L’orfanezza del cuore
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II drogato non nasce tale. Ad un certo punto della vita, quando passano i sedici, diciotto, vent’anni, i giovani scappano di casa, diventano violenti, ci guardano con dei giudizi malevoli. Dov’è il problema? Perché? Perché noi non ci siamo occupati di loro quando avevano due anni, cinque anni, dieci anni. E questa è la loro “vendetta” perché non si sono sentiti amati, educati, formati alla vita vera, alla realtà che è la vita; spesso il centro dei nostri discorsi, delle nostre preoccupazioni, dei nostri litigi erano sempre e solo i “soldi, soldi, soldi”.
E loro hanno usato il denaro per”comprarsi” la morte perché, in fondo, quel denaro aveva già “ucciso” in loro e nella famiglia l’amore. I genitori non vogliono e non sanno più fare i genitori, e allora i giovani vivono l’orfanezza del cuore, dell’anima. Sono degli “orfani”: hanno le espressioni della solitudine, dell’orfanezza, del mutismo, del cuore spezzato, e non possono dirlo a nessuno, il Signore mi ha rivelato tutto questo mistero di sofferenza, di solitudine, di amarezza, di tristezza che hanno vissuto i vostri figli, prima di drogarsi, con voi genitori, e spesso voi non ve ne siete neanche accorti.
Ogni tanto qualcuno mi dice: «Elvira, ma tu ce l’hai con noi genitori, ci colpevolizzi!». Per me pensare così è infantilismo, è non voler crescere e assumersi le responsabilità di uomo, di donna, di padre, di madre. Ma che madre sei, che padre sei se scarichi le tue responsabilità sui tuoi figli? È necessario assumersi pienamente la responsabilità di ciò che siamo oggi, con questo atteggiamento del cuore e dello spirito che ci fa vedere i ragazzi con gli occhi “giusti”, che ci illumina per saperli aiutare bene, con quella forza e coerenza che loro, oggi, si aspettano da noi.
Madre Elvira Petrozzi
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