La vita cristiana è scendere
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Vivo e sperimento, ogni giorno, la Risurrezione di Cristo attraverso i giovani “persi” che bussano alle nostre case. Sono una donna di strada, non da tavolino, che cammina ore e ore in ginocchio, ma che poi corre con i poveri, con i ciechi, i sordi, i muti e gli storpi, come sono un po’ io… Quando stamattina ho alzato lo sguardo e ho letto: “I religiosi e la nuova evangelizzazione”, ho pensato che i religiosi “sono” la nuova evangelizzazione! lo mi sento così, e penso che anche ciascuno di voi si sente questo messaggio, questa provocazione, questa realtàdell’evangelizzazione.
Con tutta la mia povertà, i miei peccati, la mia ignoranza… se il Signore ci ha chiamati è perché si aspetta da noi una risposta particolare. In questo c’è tutta la forza, la novità, la bellezza, la creatività di un cristianesimo valido, incarnato oggi. Non riuscirei a stare con dei “drogati”, se non fossi convinta di questo. A questi giovani non puoi fare scuola di teologia o catechesi, possiamo solo essere la Parola di Dio nel quotidiano accanto a loro ventiquattro ore al giorno, diventando noi una catechesi vivente.
Non ho mai pensato di pregare per poter dire qualcosa a qualcuno, d’imparare a leggere e a studiare per poter insegnare all’altro. La carità è la mia vita, è il dono di me stessa a loro, il dono della mia gioia per un sì a Dio. Sono sempre stata una donna innamorata, appassionata: dalla scopa ai libri, dal fratello handicappato alla cappella.
Non c’è nessuna distinzione quando la vita cristiana è dentro di te. Attraverso i poveri e gli ultimi ho scoperto la sostanza della vita cristiana, che non è la fatica di salire, ma è la capacità di scendere al livello dell’ultimo. Con i poveri, per i poveri, come i poveri, in quella povertà non materiale, ma di spirito, nascosta, profonda, dentro al cuore. I giovani oggi sono un cumulo di macerie: nel pensiero, negli affetti, nei desideri spenti, nella speranza, nella gioia, nell’amore; non sanno amare, non sanno amarsi, è una nostalgia struggente questa per loro.
II povero ti educa all’amore, ti obbliga a verificarti nella preghiera, ecco perché dicevo che anche se sono stata tren-t’anni in una congregazione, nella quale stavo benissimo, ho capito che la fede è contemplare oggi il passaggio di Dio nella mia vita.
Ho sperimentato tante volte sulla mia pelle la Misericordia di Dio che è passata attraverso la mia storia, il mio peccato, ho vissuto la bellezza della libertà, del perdono, della gioia. Quante volte, mi ricordo, danzavo di gioia dopo ogni confessione, lo vedevano tutti! Ho semplicemente riproposto ai giovani che Dio mi affidava quello che ha fatto del bene a me. Credere significa vedere e permettere a Dio di fare il Padre e agli uomini di diventare solidali.
Quando parlo della Comunità, soprattutto ai “ricchi”, dico sempre che noi non abbiamo bisogno dei loro soldi, ma della loro conversione. Noi sappiamo chi siamo, perché e cosa facciamo, come diamo questo aiuto. Quando si mette in funzione la “carità” è sempre vera se diventa dono di te stesso all’altro, senza limiti. Allora sperimenti che amare vuoi dire vivere una vita che non ha più età, entrare nella vita dell’altro e lasciare entrare la vita dell’altro nella tua. Aprire le porte a Cristo è aprire le porte al fratello e alla sorella, al rischio, alla fede.
Madre Elvira Petrozzi
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