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La questione ebraica: gli intellettuali, i cattolici, i protestanti, gli ebrei

2 Aprile 2017 | Filed under: Società
     

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In estrema sintesi, nella Germania del primo dopoguerra, prima che il nazismo razzista vada al potere, si possono distinguere, quanto alla “questione ebraica”, tre visioni:

1) l’avversione contro ebrei e cattolici di molti intellettuali tedeschi che si richiamano alle considerazioni sopra citate di Hegel, Fichte, Schopenauer,

Feuerbach, Marx, Nietzsche… Per tutti costoro ebrei e cattolici sono, più o meno, sullo stesso piano. L’odio di Hitler e Rosenberg contro ebrei e cattolici, “contro Giuda e contro Roma”, si abbevera anche a questo passato, oltre che, ancora maggiormente, alle varie ideologie di moda, nazionalismo e pseudoscienze positiviste (frenologia, craniometria…) in primis;

2) l’ostilità verso ebrei e cattolici professata dai paladini di Lutero, elogiato ed esaltato da molti degli autori citati1, come pure da Hitler stesso2, sia come colui che ha tagliato il cordone ombelicale della Germania da Roma, dal latino e dall’universalismo cattolico, dando il via alla rinascita nazionale tedesca3, sia come l’avversario implacabile non solo della Chiesa di Roma (l’ “Anticristo” per eccellenza), ma anche degli ebrei, e per questo vero iniziatore di una battaglia razziale, che va continuata, tra nordici e semiti4;

3) l’esistenza di un confronto secolare tra ebrei e cattolici, duro e polemico, mai fondato, però, su motivazioni razziali, e per ciò stesso assolutamente altro rispetto alle due visioni precedenti e all’antisemitismo propriamente detto5.

Da: Filosofia, religione e poliotica in Albert Einstein, ESD

1 Tralasciando i noti elogi a Lutero di Hegel e Fichte, si può ricordare che un altro dei padri del razzismo, H.S. Chamberlain, l’amico del kaiser Guglielmo, definisce Lutero “l’uomo più grande della storia universale” (R. Cecil, cit., p. 99). Del tutto analogo il pensiero su Lutero di Rosenberg: il suo merito fu quello di aver “distrutto una concezione straniera del sacerdozio, e poi di aver germanizzato il cristianesimo” e di aver preparato il terreno per il nazionalismo (Emilio Gentile, Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi, Feltrinelli, Milano, 2010, p. 250). T. Ryback ricorda che Dietrich Eckart è l’ iniziatore di Hitler all’antisemitismo. Egli scrive un dialogo, non si sa quanto vero, ma certo indicativo, intitolato Il bolscevismo da Mosè a Lenin: un dialogo tra me e Hitler, in cui i bersagli sono appunto gli ebrei, come creatori del comunismo, e la Chiesa cattolica accusata di mille infamie. Il maestro è Lutero: “ci sollecita -scrive Eckart- nel dialogo, a dare fuoco alle sinagoghe e alle scuole ebraiche e ad ammassare terra su ciò che rimane…” (cit., p. 41). Si aggiunga che per Eckart, Fichte, Schopenauer e Nietzsche sono il triumvirato del nazismo (p. 105). Si deve a Donatella Di Cesare, docente di filosofia alla Sapienza di Roma, una delle rare analisi in cui viene rintracciato un filo rosso tra il Führer e Lutero, Kant, Hegel, Fichte, Nietzsche (che pure si definisce come “anti antisemita”), e Heidegger, tutti accomunati, quantomeno, dall’idea per cui “l’ebreo è un ingannatore, un mentitore” (Donatella Di Cesare, Heidegger e gli ebrei. I Quaderni neri, Bollati Boringhieri, 2014).

