Maria Donna buona
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Decisamente, in questi tempi, la bontà non è di moda. Anche se poi, nel profondo del cuore, tutti ne sentiamo una profonda nostalgia. Anzi dire che uno è buono, o sentirsi definire «Tu sei un buono», sembra, se non un’offesa, una qualifica poco gradita.Bisogna essere furbi, si dice! Solo perché si è furbi bisogna saper anche far la parte del buono; quel tanto che serve e finché serve. Poi…
Poi bisogna mostrare i denti, altrimenti gli altri… Gli altri. Sempre gli altri come punto di riferimento. Mai l’Altro. Invece Lei non pensa agli altri! Non si confronta con loro. Se Io avesse fatto l’angelo Gabriele sarebbe ancora lì ad aspettare una risposta da Maria, dibattuta tra Dio che e chiede di essere Madre «prima di andare a convivere con Giuseppe» e gli uomini di Dio, i sapienti della Legge, pronti a lapidarla per il tradimento della fedeltà coniugale.
Lei pensa all’Altro, all’amore di Lui che salva, alla sua bontà che non si arrende di fronte alle resistenze umane. Aveva imparato dal racconto dei padri che nessuna nazione aveva la divinità così vicina a sé come il Signore è vicino al suo popolo ogni volta che Io invocava (cfDt4,7) e che proprio Lui, il Creatore e il Liberatore circonda, cura e custodisce il suo popolo come la pupilla del suo occhio (cf Dt 32,10-12).
Lei che nella piccola sinagoga di Nazaret o nella sua casa parzialmente scavata nella roccia, aveva cantato con il suo mitico antenato Davide: «Si proclamerà il ricordo della sua grande bontà… Pietoso e pieno di compassione è il Signore, longanime e grande nella sua bontà. Buono è il Signore verso tutti; le sue misericordie vanno a tutte le sue opere» (Sai 145,7ss). E ancora quasi ritornello liturgico «Lodate Dio perché è buono, la sua bontà dura in eterno»(Sal 136, Is).
Lei si è fidata del Signore che è buono. L’essere buono è la sua natura. Lui non può che essere buono. E Lei lentamente, camminando nella fede, capirà che se è chekari-tomene, piena di grazia, vuoi dire che è anche traboccante di bontà. lo testimonia da Nazaret ad Hain Garin, servendo Elisabetta, dal tempio, dove ritrova il Figlio, al Colle del Cranio, dove “sta”, accanto a Lui, impotente a staccarlo dalla croce, ma in totale comunione con Lui in un dono d’amore che la consacrerà per sempre, madre dei peccatori, avvocata dei deboli, bontà infinita di Dio fatta cuore di donna, perchè ognuno anche se nemico, ingrato, peccatore indurito, vicino a Lei e con Lei, possa sentirsi accolto, cercato, amato da Dio.
Certamente è il suo Gesù che salva perché Lui è venuto per i peccatori (cf Me 2,17; Mt 8,13; Le5,32), ma quella salvezza per divina decisione si è rivestita della tenerezza di una donna, della finezza di un’umanità, quella di Lei che, senza peccato, non umilia il peccatore, senza concupiscenza sa attendere con speranza certa che la bontà, come la bellezza e l’amore, vincerà il mondo.
La vittoria della bontà di Dio, operata per mezzo di Cristo, in Lei senza peccato alcuno trova la sua massima espressione e la sua vita, tutta posseduta e ispirata dallo Spirito Santo, è vita che trasluce di carità, che trabocca bontà. Maria, donna buona, posseduta dallo Spirito, ha sempre cercato «tutto quello che è vero, nobile, giusto puro, amabile, onorato» (fi/4,8).
Ogni suo passo era sempre un camminare secondo Io Spirito (Gal 5,25). Nella semplicità della casa di Nazaret o mentre correndo si recava da Elisabetta; quando è tornata a Gerusalemme a cercare suo Figlio; quando è andata a Cana per aiutare gli sposi, o quando ancora, sostenuta da Giovanni, è salita piangendo sul Golgota, i suoi sentimenti di donna erano diversi a seconda delle circostanze ma certamente aveva la capacità e la delicatezza di compenetrarsi delle gioie e dei dolori degli altri.
Capacità e delicatezza frutto di bontà. Bontà dono dello Spirito e conquista quotidiana del discepolo.
Don Giuseppe Sacino
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