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LETTERA ENCICLICA LUMEN FIDEI DEL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO – PARTE VIII

16 Luglio 2013 | Filed under: Enciclica Lumen Fidei, Fede, Papa, Papa Francesco
     

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CAPITOLO PRIMO

Abbiamo creduto all’Amore

La fede di Israele

La prova massima dell’affidabilità dell’amo­re di Cristo si trova nella sua morte per l’uomo. Se dare la vita per gli amici è la massima pro­va di amore (cfr Gv 15,13), Gesù ha offerto la sua per tutti, anche per coloro che erano nemici, per trasformare il cuore. Ecco perché gli evan­gelisti hanno situato nell’ora della Croce il mo­mento culminante dello sguardo di fede, perché in quell’ora risplende l’altezza e l’ampiezza dell’a­more divino. San Giovanni collocherà qui la sua testimonianza solenne quando, insieme alla Ma­dre di Gesù, contemplò Colui che hanno trafitto (cfr Gv 19,37): « Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate » (Gv 19,35).

F. M. Dostoevskij, nella sua opera L’Idiota, fa dire al protagonista, il principe Myskin, alla vista del di­pinto di Cristo morto nel sepolcro, opera di Hans Holbein il Giovane: « Quel quadro potrebbe an­che far perdere la fede a qualcuno ».14 Il dipinto rappresenta infatti, in modo molto crudo, gli ef­fetti distruttivi della morte sul corpo di Cristo. E tuttavia, è proprio nella contemplazione della morte di Gesù che la fede si rafforza e riceve una luce sfolgorante, quando essa si rivela come fede nel suo amore incrollabile per noi, che è capa­

ce di entrare nella morte per salvarci. In questo amore, che non si è sottratto alla morte per ma­nifestare quanto mi ama, è possibile credere; la sua totalità vince ogni sospetto e ci permette di affidarci pienamente a Cristo.

17.Ora, la morte di Cristo svela l’affidabilità totale dell’amore di Dio alla luce della sua Risur­rezione. In quanto risorto, Cristo è testimone af­fidabile, degno di fede (cfr Ap 1,5; Eb 2,17), ap­poggio solido per la nostra fede. « Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede », afferma san Paolo (1 Cor 15,17). Se l’amore del Padre non avesse fatto risorgere Gesù dai morti, se non avesse po­tuto ridare vita al suo corpo, allora non sarebbe un amore pienamente affidabile, capace di illumi­nare anche le tenebre della morte.

Quando san Paolo parla della sua nuova vita in Cristo, si rife­risce alla « fede del Figlio di Dio, che mi ha ama­to e ha consegnato se stesso per me » (Gal 2,20). Questa “fede del Figlio di Dio” è certamente la fede dell’Apostolo delle genti in Gesù, ma sup­pone anche l’affidabilità di Gesù, che si fonda, sì, nel suo amore fino alla morte, ma anche nel suo essere Figlio di Dio. Proprio perché Gesù è il Figlio, perché è radicato in modo assoluto nel Padre, ha potuto vincere la morte e far risplende­re in pienezza la vita. La nostra cultura ha perso la percezione di questa presenza concreta di Dio, della sua azione nel mondo. Pensiamo che Dio si trovi solo al di là, in un altro livello di realtà, separato dai nostri rapporti concreti.

Ma se fosse così, se Dio fosse incapace di agire nel mondo, il suo amore non sarebbe veramente potente, vera­mente reale, e non sarebbe quindi neanche vero amore, capace di compiere quella felicità che promette. Credere o non credere in Lui sareb­be allora del tutto indifferente. I cristiani, invece, confessano l’amore concreto e potente di Dio, che opera veramente nella storia e ne determina il destino finale, amore che si è fatto incontrabile, che si è rivelato in pienezza nella Passione, Morte e Risurrezione di Cristo.

18. La pienezza cui Gesù porta la fede ha un altro aspetto decisivo. Nella fede, Cristo non è soltanto Colui in cui crediamo, la manifestazio­ne massima dell’amore di Dio, ma anche Colui al quale ci uniamo per poter credere. La fede, non solo guarda a Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere. In tanti ambiti della vita ci affidiamo ad altre persone che conoscono le cose meglio di noi.

Abbiamo fiducia nell’architetto che costruisce la nostra casa, nel farmacista che ci of­fre il medicamento per la guarigione, nell’avvo­cato che ci difende in tribunale. Abbiamo anche bisogno di qualcuno che sia affidabile ed esper­to nelle cose di Dio. Gesù, suo Figlio, si presen­ta come Colui che ci spiega Dio (cfr Gv 1,18).La vita di Cristo — il suo modo di conoscere il Padre, di vivere totalmente nella relazione con Lui — apre uno spazio nuovo all’esperienza umana e noi vi possiamo entrare.

San Giovanni ha espresso l’importanza del rapporto personale con Gesù per la nostra fede attraverso vari usi del verbo credere. Insieme al “credere che” è vero ciò che Gesù ci dice (cfr Gv 14,10; 20,31), Gio­vanni usa anche le locuzioni “credere a” Gesù e “credere in” Gesù. “Crediamo a” Gesù, quando accettiamo la sua Parola, la sua testimonianza, perché egli è veritiero (cfr Gv 6,30). “Crediamo in” Gesù, quando lo accogliamo personalmente nella nostra vita e ci affidiamo a Lui, aderendo a Lui nell’amore e seguendolo lungo la strada (cfr Gv 2,11; 6,47; 12,44).

Per permetterci di conoscerlo, accoglierlo e seguirlo, il Figlio di Dio ha assunto la nostra carne, e così la sua visione del Padre è avvenuta anche in modo umano, attraverso un cammino e un percorso nel tempo. La fede cristiana è fede nell’Incarnazione del Verbo e nella sua Risurre­zione nella carne; è fede in un Dio che si è fatto così vicino da entrare nella nostra storia. La fede nel Figlio di Dio fatto uomo in Gesù di Nazaret non ci separa dalla realtà, ma ci permette di co­gliere il suo significato più profondo, di scoprire quanto Dio ama questo mondo e lo orienta in­cessantemente verso di Sé; e questo porta il cri­stiano a impegnarsi, a vivere in modo ancora più intenso il cammino sulla terra.

————–

14 Parte II, IV.

     

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come il suo e possa aiutarci
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come Dio perdona le nostre.
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