L’Annunciazione…vista con gli occhi di Maria
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MARIA CI RACCONTA – III parte
“Vivevo nella mia piccola casa a Nazaret.
Nazaret era un villaggio minuscolo: nessuno lo conosceva e non aveva l’onore di essere ricordato nella Bibbia… neppure una sola volta.
Eravamo tanto poveri: le case erano formate da una grotta scavata nella roccia e da un’altra stanza delimitata da tre pareti costruite all’esterno della grotta.
Tutto qui.
A quel tempo non esistevano lussi e comodità; e c’era per tutti tanto sacrificio del mattino e della sera.
Quegli anni furono tanto belli per me. Non è vero che il sacrificio rende infelici; anzi, vi garantisco che è più facile essere contenti quando ogni giorno si paga ciò che si mangia … con il sacrificio del lavoro.
Io ero povera, ma ero felice perchè vedevo Dio nelle stelle della notte e nella luce calda del giorno; vedevo Dio nei fiori che profumano in silenzio per non infrangere il raccoglimento; vedevo Dio nelle persone semplici che incontravo sulla via: a tutti regalavo un saluto e un sorriso e mi sentivo più ricca di una regina.
I Salmi mi confortavano ricordandomi che il “poco del giusto è cosa migliore dell’abbondanza degli empi” (Sal 37,16).
E io sperimentavo la verità di queste parole.
La sera mi fermavo spesso a meditare e il mio pensiero sostava lungamente sulle promesse che Dio aveva fatto al mio popolo.
Ricordavo le parole solenni della Torah:
“Io porrò inimicizia tra te e la donna;
tra la tua discendenza
e la sua discendenza:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno” (Gen 3,15)
Mi chiedevo: chi sarà mai questa donna straordinaria?
E la discendenza della donna che schiaccerà la testa al serpente … chi sarà?
Non potevo immaginare ciò che sarebbe avvenuto: pregavo, attendevo, invocavo, mi abbandonavo fiduciosamente tra le braccia di Dio.
Una volta, leggendo una pagina del profeta Isaia, sentii che il mio cuore cominciava a battere forte forte: non capivo il perchè.
Ritornai a leggere le parole del profeta:
“Il Signore parlò ancora ad Acaz: “Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto”: Ma Acaz rispose: “Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”. Allora Isaia disse: “Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perchè ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” (Is 7, 10-14)
Qui mi fermai: mi sembrava che il cuore mi uscisse dal petto. E lentamente cominciai a ripetere: “La vergine concepirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”.
Sapevo che “Emmanuele” vuol dire: “Dio con noi”; queste parole mi apparivano meravigliose e misteriose nello stesso tempo. Chi può capire il disegno di Dio?
Chi sarà questo bambino?
E chi sarà la madre di questo figlio?
E quando si compirà la parola profetica?
Spontaneamente affiorò sulle mie labbra l’invocazione di Isaia: “Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti!”. (Is 63,19)
Riflettevo e pregavo nel silenzio e nella povertà della mia casa, quando improvvisamente vidi una grande luce e un personaggio mai visto si inchinò davanti a me.
Provai una stretta al cuore e avrei voluto gridare: “Chi sei? Da dove vieni? Che vuoi da me?”.
Ma lui mi sorrise e disse: “Gioisci, o piena di grazia! Il Signore è con te!” (Lc 1,28)
“Gioisci!”, mi aveva detto quel personaggio sconosciuto, che era entrato nella mia casa e nella mia vita. “Gioisci!”.
Subito mi venne in mente che l’invito alla gioia precede i grandi annunci messianici. Li conoscevo bene e velocemente li rivisitai nel silenzio del mio cuore.
Si stavano forse compiendo queste parole?
Era, forse, giunto il momento sognato dai profeti e da tutta la lunga storia del mio popolo?
Ricordavo le parole di Zaccaria:
“Gioisci, esulta, figlia di Sion, perchè, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te; oracolo del Signore” (Zc 2,14)
Però mi sembravano enormi, come macigni, le parole che seguivano l’invito alla gioia e, in qualche modo, mi impedivano di gioire: “O piena di grazia!”.
Chi era questa donna piena di grazia? Ero io?
Ero io!
Sentii il sangue battere forte nelle mie vene e provai un senso di smarrimento, di sproporzione, di turbamento.
Guardai il personaggio e capii che era un angelo venuto dal Cielo: venuto da Dio!
Dio aveva pensato a me! Dio aveva mandato un angelo… da me, nella mia casa dove nessun personaggio di questo mondo si sarebbe degnato di entrare!
