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L’istituzione dell’Eucaristia

17 Febbraio 2016 | Filed under: Insegnamenti
     

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Il momento era solenne, e gli angeli discesero dal cielo per contemplarlo. Si compiva, in quel momento, il miracolo più grande di Dio, e si compiva in un momento, ad una sola parola del Verbo Incarnato.

Il Signore medesimo volle darci quasi la misura di quel miracolo istantaneo d’amore che doveva transustanziare il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue del Redentore, facendoci vedere quanti milioni di anni e di secoli si addensano sulla materia che si trasforma e si evolve. Egli, in principio, creò i cieli e la terra, ma i cieli d’allora ancora si evolvono nel loro mirabile ordine, e la terra ancora si assesta nella sua compagine. Gesù Cristo, con una parola di onnipotente amore, compiva un’opera immensamente più grande.

Era già come trasfigurato, ma si trasfigurò anche di più… Il suo volto era arcano, dolcissimo, pensoso, profondo… era come il volto di Dio: Potenza, Sapienza e Amore. Aveva la sicurezza di chi può tutto, la luminosità di chi tutto conosce e tutto compie con sapienza, e la soavità di chi si dona per purissimo amore. Gli angeli trattenevano quasi la vita, e i cieli quasi fermarono la loro armonia. Prese il pane, elevò gli occhi al cielo, rese grazie, cioè pregò ardentemente e ringraziò il Padre per il gran dono che dava agli uomini; spezzò il pane distribuendolo ai suoi apostoli, ed esclamò pacatamente, con voce di placido amore, innanzi al quale le leggi del creato si arrestarono adoranti e obbedirono, quasi sparendo dal suo cospetto: Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me. La sostanza del pane fu come colpita dall’onnipotente parola e si dileguò, dando luogo alla sostanza del Corpo del Redentore; e, poiché Egli non aveva pronunciato la sua onnipotente parola sulla quantità del pane, essa, insieme agli accidenti, rimase sospesa come velo di quella sostanza divina.

Era l’Arca della nuova alleanza nascosta nel mistero e celata dai veli; Arca fulgente d’oro per la divinità del Redentore, Manna vera del cielo, Pane di vita, Legge d’amore novello, Sacrificio ammirabile dell’eterno Sacerdote. Quel pane non era più il pane, era Lui stesso; Egli viveva veramente nelle dimensioni del suo Corpo e viveva in quelle del pane; non poteva dividere le dimensioni del suo Corpo per darsi a tutti, e divise quelle del pane; ma poiché esse erano accidentali e la sostanza del suo Corpo era totalmente data, ogni parte del pane lo conteneva tutto com’era, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Quale mistero ineffabile!

Sostò un momento; gli apostoli mangiavano il pane di vita, Egli era in loro e li vivificava. L’amor suo aveva raggiunto il culmine della dedizione; nessun amore umano poteva giungere a tanto, perché, se si fosse dato così, sarebbe morto e avrebbe donato non l’amore vivificante, l’anima ed il cuore, ma un po’ di cibo che tutt’al più avrebbe potuto sostenere la vita del corpo. Gli apostoli quasi non si accorsero del dono divino; ferveva in loro una nuova vita ma non la sapevano ancora discernere. Gesù, però, esultava d’amore, penetrandoli, avvolgendoli, baciandoli nell’intimo della loro sostanza, e percorrendoli come corrente d’infinita carità.

Non fu pago: si era dato come cibo, voleva darsi come bevanda; aveva dato il suo Corpo intero e voleva dare, immolandosi per amore, il suo Sangue. Voleva dividerlo ad ogni costo dal Corpo, anticiparne l’effusione e perpetuarla per i secoli, sino alla fine del mondo. Perciò prese il calice pieno di vino e, dandolo ai suoi cari, esclamò con la stessa parola onnipotente e transustanziante: Questo calice è il nuovo testamento del mio sangue che sarà sparso per voi. Egli non lo spargeva, lo dava e, dandolo sacramentalmente, separato dal Corpo, lo dava come sacrificio d’amore; era proprio il suo Sangue, non un simbolo; era lo stesso che sarebbe stato sparso, non una figura; era il Sangue del sacrificio stesso della croce che sarebbe stato consumato tra breve per il tradimento di Giuda, e per questo Gesù, per eliminare ogni dubbio, soggiunse: Del resto, ecco che la mano di chi mi tradisce è qui con me a tavola.

don Dolindo Ruotolo


     

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