Le persecuzioni di Padre Pio – II
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Per tutto l’arco della vita, compreso tra l’impressione delle stimmate (1918) e il Suo trapasso da questa vita (1968) Padre Pio fu sempre perseguitato.
Furono persecuzioni mosse da avversioni, gelosie, invidie, odi, ostruzionismo al suo apostolato, accuse infamanti, calunnie, violenze morali.
Fin dalla Sua primissima presenza in San Giovanni Rotondo (1916) Egli trovò ostilità nell’ambiente religioso perchè, con la Sua intensa attività apostolica, sconvolgeva la rilassatezza dei costumi e l’abituale negligenza del clero locale.
Poi, negli anni successivi, sino al trapasso, il Suo servizio intenso ed incondizionato alla Chiesa di Cristo incontrò, giorno per giorno, avversioni, contrarietà, contrasti, per opera, normalmente, di persone che trovavano in Lui un duro ostacolo al conseguimento di loro disonesti interessi personali.
Queste guerre continue l’avevano ridotto un “ecce homo”, tanto che nell’ultimo giorno di vita Egli, dopo la celebrazione della Messa, stava per crollare giù dall’altare se non fosse stato provvidenzialmente soccorso dai presenti.
Dopo una vita di persecuzioni crudeli e feroci, al suo trapasso parve a molti che insieme a Lui crollassero anche le opere Sue. Ma quello che sembrò designare una fine, fu invece un principio, ciò che sembrò segnare una sconfitta fu invece una vittoria, ciò che sembrò delineare una prostrazione fu invece un trionfo.
In tutta la vita di Padre Pio, quindi, i suoi acerrimi e indiavolati nemici furono sempre presenti, e furono sei le grandi persecuzioni contro Lui.
Seconda Persecuzione
La seconda persecuzione occupa un periodo di tempo che va dal 1934 al 1947 circa. Due sono le componenti di questa seconda persecuzione.
La prima componente, tanto per variare, presenta una novità: alcune donne gelose e invidiose, le quali, convinte che il Padre accordi ad altre una maggiore predilezione ed attenzione, cominciano, per vendetta, ad inviare ai Superiori del Convento lettere anonime in cui affermano che il Padre, di notte, va ad aprire la porta del Convento per fare entrare clandestinamente le donne.
Forse il loro malanimo è maggiormente diretto a colpire le avversarie, ma si ritorce gravemente contro l’innocente.
Per dare maggiore credibilità all’infame accusa, una di queste donne, la più rabbiosamente gelosa, coperta di uno scialle per non farsi individuare, va aggirandosi, di notte, avanti alla Chiesa, fingendosi di nascondersi qua e là certa che i Frati ai quali ha inviato lettere anonime stiano in osservazione da dietro le finestre e si convincano della verità della denuncia.
La cosa è di per sé ridicola ed inaccettabile sul piano della credibilità, se non addirittura assurda; ma i Superiori, per dovere, devono vigilare, accertarsi e controllare, seguendo passo passo, giorno e notte l’ accusato. Ma le vie della Provvidenza sono infinite. Uno dei Superiori, che scalzo ed appostato sorveglia il Padre, Lo trova, in piena notte, in Chiesa che, recitando il“Miserere” si sta crudelmente flagellando.
Non solo, ma mentre appostato attende il Suo rientro in cella, nel buio profondo della notte, rimane sbalordito nel vederLo venire avanti, in profonda adorazione, mentre stringe al petto il Bambin Gesù.
La seconda componente delle persecuzioni di questo periodo è lo stillicidio degli interventi del Sant’Uffizio, che si concentrano in stucchevoli richiami all’osservanza, da parte di Padre Pio, di questa o quella condotta di vita, richiami dovuti all’irrequieta fantasia dei reverendi padri consultori della Sacra Congregazione.
Questi incessanti richiami ed avvertimenti costituiscono un assillo continuo sulla vita apostolica del Padre ed una forma di persecuzione che Gli impediscono di operare liberamente all’altare ed in confessionale; non solo, ma che vengono a ripercuotersi anche sulla vita della comunità cappuccina.
Cosi, nel 1935, è fatto divieto ai Frati del convento di eleggere il “Discreto capitolare” (il delegato provinciale al Capitolato Generale). Il guardiano non può intervenire al Capitolo, per le limitazioni imposte al convento di Padre Pio.
Nel XXV anno del sacerdozio (10 Agosto 1935) il Padre non può celebrare la Messa solenne, né può far baciare, come è consuetudine, la mano, Egli è richiamato affinché si comporti nel modo comune “usato dai buoni Sacerdoti” (cioè la Sua celebrazione non deve superare la durata di 30-35 minuti); deve scendere dal convento passando per la scala interna; le visita a Lui fatte devono essere brevi; deve comunicare le donne soltanto alla balaustra.
Viene anche disposto che siano prese le necessarie precauzioni per evitare false interpretazioni degli ordini impartiti dall’alto. A questo Sant’uomo non manca altro che Gli venga messo sotto controllo anche il respiro.
Nel 1936 (9 Agosto) altra disposizione: i Frati che consegneranno, contro l’ assoluto divieto, pezzuole o altro oggetto usato dal Padre restino, ipso facto, sospesi a divinis, ed i fratelli laici che ciò faranno siano interdetti dal ricevere la Santa Comunione.
Ma le prove non finiscono qui.
Ora è di turno l’accusa che Egli maneggi danari senza il permesso dei Superiori, che favorisca pellegrinaggi a San Giovanni Rotondo e che nella Messa si prolunghi al di là dei limiti consentiti (in quanto alla consacrazione incontra difficoltà a pronunciare le sacre parole e perché alla genuflessione resta come inchiodato).
Ed il Padre è chiamato di volta in volta a spiegare ed a giustificarsi. Spiega, per quanto riguarda i danari, che alcune volte i penitenti, colpevoli di appropriazione indebita, si servano per la restituzione del confessionale; altre perché, per passare una somma da una ad altra persona, chi dona non trova persona di fiducia; altre per dare a persone bisognose senza che sia conosciuto l’offerente.
Anche in questo caso la Provvidenza si serve della cattiveria dei denuncianti per mettere in luce l’opera caritativa svolta dal Padre anche nel segreto del confessionale.
Pei i “pellegrinaggi” il Padre dice: “… cerco di fare il mio dovere, di piacere a Dio, di far bene alle anime… non mi preoccupo d’altro”. Per gli “incassamenti” Egli dice che non dipendono da Lui, spesso non “riesce ad andare avanti, né a tornare indietro”.
Per non dargli maggiori afflizioni, il Suo caro Padre Agostino Gli nasconde (Diario, 22 Aprile 1945) che alcuni paesani suoi nemici avevano minacciato di ucciderlo.
In conclusione in questa seconda persecuzione (1934-1947) oltre agli altri atti diretti a dare turbamento a Padre Pio, si dubita di Lui su tutti e tre i voti monastici: povertà (maneggio di danari), castità (approcci con donne) e ubbidienza (la durata della Messa e gli“inceppamenti” sarebbero in contrasto con l’ordine di adeguarsi “al modo comune usato dai buoni sacerdoti”. Ad Eligio D’Antonio, Suo ottimo figlio spirituale, che un giorno Gli disse: “Padre, voglio farmi Santo! “, Lui rispose : “Brutto mestiere, figlio mio!”.
Luigi Peroni
Biografo
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