta aveva posto in un pellegrinaggio a Lourdes la sua ultima speranza di guarire, la speranza anche del profondo conforto spirituale di cui aveva tanto bisogno, ma non esitò a cedere il suo posto ad un’altra parrocchiana molto ammalata. La lotta interiore di fronte alle esigenze di Dio, terminava con l’abbandono incondizionato di se stessa. E dopo questa rinuncia la Madonna la colmerà di grazie.
A ventitré anni non abbandonava più la sua grande poltrona rossa, non dormiva, o almeno non conosceva il grande sonno ristoratore, ma soltanto brevi assopimenti. Quello che colpiva di più era la sua umiltà: non parlava mai di se stessa. Riservata sulle sue sofferenze, si interessava a tutto ciò che accadeva nella fattoria e si apriva sempre più al mondo interiore; le si applicava a meraviglia la parola sacrificio, nel ..suo significato etimologico di rendere sacra ogni cosa in unione con Cristo e con la Vergine, suoi modelli.
II 15 ottobre 1925 formulò per iscritto un atto di abbandono e di offerta all’Amore e alla volontà di Dio, ma lo distrusse quando, nel 1926 il suo stato generale peggiorò tanto che credeva di essere alla fine. Apparvero disturbi digestivi, primi segni del rifiuto da parte dello stomaco di trattenere cibo. Per tre settimane rimase in una specie di coma.
Quando emerse da questo stato comatoso dichiarò alla famiglia stupefatta di avere visto Teresa di Lisieux la quale le aveva rivelato che non sarebbe morta, ma che avrebbe dovuto vivere per continuare la sua missione nel mondo. Ritornata alla vita scrisse un altro Atto di abbandono: era un grido di amore a Dio; con fede Marta si offriva totalmente per tutta l’umanità.
Nel marzo del 1928 sopraggiunse il blocco delle articolazioni degli arti inferiori. Paralizzata alle gambe in una posizione che le impedivano di stare seduta, dovette rinunciare alla poltrona e rimanere a letto. Ordinò un divanetto su misura da cui non si muoverà più per tutta la vita e le restava più di mezzo secolo da vivere!
(continua)
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