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La Sapienza ospitale

5 Ottobre 2015 | Filed under: Clero, UAC
     

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Ministri Ordinati 8

La vita di un ministro ordinato è profondamente segnata dall’Eucaristia. Anche nel linguaggio la nostra gente è abituata a chiamare l’Ordina­zione un “Prender Messa”. Per una volta, perciò, penso sia opportuno dedicare l’editoriale di UACNotizie alla celebrazione eucaristica che ritma, segna e definisce la nostra vita. E lo faccio partendo da un bel brano tratto dal libro dei Proverbi 9,1-6, sapendo bene che ci sono brani scritturistici, so­prattutto neotestamentari, che ci permetterebbero di dire cose molto belle su questo tema. Questo il brano:

La Sapienza si è costruita la casa,/ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino/e ha imbandito la tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare /sui punti più alti della città: «Chi è inesperto accorra qui!». I A chi è privo di senno essa dice: «Venite, mangiate il mio pane,/bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate la stoltezza e vivrete,/andate diritti per la via dell’intelligenza».

A leggere queste parole si avverte subito la sensazione di un “trovarsi a casa”. La consistenza di una casa si vede proprio nel momento in cui è preparata una mensa e tutti i membri della famiglia sono intorno ad essa per condividere familiarmente il pasto. Una delle povertà che i tempi attuali provocano nella vita di tante famiglie è costituita proprio dal fatto che non si mangia quasi più in casa, tutti assieme. Potremmo dire allora che dove c’è una mensa c’è una casa. Quelle parole: “Venite, mangiate il mio pane, e bevete il vino che io ho preparato” ci fanno pensare al cenacolo e alle parole pronunciate da Gesù durante la santa cena. Il capitolo 9 conclude la prima sezione del libro dei proverbi. Qui troviamo una serie di brevi “massime” attraverso le quali un padre offre al figlio vari insegnamenti a proposito delle virtù da acquistare, dei difetti da evitare, del comportamento da assumere e dei rapporti umani da coltivare. Queste espressioni che si riferiscono a una tavola imbandita, a un invito rivolto a tutti, ma so­prattutto a chi è inesperto, a chi è privo di senno, sui muri più alti della città, questo pasto costituito essenzialmente di pane e vino, ci orientano naturalmente all’Eucaristia.

E così ci chiediamo: Come non pensare che Gesù, mentre celebrava la Cena della pasqua ebraica, avesse in mente anche il banchetto della sapienza come immagine anticipatrice del mistero che stava per cele­brare e per vivere? Particolarmente interessante nel nostro brano è il riferimento alla vita reale, concreto: Un pasto che nutre e che perciò è la condizione necessaria perché la vita acquisti una sua propria qualità, “nuova”, “migliore”, plasmata da una nuova sapienza.

Tutto questo è espresso da due immagini particolarmente efficaci nel­la loro semplicità:

  1. Abbandonate la stoltezza;
  2. Andate dritti per la via dell’intelligenza Innanzitutto “abbandonate la stoltezza”, interessante questa equipa­razione: Male, peccato uguale stoltezza. E in secondo luogo, “Andate per le vie dell’intelligenza”, il che vuoi dire che la via del bene, dell’osservanza della sua Parola non è soltanto un atto religioso di obbedienza a Dio, ma è anche un atto d’intelligenza, che – per dirla con una espressione del linguaggio parlato – “ci conviene” perché è a nostro favore. Bisogna fuggire il male non solo e non tanto perché infrangendo delle regole si offende Dio, ma perché il male “fa male”, sciupa la vita, sfigura l’immagi­ne che Dio ha impresso nell’uomo. Oltre che essere offesa a Dio, il male è offesa all’uomo, all’umanità tutta.

Mangiare in maniera indegna o superficiale il pane che il Signore ci offre non è solo mancanza di attenzione a tutto ciò che Lui ha fatto e fa per noi, ma è anche un atto di stoltezza, perché ci si fa male con le no­stre stesse mani, ci si priva del nutrimento necessario, indispensabile per compiere la volontà del Padre.

Ma poi viene spontaneo domandarci: Come mai noi prepariamo, di­sii Miniamo r mangiamo tutti i giorni questo cibo preparato per noi e per i nostri fedeli spesso abbiamo la sensazione che non cambia niente, il no­stro comportamento è sempre lo stesso, i difetti contro cui combattiamo (Ma è proprio vero poi che combattiamo??) sono sempre gli stessi se non addirittura si aggravano?

Evidentemente tutto si riduce a semplici atti di culto sganciati dalla vita. Momenti che talvolta ci gratificano sul piano estetico: (Che bella messa, che bei canti…che bella casula, perfino…che bella omelia!) ma che restano momenti assolutamente e solamente “formali”, senza alcuna in­cidenza nella vita. E questo noi Ministri ordinati, proprio non possiamo permettercelo!»

Don Luigi Mansi

Presidente Nazionale UAC


     

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Fa' che la nostra vita,
sia profondamente contemplativa,
intensamente eucaristica
e vibrante di gioia.
Aiutaci a rimanere insieme
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specialmente nelle loro difficoltà.
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come il suo e possa aiutarci
a compiere i nostri doveri familiari
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e possiamo perdonarci le offese
come Dio perdona le nostre.
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