Le profezie di S. Giovanni Bosco – Seconda profezia
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Seconda profezia di Don Bosco (1874)
Questa profezia sembra riguardare più particolarmente i nostri tempi (la notte oscura) e quelli futuri.
Era una notte oscura, gli uomini non potevano più discernere quale fosse la via da tenersi per far ritorno ai loro passi, quando apparve in cielo una splendidissima luce che rischiarava i passi dei viaggiatori come di mezzodì. In quel momento fu veduta una moltitudine di uomini, di donne, di vecchi, di fanciulli, di monaci, monache e sacerdoti, con atta testa il Pontefice, uscire dal Vaticano schierandosi in forma di processione. Ma ecco un furioso temporale; oscurando alquanto quella luce sembrava ingaggiarsi una battaglia fra la luce e le tenebre. Intanto si giunse ad una piccola piazza coperta di morti e di feriti, di cui parecchi domandavano ad alta voce conforto.
Le file della processione si diradarono assai. Dopo aver camminato per uno spazio che corrisponde a duecento levate di sole, ognuno si accorse che non erano più in Roma. Lo sgomento invase l’animo di tutti, ed ognuno si raccolse intorno al Pontefice per tutelarne la persona ed assisterlo nei suoi bisogni.
Da quel momento furono veduti due angeli che, portando uno stendardo, l’andarono a portare al Pontefice dicendo: Ricevi il vessillo di Colei che combatte e disperde i più forti popoli della terra. I tuoi nemici sono scomparsi; i tuoi figli colle lacrime e coi sospiri invocano il tuo ritorno. Portando poi lo sguardo nello stendardo vede-vasi scritto da una parte: Regina sine labe concepta; e dall’altra: Auxilium cristianorum.
Il Pontefice prese con gioia lo stendardo, ma rimirando il piccolo numero di quelli che erano rimasti intorno a sé divenne afflittissimo. I due angeli soggiunsero: Va’ tosto a consolare i tuoi figli. Scrivi ai tuoi fratelli dispersi nelle varie parti del mondo, che è necessaria una riforma nei costumi e negli uomini. Ciò non si può ottenere se non spezzando ai popoli il pane della Divina parola. Catechizzate i fanciulli, predicate il distacco dalle cose della terra. È venuto il tempo – conchiusero i due angeli – che i popoli saranno evangelizzatori dei popoli. I leviti saranno cercati fra la zappa, la vanga e il martello, afinché si compiano le parole di Davide: Dio ha sollevato il povero dalla terra per collocarlo sul trono dei principi del suo popolo.
Ciò udito il Pontefice si mosse, e le file della processione cominciarono a ingrossarsi. Quando poi pose piede nella Santa Città si mise a piangere per la desolazione in cui erano i cittadini, di cui molti non erano più. Rientrato poi in San Pietro intonò il Te Deum, cui rispose un coro di angeli cantando: « Gloria in Excelsis Deo, et in Terra pax hominibus bonae voluntatis ». Terminato il canto, cessò affatto ogni oscurità, e si manifestò un fulgidissimo sole.
Le città, i paesi, le campagne erano assai diminuite di popolazione; la terra era pesta come da un uragano, da un’acquazzone e dalla grandine, e le genti andavano una verso l’altra con animo commosso dicendo: Est Deus in Israel.
Dal cominciamento dell’esilio fino al canto del Te Deum, il sole si levò duecento volte. Tutto il tempo che passò per compiersi quelle cose corrispondono a quattrocento levate del sole.
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