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La vera cifra della modernità (e della Legge 194)

7 Aprile 2014 | Filed under: Aborto, Famiglia
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Tante, troppe volte in questi ultimi tempi sono state dette e scritte menzogne sulla legge 194/1978 che regolamenta la cosiddetta interruzione volontaria di gravidanza; le stesse menzogne che sono stampate sull’ipocrita preambolo (art.1) della norma assassina oltreché sulla pelle delle innumerevoli vittime innocenti torturate ed uccise in nome e per conto di essa:

Articolo 1
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

Già, perché tutto si può dire tranne che la legge 194 non sia stata usata come mezzo per il controllo delle nascite, dal momento che è proprio per tale motivo che è stata introdotta. A meno che non si giunga al paradosso di affermare che la limitazione delle nascite abbia riguardato e tuttora riguardi solamente i bambini non voluti o “difettosi” e che per tale motivo “il reato non sussiste”. Logica stringente: la legge 194 consente sì di limitare le nascite, ma solo quelle previste dalla legge stessa …

Malgrado ciò, sotto la scure dell’aborto di Stato sono finiti anche i figli “buoni”, quelli che la 194 non avrebbe dovuto colpire, e Dio solo sa quanti: i test di screening del Dna fetale nel sangue materno per verificare le anomalie nel feto non sembrano funzionare, visto che sembrano essere troppi sia i falsi positivi che i negativi. «Salviamo le vite di quei bambini che erroneamente vengono considerati portatori di sindrome di Down: molte donne possono decidere di interrompere la gravidanza solo sulla base di questo test», afferma Claudio Giorlandino, ginecologo e presidente della Fondazione Altamedica per lo studio delle patologie della madre e del feto. I test in questione sono quelli che si fanno a 11 settimane, a 800-900 euro, attraverso il prelievo di sangue materno e che sono stati pensati per evitare o ridurre il ricorso a esami invasivi come amnio o villocentesi.

In realtà, tali test non offrono alcuna certezza perché si basano su una metodica che può fornire anche falsi negativi; capita spesso, infatti, che il campione prelevato per l’analisi non sia Dna fetale ma placentare e la placenta, durante le fasi della sua formazione, libera nel sangue materno una certa quantità di Dna di scarto e questo viene captato come se fosse l’espressione genetica del feto.

«Ma ho realizzato che alcune pazienti potevano essere indirizzate verso l’aborto senza neanche cercare una verifica attraverso test diagnostici», continua lo specialista, il quale tende a precisare che «se a me, su 8 donne giunte casualmente, il 75% circa aveva un risultato errato, immagino quante altre volte questo sia avvenuto in Italia» (salute.ilmessaggero.it, 31 marzo 2014).

Dunque, nella trappola infernale dell’aborto libero, legale e gratuito tutti possono rimanere impigliati, nessuno escluso; tant’è che pare senz’altro rispondente al vero la constatazione che il posto meno sicuro al mondo è il grembo materno. Già, perché la legge 194, al di là delle ipocrite affermazioni di principio contenute nel preambolo, è stata pensata per mettere a disposizione della donna e degli operatori sanitari l’intero l’armamentario di guerra, non per tutelare alcuno o alcunché. Infatti, tra le condizioni stabilite dalla legge affinché si possa accedere alla cosiddetta interruzione volontaria di gravidanza vi è anche la sola previsione di anomalie o malformazioni del concepito (art. 4).

Eppure, la denuncia della scarsa attendibilità di tali test di screening non mira a far riflettere sull’intrinseca malvagità dell’aborto volontario, piuttosto a spingere affinché i mezzi diagnostici siano sempre più precisi e le probabilità di errore ridotte al minimo. La contrapposizione di hitleriana memoria tra vite degne e indegne di essere vissute è la orribile cifra della modernità e, piaccia oppure no, anche della legge 194/1978.

 Alfredo De Matteo

 


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sia profondamente contemplativa,
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nella gioia e nella sofferenza
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