Maria, donna della speranza
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A me non interessa, almeno in questa sede, sapere perché gli evangelisti Marco e Giovanni non abbiano riportato le Beatitudini, mentre Matteo e Luca le riportano con qualche variazione, non solo linguistica.
A me interessa constatare come Matteo e Luca riportino, quasi con le stesse parole, le Beatitudini relative a chi soffre ed è perseguitato a causa del Vangelo, a causa della testimonianza cristiana. «Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati» (Mt 5,6) e Luca dice: «Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati» (Le 6,24) e pochi versetti dopo, leggiamo ancora: «Beati siete voi quando vi insulteranno e perseguiteranno, e diranno ogni cosa malvagia contro di voi, mentendo, per causa mia» (cf Gv 16,2).
«Gioite ed esultate, perché la vostra ricompensa è grande nei cieli; così infatti hanno perseguitato i profeti che furono prima di voi» (Mt 5,11-12). Gesù pronuncia queste parole sulla collina delle beatitudini, davanti ad una folla che Io seguiva perché avverte che da quel profeta escono parole che sono spirito e vita (cf Gv6,63).
E quella descrizione topografica, una collina, non è certo solo una informazione storico-geografica. Ha un richiamo più profondo.
Su un altro colle, appena fuori Gerusalemme, lì dove la persecuzione contro di Lui avrebbe raggiunto e avuto la sua massima tragicità espressiva, due anni dopo, quelle Beatitudini avrebbero dimostrato tutta la loro forza dirompente.
«Beata te che hai creduto nell’adempimento delle parole del Signore» (le 1,45), le aveva detto la cugina Elisabetta, ora, sul Calvario, quando gli amici se ne sono andati via, i nemici sghignazzano per aver finalmente chiuso la bocca e posto la parola fine sul suo Gesù, mentre su tutta la terra si è fatto buio, realtà e simbolo del buio interiore che il dolore, soprattutto quello subito ingiustamente porta sempre con sé; quando il terremoto spacca la roccia dei colli, ma non i cuori, allora e proprio allora Lei sta (Gv 19,25).
Piccola, minuscola, quasi quercia spezzata ma non piegata, Lei sta, e ricorda. Risente nel cuore quelle parole: «…Gioite ed esultate, perché la vostra ricompensa è grande nei cieli…» (cf Mt 5,11 ; Le6,22-23). E radicandosi su quelle parole, spera. La fede e l’amore hanno generato la speranza. Non ultima di un susseguirsi di delusioni e fallimenti, ma quella virtù che si radica e ci radica nel cuore stesso di Dio. Anche quando Dio sembra lontano e sconfitto dal potere del mondo.
Lì, sul Golgota, accanto al suo Figlio crocifisso, Lei «mantiene senza vacillare la professione della speranza, perché sa che è fedele colui che ha promesso» (cf Eb 10,23). Lo Spirito Santo, di cui era colma in modo sovrabbondante, sosteneva anche Lei, perché diventasse erede, nella speranza, della vita eterna (cf CCL, 1817).
E proprio perché radicata nella speranza che viene da Dio ed è Dio stesso – Deus spes vera – è in grado di avere un cuore così grande da poter essere non solo la Madre di Dio, ma anche la Madre dei peccatori. Proprio sul Calvario si sentirà dire: «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19,26) e Lei, vincendo ogni umana perplessità, accetta nella gioia della carità questa missione sempre incompiuta finché nel mondo ci sarà un figlio perduto da riportare all’abbraccio del Padre e dei fratelli (Le 15,1 Is), un “ladrone” da far giungere in Paradiso (Le 23,39).
Beati i perseguitati non è la Beatitudine per i masochisti della fede o per coloro che soffrono perché gli eventi della vita riservano loro momenti di dolore. Beati i perseguitati è una parola di speranza rivolta a te, a me, a tutti coloro che soffrono a causa di Cristo nel quale fondano tutta la propria vita, perché credono che Lui ha l’ultima e definitiva parola di giudizio sulla vita dei singoli e sulla storia e sperano che, in Lui e per Lui, saranno accolti nella sua gioia, per sempre: Oggi sarai con me in Paradiso.
Insomma Maria (Le23,29) è donna di speranza perché Lei, come tutti, ha camminato nella fede, ha attraversato la lunga galleria del dolore, ha subito nel suo Figlio, l’unico Figlio, l’umiliazione della morte, ha visto cadere nel nulla tutte le fatiche apostoliche di Lui, ha sentito l’orrido gridare “crocifiggilo” da parte di quelle stesse folle che poco tempo prima lo avevano cercato per mangiare il pane offerto loro gratuitamente e per ascoltare parole nuove che nessuno aveva mai pronunciato, eppure continua a sperare e si ripete nel cuore: «Perché il povero non sarà dimenticato, la speranza degli afflitti non resterà delusa» (5a/9,19).
«Dio è la mia speranza s in lui non rimango confusa» (Sal 38,8). – «Solo in Dio riposa l’anima mia, da lui la mia speranza.’ Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare. In Dio è la mia salvezza e la mia gloria-, il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio» (5a/61,6-8).
Ma Lei è donna di speranza anche perché ci dona Gesù, il Salvatore. Lui è la forza per riprendere il cammino del bene quando siamo stanchi, lui è la tenerezza del Padre per noi peccatori.
Lui, solo Lui è la nostra speranza.
E Lui è dono del Padre.
E di Maria, donna e madre, della nostra speranza.
Don Giuseppe Sacino
Tratto dal volume
“Maria, donna per il nostro tempo”
Un libro da leggere.
Un libro da regalare
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