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Le due madri di Papa Woityla

25 Dicembre 2012 | Filed under: Recensioni
     

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La casa editrice Ancora ha pubblicato un libro dal titolo un po’ enigmatico che,  a prima lettura, lascia perplessi:  “Le due madri di Papa Wojtyla”. E sotto il titolo, due nomi: Emilia Kaczorowska ed Gianna Beretta Molla. Cento pagine di testo e un inserto fotografico di  55 immagini a colori, molto belle a alcune anche rare.

    Qual è il significato di quel titolo? Perché quelle due donne, Emilia e Gianna,  sono indicate come “le due madri di Karol Wojtyla?  L’enigma viene  chiarito dalla storia che nel libro si racconta, una storia  eccezionale che rivela particolari poco noti della vita di Giovanni Paolo II, e, per certi versi, anche inediti.

Ne parliamo con l’autore, Renzo Allegri,  noto giornalista e scrittore, un professionista che ha pubblicato una cinquantina di libri.  “Il legame con Giovanni Paolo II delle due donne del titolo del mio libro è costituito  dalla maternità”, dice Renzo Allegri, e precisa: “Non una maternità “normale”, ma una maternità “eroica”, nel senso che quelle due donne hanno sacrificato la loro vita a favore di quella del figlio che portavano in grembo. 

    Gianna Beretta è la donna italiana che Giovanni Paolo II ha voluto beatificare e proclamare santa  perché “martire” della maternità.  Ma, e questo pochi lo sanno, anche Emilia Kaczorowska, madre di Giovanni Paolo II, fu una martire della maternità”.

     Il gesto eroico di Gianna Beretta è noto.  Nel  settembre del 1961, Gianna, che aveva già tre figli, rimase incinta per la quarta volta, e nello stesso tempo  scoprì di avere un tumore all’utero. Era medico, ed ebbe subito chiara la situazione. Poteva salvare la propria vita solo con un intervento chirurgico immediato, che avrebbe, però, comportato la perdita del bambino. Era giovane, aveva tre figli piccoli, voleva vivere. Le spiegarono che, se accettava l’intervento chirurgico,  non avrebbe commesso peccato per l’eventuale perdita del bambino.

Secondo la teologia morale, infatti, in casi di gravissima malattia gli interventi all’utero che non abbiano come scopo diretto l’interruzione delle gravidanza sono permessi. Ma Gianna non volle saperne di simili cavilli.  Scelse di offrire al bambino l’opportunità di vivere. Un gesto di grande eroismo, conseguenza della sua quotidiana condotta  di persona che viveva il Vangelo. Nell’aprile del 1962 diede alla luce una bambina, e una settimana dopo morì. Nel  1994,Gianna venne proclamata beata da Giovanni Paolo II e dieci anni dopo, nel 2004, santa.

“La parte nuova del mio libro  riguarda  Emilia, la madre di Giovanni Paolo II”, dice Renzo Allegri. “Come Gianna Beretta, Emilia, molti anni prima, si trovò di fronte alla stessa drammatica scelta: o ricorrere all’aborto e salvare se stessa, o  sacrificare la propria vita a favore del bambino che portava in grembo. E anche Emilia, come Gianna, non ebbe esitazioni: offrì coscientemente la propria vita per il bambino, diventando, come Gianna, “martire” per la maternità. Emilia  non è stata proclamata santa, ma Papa Wojtyla, mentre elevava alla gloria degli altari Gianna, pensava certamente anche alla sua mamma”.

     Chiediamo allo scrittore: “Ci  sono documenti medici che giustifichino quanto lei afferma?” “No, che io sappia non ci sono documenti medici espliciti>>, dice Allegri. “Anche perché un secolo fa i medici, soprattutto nei piccoli centri, non tenevano nota scritta di tutti i malanni dei loro pazienti. E poi perché, nel corso della Seconda guerra mondiale,  e negli anni che seguirono, la Polonia subì invasioni devastanti, prima dai nazisti, poi dai comunisti russi e molti archivi  di ospedali, di parrocchie, di comuni vennero distrutti. Per la mancanza esplicita di documenti medici, i biografi di Giovanni Paolo II non hanno approfondito questa vicenda riguardante la sua nascita. 

“Ma ci sono circostanze storiche ben precise sulla malattia e la morte della signora Emilia e anche  testimonianze verbali di contemporanei,  persone che la conoscevano bene. Mettendo insieme i vari tasselli, si arriva senza ombra di dubbio alla conclusione che ho formulato”.

Quali sarebbero questi tasselli? “Si sa che Emilia Kaczorowska era una donna gracile fin da ragazzina. Si sposò nel 1904,  a 20 anni,   e nel 1906 diede alla luce il suo primo figlio, Edmondo. Un parto che compromise la salute di Emilia. I medici le dissero che doveva accontentarsi di quel bambino perché successive maternità sarebbero state deleterie per lei.

“Emilia cercò di ascoltare il consiglio dei medici, ma, nel 1914, rimase di nuovo incinta. La gravidanza questa volta fu difficile, il parto complicato e nacque una bambina, Olga, che visse  qualche ora, forse un giorno, ma non si sa niente di preciso proprio perché non esistono documenti.

“La salute di Emila peggiorò ancora.  Nel 1919  rimase incinta del futuro Papa. I medici consigliarono l’aborto immediato, ma lei rifiutò. Da vera credente, sapeva che il bambino che portava in seno era una persona, dono di Dio. Lei e suo marito, Karol senior, lo avevano generato, ma insieme a loro era intervenuto, direttamente, personalmente, Dio a creare, “a propria immagine somiglianza”, l’anima immortale di quel bimbo. Mistero immenso, che mai, e per nessuna ragione al mondo, Emilia avrebbe osato turbare.

 ”La gravidanza fu dolorosa. Il bambino nacque il 18 maggio, sano e robusto, ma per Emilia iniziò il calvario. Come avevano previsto i medici, quella maternità aveva portato conseguenze molto gravi per i suoi reni e per il cuore. Da allora cominciò a soffrire di fortissimi mal di schiena che le impedivano perfino di reggersi in piedi. Inoltre, veniva presa da improvvisi capogiri che le facevano perdere la conoscenza.

Doveva restare a letto per giorni e spesso veniva ricoverata all’ospedale di Cracovia, per essere assistita da medici specialisti.  Poiché le crisi erano continue,  suo marito, che era militare di carriera, dovette chiedere di andare in pensione anticipata per poter accudire lei e i figli.  La situazione andò sempre peggiorando fino al 1929, quando, nel corso di  un ennesimo ricovero,  Emilia cessò di vivere. Aveva 44 anni.

“Giovanni Paolo II, quando conobbe la storia di Gianna, pensò alla propria madre e non potè evitare di pensare a se stesso, al fatto che lui era vivo per il sacrificio di sua madre. Seguì personalmente  la causa di beatificazione della Beretta. Volle conoscere i figli della donna, il marito che era ancora vivo, la figlia Emanuela per la quale Gianna era morta.

Sentiva un forte legame con Gianna, come se fosse stata una sua seconda madre. E quando ne potè proclamare la santità, lo fece con grande gioia, convinto che con quella solenne proclamazione esaltava anche la propria madre Emilia e le numerosissime donne che, ogni giorno,  con vero eroismo,  onorano l’amore materno affrontando la morte per dare la vita ai loro figli. Sante anonime, ma grandi sante”.

Tony Assante

info@editorialegliolmi.it


     

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