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L’economia della crisi: un ingranaggio (quasi) perfetto

14 Gennaio 2011 | Filed under: Economia
     

Questo articolo è stato già letto1130 volte!

I grandi economisti che negli ultimi due secoli si sono succeduti con le loro teorie, tra di esse, più o meno contrastanti, su di un punto sono stati sempre tutti concordanti e cioè: il mercato, inteso come compravendita di beni e conseguente transazione di denaro, si adatta velocemente agli andamenti dell’economia.

In effetti i vari economisti, come Adam Smith, John Maynard Keynes, giusto per citarne qualcuno, hanno spesso sostenuto tesi macroeconomiche diverse (specialmente in merito alle funzioni e/o interferenze dello Stato in caso di crisi economica), ma hanno sempre sostenuto tesi molto simili, circa la capacita di adattamento del mercato alla situazione economica del momento.
Anche in questo lungo e profondo periodo di crisi, in cui tutti hanno la paura di usare la parola recessione, il mercato si è adattato al momento finanziariamente molto triste, creando un ingranaggio perfetto (o quasi).
Se analizziamo, infatti, le transazioni finanziarie collegate alla compravendita di beni, non possiamo evitare di notare che il mercato si è organizzato, o meglio adeguato, ad un meccanismo contorto nel quale vige la regola “non incasso – non pago”. Ovunque ed a chiunque domandiate come “stanno andando le cose” in termine lavorativo, tutti, o quasi tutti, risponderanno, “si lavora ma non si vede denaro”. E’ nato così questo ingranaggio perfetto (o quasi) nel quale le aziende producono e vendono regolarmente, ma non incassano dai clienti e di conseguenza non pagano i loro fornitori, creando un circolo vizioso di passaggio di merce senza transazione finanziaria, accrescendo, in termini spaventosi, sia il debito nei riguardi dei propri fornitori, sia il credito nei riguardi dei propri clienti.

Oramai la stragrande maggioranza delle aziende si è mestamente adattata alla situazione e quasi più nessuno sollecita, oltre il dovuto, l’incasso delle proprie spettanze, quasi ad aver creato o solo accettato una condizione in cui ogni azienda finanzia altre aziende. Poiché questa situazione è generalizzata sul territorio europeo e, grazie o per colpa della globalizzazione, su quasi tutto il territorio mondiale, si è innescato un ingranaggio perfetto (o quasi) dove il credito si incastra perfettamente con il debito.
Quando poi le somme a credito e/o a debito crescono oltre una ragionevole soglia, si sente, naturalmente, la necessità di intervenire, ma le aziende restano comunque carenti di liquidità e, non potendo utilizzare il denaro, sorgono compensazioni tra di esse, grazie alle quali si chiudono partite di credito e di debito senza movimentare il denaro. Ad esempio (sicuramente non lontano dalla realtà) la triangolazione finanziaria per la quale l’azienda A deve pagare forniture alla ditta B che a sua volta deve pagare forniture alla ditta C che potrebbe dover pagare altre forniture alla ditta A, in questo caso sempre più spesso, le aziende in piena crisi di liquidità, si annullano reciprocamente crediti e debiti effettuando compensazioni tra di loro.

Questo ingranaggio, seppur contorto e al limite della legalità, sta però rendendo possibile ancora oggi, la circolazione di merci anche senza l’incasso, perché nella ruota dell’ingranaggio c’è sempre un soggetto che “non mi paga” ed io troverò sempre un “soggetto che non pago”, o almeno non incasso e non pago in tempi “normali”.

Il meccanismo, o ingranaggio, che continuo a definire perfetto (o quasi) si inceppa e quindi perde la sua labile perfezione, quando nel giro della ruota dell’ingranaggio, le aziende non si trovano a dover risolvere crediti e/o debiti con altre aziende, che come abbiamo visto compensano la parte finanziaria, o attendono gli incassi in forza delle attese a loro concesse per i pagamenti, ma quando si trovano di fronte ai debiti verso l’erario, verso gli istituti di credito e comunque verso le pubbliche amministrazioni.

In questo caso purtroppo non ci sono termini di dilazione, non c’è possibilità di compensare, non c’è la voglia da parte dei creditori di aiutare le aziende in difficoltà. Per questo motivo registriamo sempre più spesso casi di aziende che devono chiudere, nonostante il florido fatturato, perché trovandosi in difficoltà finanziarie notevoli non hanno la possibilità di coprire ciclicamente le richieste di pagamento degli istituti di credito e dalla pubblica amministrazione. In questo ingranaggio, che si regge su di un equilibrio particolarmente labile, un minimo pezzo non perfettamente incastrato distrugge tutto il meccanismo.

Gli istituti di credito, l’erario e le pubbliche amministrazioni, in questa fase di totale assenza di liquidità, dovrebbero aiutare le aziende concedendo, in qualunque modo possibile, benefici ed incentivi per dare una sferzata di liquidità, non devono continuare a stringere la corda al collo delle piccole imprese che restano il cuore pulsante dell’economia. Non ultima la recentissima e, a mio modesto parere, la distruttiva novità introdotta in materia di compensazioni d’imposta per la quale, a decorrere dal 1° gennaio 2011, sono limitate le compensazioni in presenza di imposte iscritte a ruolo.

La Manovra Correttiva 2010, infatti, ha introdotto il divieto di compensazione, nel modello F24, dei crediti relativi alle imposte erariali, fino a concorrenza dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, di ammontare superiore a € 1.500,00 per i quali sia scaduto il termine di pagamento. Numerosi sono i dubbi emersi sulla corretta applicazione, obbligando i professionisti e i clienti ad effettuare un preventivo monitoraggio delle posizioni debitorie dei contribuenti, al fine di non far scattare la sanzione del 50% determinata sull’ammontare dei debiti iscritti a ruolo fino al raggiungimento dell’ammontare indebitamente compensato.

A parte i dubbi legittimi sull’applicazione della norma, francamente a me preoccupa molto di più l’ulteriore diminuzioni di liquidità a cui saranno costrette le aziende che fino al 31/12/2010 pagavano le imposte compensandole con i propri legittimi crediti e che dal 1° gennaio 2011 devono, come si dice in gergo, mettere mano alla tasca per il pagamento dei tributi. Nessuno venga a dirmi che la regola vale solo per le aziende con “ruoli aperti”, perché una percentuale molto vicino al 100 delle aziende che hanno almeno 2 anni di vita, sono debitrici di ruoli già iscritti e scaduti.

Che dire: un’altra bella mossa dei nostri legislatori per continuare a spingerci al fondo di questa crisi finanziaria che colpisce, come ogni danno incontrollabile, sempre le classi meno abbienti. Speriamo che la Vergine Maria illumini le loro menti ed i loro cuori e li faccia ragionare con maggiore attenzione ai più bisognosi.

Dott. Francesco Galardo
Economista – Cons. Aziendale
info@studiogalardo.com


     

One Response to "L’economia della crisi: un ingranaggio (quasi) perfetto"

  1. Anonymous ha detto:
    18 Gennaio 2011 alle 20:33

    una splendida interpretazione della crisi. Grazie
    by Marco Arcella

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