Maria Donna di casa
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I quattro Vangeli ci riportano, in modo variegato, ben sedici momenti in cui Gesù parla della casa o vi opera in essa uno dei tanti segni che rivela la sua divinità.
E dicendo casa intendo qualunque luogo in cui, di fatto, vive una famiglia. Che si tratti dell’appartamento del ricco epulone o della più modesta casa-bottega di Nazaret, poco importa.
L’importante è che essa sia un luogo in cui vive una famiglia e vi vive in modo stabile.
Tutti i giovani quando pensano di far famiglia pensano a dove abitare, in quale casa vivere, quali possibilità può avere questa o quella casa di essere modificata o ampliata in prospettiva dei figli che vi nasceranno.
Anche per Giuseppe, lo sposo giusto di Maria, fu lo stesso. Anche lui, pur essendo il padre creduto di Gesù, come ogni papa si preoccupò di trovare una casa per la sua diletta sposa e per il suo amato e speciale figliuolo.
Il Vangelo di Matteo annota che: «I magi, entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua Madre» (Mt 2,11).
Erano ancora a Betlemme. Giuseppe quindi si era preoccupato di prendere in affitto una casa.
E lì Maria nutriva il suo Bambino, Io lavava, lo baciava, lo abbracciava e lo offriva al bacio e all’abbraccio del suo sposo.
E quella casa, forse soltanto un vano parzialmente scavato nella roccia, risplendeva non solo per la pulizia a cui la Vergine Madre, “Figlia del Suo Figlio” (Divina Commedia, Paradiso,XXXIII, 1 ) provvedeva ogni giorno, ma tra un colpo d’ascia o di pialla e un profumo di verdure in cottura, brillava di teneri sguardi che si incrociavano per la gioia di tutti.
Maria e Giuseppe badavano al Figlio, il Figlio guardava loro e sorrideva, o piangeva, come tutti i bambini; loro si guardavano negli occhi pieni di luce e d’amore scambievole e l’amore cresceva tra loro.
Chissà quante volte Giuseppe, Io sposo, avrà ringraziato Dio per il dono di Maria, sua sposa e avrà ripetuto a se stesso le parole del vecchio e saggio Siracide (5ir26,1): Felice il marito di una donna virtuosa. «La grazia di una donna rallegra il marito, la sua scienza gli rinvigorisce le ossa. II sole risplende sulle montagne del Signore; la bellezza di una donna virtuosa adorna la sua casa» (Qo 26,1). E vedendola impegnata con Gesù, al tramonto del sole, mentre Io inizia alla bellezza dei Salmi e al gusto della preghiera quotidiana di lode e di ringraziamento per un’altra giornata trascorsa, Giuseppe in cuor suo avrà pregato dicendo: «Grazie, Signore Dio, per questa donna che mi hai assegnato. Ella vale più delle perle… È timorata di te. Grazie». E il sabato, attraversando le strette stradine che portano alla piccola sinagoga di Nazaret, quante volte avrà sentito il saluto benauguran-te di tanti anziani seduti vicino alle loro case:«Shalom Giuseppe. Una donna virtuosa è una buona sorte, viene assegnata a chi teme il Signore» (Qo 26,3).
E lei, con pudore abbassava gli occhi, mentre, stringendo per mano il fanciullo Gesù, affrettava il passo verso la casa di Dio, per essere puntuale alla preghiera del sabath.
Maria, donna di casa, attenta alle strutture, ma attenta soprattutto alle persone, tu, certamente eri felice per il tuo sposo amatissimo, per il tuo Figlio di cui lentamente scoprivi il progetto del Padre e tutto era splendore nei cuori, negli sguardi, nei sentimenti, nei luoghi.
Eppure penso che per quel fascino tutto speciale che solo la grazia sa effondere, nella tua casa venivano a «farti visita» compaesani, parenti e poveri.
Non so spiegarmi diversamente quanto Gesù ci ha insegnato sul bicchiere d’acqua offerto all’assetato, sull’ascolto di chi è solo o sull’acco-gliere chi è senza casa (cf M 25) se non pensando che Egli ha imparato da te, donna di casa, che godevi dell’amore e della fiducia totale dello sposo.
Egli ti ha visto mentre condividevi un po’ di pane, forse un pezzo di stoffa nuova per un bambino povero che stava per nascere, o offrire con gioia un po’ d’acqua presa però dalla giara posta in fondo alla casa-grotta dove la temperatura era più fresca e l’acqua più appetibile.
Così passano gli anni.
Giorni e giorni sempre uguali eppur diversi. E ti giunge l’eco delle sue parole:
«Nella casa del Padre mio ci sono molte stanze» (Gv 14,2).
Ha detto proprio così e quella piccola casa di Nazaret diventata improvvisamente grande perché Giuseppe è tornato al Padre e Gesù è lontano per annunciare l’avvento del Regno, ti riporta alla mente ricordi, immagini, parole mai dimenticate e dal significato sempre più profondo.
Ti giunge la notizia: Gesù ha celebrato la Pasqua con i suoi, in casa di un amico, al piano superiore, nella stanza arredata con divani.
Una casa così diversa da quella di Nazaret, eppure così simile. Non nelle strutture, né nelle comodità né nei cuori.
Gesù vuole quella stanza come la casa di Nazaret: luminosa, povera, accogliente, ricca di grazia.
Quella “casa” dovrà diventare “icona di Nazaret”.
Il Cenacolo, e la Chiesa che in esso nasce, deve diventare una perenne Nazaret.
E per questo le dice: «Donna ecco tuo figlio».
Per questo Lei va nel Cenacolo e con gli apostoli attende Io Spirito.
La Chiesa, casa dello Spirito.
Per un dono dello Spirito, che il Figlio manda dal Padre.
Ma anche per Maria, la donna di casa.
Solo imitando questa sua figlia, la Chiesa diventerà la casa dove i figli ritornano con gioia.
Dove c’è posto anche per i peccatori che si pentono.
Come me
Maria, donna di casa,
grazie per il tuo esempio
semplice, umile, quotidiano.
In te vediamo tutte le donne
che alla famiglia e alla casa
hanno donato totalmente se stesse
riempiendo il cuore dello sposo di pace
e quello dei figli di serenità e di gioia,
di silenzi eloquenti e di rimproveri misurati e saggi
Maria, donna di casa
benedici tutte le donne di casa
che nel silenzio di quattro mura
consumano la vita per Dio e per la famiglia
arricchendo così la società
di cittadini sereni, onesti, operosi
e la Chiesa di candidati alla santità.
Maria, donna di casa,
sii sempre a noi vicina
come madre a figli perché tutti
possiamo giungere in quella casa del Padre
dove sei rifugio dei peccatori,
regina dei santi,
Madre dell’umanità redenta dall’amore.
Amen.
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