L’angelo si accorse del mio turbamento, anzi mi lesse nel cuore e subito disse:
“Non temere, Maria, perchè hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide tuo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,30-33).
Cominciavo a capire.
La donna annunciata da Dio dopo il peccato dell’uomo… ero io! La vergine che avrebbe concepito un figlio e lo avrebbe chiamato Emmanuele ero io!
Stavo per diventare madre, anzi la madre attesa da secoli: attesa da Dio e attesa dall’umanità!
Che emozione! Che trepidazione!
Mi sentivo piccola, mi sentivo sproporzionata, mi sembrava di essere nel vortice di un’improvvisa tempesta, che muta tutto lo scenario in pochi secondi.
Però subito mi ricordai che nel segreto della mia anima avevo da tempo maturato la decisione di restare vergine, di essere tutta di Dio, di dedicare a lui la totalità del mio affetto… e aspettavo il momento per parlarne a Giuseppe.
Ma, ormai, tutto stava precipitando in modo inatteso.
Fin da fanciulla mi avevano colpito le parole di Dio riferite da Osea: “Voglio l’amore, non il sacrificio” (Os 6,6). E avevo deciso di dare il mio amore a Dio.
Avevo sussultato quando avevo letto nel rotolo di Isaia: “Tuo sposo è il tuo creatore” (Is 34,5).
E ancora:
“Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposerà il tuo Creatore;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te” (Is 62,5).
Mi ero riconosciuta in queste parole… Ma ora accadeva qualcosa che mi superava, che mi metteva in discussione, che rovesciava completamente i miei progetti.
Ebbi la forza di dire: “Come è possibile? Come si compirà questa parola che, venendo da Dio, non può mettere in crisi un’altra parola che io ho sentito che veniva da Dio? Aiutami a capire, perchè io possa dire quel sì che Dio vuole da me”.
L’angelo mi guardò come se stesse aspettando la mia obiezione e mi consegnò, come un candido fiore, la risposta che aveva già pronta da parte di Dio:
“Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (Lc 1.35)
Queste parole aprivano davanti a me orizzonti sconfinati: mi sembrava di annegare in un mare immenso e, con gli occhi, chiesi all’angelo di aiutarmi. Che cosa significava: “Lo Spirito Santo scenderà su di te?”.
Che cosa voleva dire: “Su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo?”.
L’angelo mi avvolse di luce e poi aggiunse:
“Vedi, anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio!” (Lc 1, 36-37)
Elisabetta sarà madre?
Avevo saputo che mia cugina desiderava ardentemente un bambino, ma ormai l’età era sfiorita…
Ogni sogno di maternità era caduto come le foglie in autunno.
E, invece, Elisabetta sarà madre!
Nessuna parola è impossibile a Dio!
Il mio cuore fu pieno di gioia e senza esitazione dissi:
“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola” (Lc 1,38).
In quel momento mi sembrò che gli uccellini riprendessero a cantare; mi sembrò che il cielo diventasse nitido e libero da ogni nuvola; mi sembrò che l’aria diventasse profumata come i prati di Galilea all’inizio della primavera.
Ero felice di aver detto sì a Dio e capivo che iniziava una pagina nuova nella mia vita e nella vita dell’umanità.
Mentre dicevo il mio sì, l’angelo scomparve.
Guardai attorno: la mia casa non era diventata una villa… era sempre umile e povera.
Guardai ai miei piedi: il pavimento non era diventato di marmo come i pavimenti della reggia di Erode… ma era sempre fatto di terra calpestata dai passi quotidiani delle mie fatiche.
Guardai i miei vestiti: non erano diventati di bisso o di porpora come quelli delle donne ricche, di cui avevo sentito parlare andando ad attingere l’acqua alla fontana.
Tutto era come prima.
Che cosa era cambiato?
Era cambiata la mia vita: dentro di me era entrato il cielo infinito. Nel mio grembo si era compiuto il miracolo più strepitoso di tutti i tempi: l’Eterno aveva incominciato a vivere nel tempo, l’Onnipotente si era fatto piccolo, piccolo … fino a nascondersi nelle pieghe della mia giovane carne.
Ma a chi potevo raccontare quel che mi era accaduto?
Chi mi avrebbe creduto?
Presi una decisione: vado da Elisabetta!
Vivendo l’amore, sono sicura di sentire ancora Dio: sarà Lui a prendermi per mano e a guidarmi nelle sue vie.
E mi misi subito in viaggio: e capii che, da quel momento, tutta la mia vita sarebbe stata un viaggio, un lungo viaggio”
+ S.E. Angelo Comastri
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