2 Nelle sue Conversazioni a tavola troviamo espresso il pensiero di Hitler su Lutero ad esempio la notte tra il 21 e il 22 luglio 1941: “Ma Lutero ha avuto il merito di insorgere contro il Papato e contro l’organizzazione della Chiesa. E’ stata quella la prima delle grandi rivoluzioni. E grazie alla sua traduzione della Bibbia Lutero ha sostituito ai nostri dialetti la lingua tedesca. E’ interessante constatare le similitudini tra l’evoluzione della Germania e quella dell’Italia. I creatori della lingua, Lutero e Dante, insorsero contro la volontà ecumenica del papato. Ognuna delle due nazioni fu condotta all’unità contro gli interessi dinastici, da un uomo. Esse hanno realizzato la loro unità contro la volontà del papa” (cit., p. 47). La sera del 7 aprile: “Perciò non si rimpiangerà mai abbastanza che ad una personalità della potenza di Lutero non siano succeduti che pallidi epigoni. Altrimenti non sarebbe stato possibile, in Germania, ristabilire la Chiesa cattolica su basi così salde da permetterle di sussistere sino ai nostri giorni”. (cit., p. 381). Il 13 dicembre 1941 Hitler spiega ai suoi interlocutori che la Chiesa si impiccia “delle faccende temporali”, mentre è lo Stato (che) deve restare padrone assoluto”. Per questo, aggiunge, “contro una chiesa che si identifica con lo Stato, come in Inghilterra, non ho niente da dire” (cit., p. 159).

3“Per tutto il XIX e sino al XX secolo inoltrato, Lutero viene esaltato come il grande liberatore dello spirito tedesco dalla servitù cattolica romana” (George Mosse, Il razzismo in Europa, Laterza, Roma-Bari, 2010, p. 144).

4 Nel 1534 Lutero pubblica un opuscolo antisemita Degli ebrei e delle loro menzogne (Einaudi, Torino 2000), molto rivalutato in età nazista. In esso si legge: “Esseri tanto disperati, cattivi, velenosi e diabolici fino al midollo sono questi ebrei, i quali in questi millequattrocento anni sono stati la nostra piaga, pestilenza, e ogni sventura, e continuano ad esserlo”; essi sono “velenose, aspre, vendicative, perfide serpi, assassini e figli del demonio, che pungono e nocciono in segreto, non potendolo fare apertamente”. Occorre, contro di loro, un’ “aspra misericordia”: “In primo luogo bisogna dare fuoco alle loro sinagoghe o scuole; e ciò che non vuole bruciare deve essere ricoperto di terra e sepolto, in modo che nessuno possa mai più vederne un sasso o un resto”. In secondo luogo “bisogna allo stesso modo distruggere e smantellare anche le loro case, perché essi vi praticano le stesse cose che fanno nelle loro sinagoghe. Perciò li si metta sotto una tettoia o una stalla, come gli zingari”. In terzo luogo “bisogna portare via a loro tutti i libri di preghiere e i testi talmudici nei quali vengono insegnate siffatte idolatrie, menzogne, maledizioni e bestemmie”. In quarto luogo “bisogna proibire ai loro rabbini – pena la morte – di continuare a insegnare”. In quinto luogo “bisogna abolire completamente per gli ebrei il salvacondotto per le strade, perché essi non hanno niente da fare in campagna, visto che non sono né signori, né funzionari, né mercanti, o simili. Essi devono rimanere a casa”. In sesto luogo “bisogna proibire loro l’usura, confiscare tutto ciò che possiedono in contante e in gioielli d’argento e d’oro, e tenerlo da parte in custodia”. In settimo luogo “a ebrei ed ebree giovani e forti, si diano in mano trebbia, ascia, zappa, vanga, conocchia, fuso, in modo che si guadagnino il loro pane col sudore della fronte”. Ancora: “Fate sì che non abbiano alcuna protezione né difesa, alcun salvacondotto, né vita in comune con noi”, e siano cacciati dal paese: “Io penso questo: se noi vogliamo rimanere immuni dall’empietà degli ebrei e non esserne partecipi, allora dobbiamo separarci e loro devono essere cacciati dalla nostra terra, che si ricordino della loro patria”; cacciati come “cani rabbiosi”. “Io” scrive Lutero “ho fatto il mio dovere: qualcun altro, ora, veda di fare il suo! Io non ho colpa”.

5Sulla differenza tra l’antisemitismo di Lutero e l’antigiudaismo cattolico (del tutto analogo all’anticattolicesimo ebraico), si veda Marco Marsilio, Razzismo, un’origine illuminista, Vallecchi, Firenze, 2006, pp. 75-76. Si consideri soprattutto il fatto che per la teologia cattolica “gli Ebrei erano i testimoni tangibili della Verità della Fede”: ciò significa che per i cattolici gli Ebrei – non come popolo, ma in quanto e se increduli-, non riconoscono il loro Messia, l’ebreo Cristo, e lo hanno sostituito con il denaro, l’ideologia politica, l’ateismo di fatto, l’auto-divinizzazione del popolo “eletto”… Ma questo non esclude, per la Chiesa, il fatto che Dio li abbia scelti per primi per la Rivelazione biblica e che continui a considerali “suo” popolo. Per questo l’accusa da parte della Chiesa verso gli ebrei può talora, solo apparentemente, coincidere sia con quella di alcuni intellettuali ebrei sia con quella di alcuni antisemiti che mettono in luce il potere di alcuni ebrei nel campo degli affari, o il loro forte coinvolgimento nella nascita e nell’ascesa del comunismo. Ma la differenza rimane enorme: per i cattolici gli ebrei non sono colpevoli per motivi razziali, ma ideali; non sono accusati di essere fedeli al Vecchio Testamento, ma di non aver riconosciuto il compimento del Vecchio Testamento, cioè il Nuovo, il Vangelo. In quanto però popolo scelto da Dio, che non dimentica la sua elezione, e destinati a riconoscerlo prima o poi, e alla fine dei tempi, gli ebrei sono, per la Chiesa, da difendere nell’ “intangibilità della propria vita”. A riprova di ciò il fatto che l’Italia, “patria” principale, se così si può dire, della Chiesa cattolica, non conosce il fenomeno dell’antisemitismo, se non attraverso il tentativo di importarlo, da parte di Mussolini, nel 1938, per emulare Hitler, o, secondo altri, per obbedirgli. Si è già visto, a tal proposito, il giudizio di Einstein, nel 1901: in Italia “non c’è antisemitismo, che nei paesi di lingua tedesca è sgradevole ed è un vero intoppo” (vedi nota 2). Scrive la filosofa ebrea Anna Harendt, nel suo celebre La banalità del male, che “l’Italia era uno dei pochi paesi d’Europa dove ogni misura antisemita era decisamente impopolare”; George Mosse ricorda che l’Italia è, quanto a razzismo, “un’area di ristagno” (G. L. Mosse, Razzismo, in Enciclopedia del Novecento, vol. V., p.1057); mentre Renzo De Felice, nella suaStoria degli ebrei italiani sotto il fascismo (Einaudi, Torino, 2006, pp. VII-X) nota che “il cattolicesimo e il nazionalismo umanistico di Mazzini” sono un “potente argine” al diffondersi del razzismo in Italia e che “gli sforzi mussoliniani per dare una ‘coscienza razziale’ agli italiani fallirono miseramente”. Quando i tedeschi occuperanno l’Italia, dopo l’8 settembre 1943, moltissimi ebrei troveranno rifugio nelle case, nei conventi, nei seminari, e si salveranno. Anche il padre del sionismo, Theodor Herzl collega l’antisemitismo, più che all’eredità religiosa medievale, ad un fatto più recente: l’emancipazione ebraica, e il successo di molti ebrei nel campo degli affari e della politica, sicché “così nel campo capitalistico, come nel socialista, siamo i più esposti” (R. Calimani, Destini e avventure dell’intellettuale ebreo, cit., p. 130). Si ricordi infine che accanto alla polemica antigiudaica degli ambienti cristiani, esiste una polemica anticristiana degli ambienti ebraici, operante in tutto l’Ottocento: “per quanto riguarda in particolare la Germania, negli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento vediamo la pubblicistica e la stampa ebraica lanciare ‘con grande zelo e spesso con spirito aggressivo e provocatorio’ una campagna il cui bersaglio è ‘il monoteismo impuro e inconsistente’ del cristianesimo”, che viene deriso soprattutto riguardo alla figura di Cristo e della Madonna (Domenico Losurdo, Nietzsche, il ribelle aristocratico, Bollati Boringhieri, Torino, 2002, pp. 592-596). Questa polemica anticristiana in ambito ebraico avrà sotto il nazismo effetti paradossali: per esempio il plauso di ebrei ortodossi alle leggi razziali di Norimberga, cui si riconoscerà il “merito” di impedire i matrimoni misti degli ebrei con i “cristiani”; oppure la condizione dei “mistisangue”, cioè di coloro che hanno nelle vene sia sangue ebraico che sangue tedesco: saranno respinti sia dai nazisti, come frutto di contaminazione razziale, sia, talora, dagli ebrei praticanti, che li accuseranno di “aver infranto il patto sacro di non sposarsi al di fuori della comunità ebraica” (Bryan Mark Rigg, I soldati ebrei di Hitler, Newton, Roma, 2004, p. 49-50).

Francesco Agnoli LP

     

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