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La preghiera per ottenere il perdono

12 Marzo 2015 | Filed under: Catechesi Liturgica
     

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La preghiera per ottenere il perdono nasce da un cuore umile e contrito che, nella luce di Dio, guarda al proprio peccato. I peccati si vedono sempre nella luce di Dio perché senza di essa, non si vedrebbero nella loro gravità. Man mano che andrai avanti nel tuo cammino spirituale, ti verrà spontaneo chiedere di nuovo  perdono per le colpe già confessate e assolte. 

Anche ai santi accadeva, perché più l’anima è avvolta dalla luce della grazia e più è consapevole degli sbandamenti della vita passata. Vedendo da una parte il carico dei peccati e dall’altra la croce che li lava, ti verrà spontaneo gridare a Dio perché venga in tuo aiuto e rinnovi la tua vita. La Sacra Scrittura, in particolare i Salmi e i Vangeli, saranno per te una fonte inesauribile dalla quale attingere i sentimenti e le preghiere che sgorgano dai cuori toccati dalla grazia del pentimento. Sono spesso brevi invocazioni, come quella del pubblicano della parabola, che sta in fondo al tempio, non osa alzare gli occhi e si batte il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore” (Lc 18,13). 

Lascia che queste preghiere salgano dal cuore durante la lunga e impervia navigazione della vita, perché saranno esse a salvarti. Non temere di gridare a Dio di perdonarti, perché è questa la chiave che apre le porte del paradiso.

L’uomo che si mette in ginocchio davanti a Dio si colloca nella luce della verità. Si riconosce creatura, che l’Onnipotente ha tratto dal nulla e dal quale dipende. Si colloca così nella giusta situazione esistenziale perché l’invocazione di perdono sia ascoltata. Dio infatti “resiste ai superbi e fa grazia agli umili” (1 Pt 5,5).

Ogni volta che ti metti in ginocchio, col corpo ma soprattutto col cuore,  poni le premesse per essere ricolmato di grazie. La luce che ti ha investito ti ha aperto gli occhi e ti ha mostrato il cumulo dei tuoi peccati. Non avresti mai immaginato di essere caduto così in basso.  L’accecamento del peccato ti impediva di vedere. Ora l’occhio, reso limpido dall’umiltà, ti fa scorgere anche le colpe più sottili e le malizie più nascoste. Ti rendi conto che la devastazione dell’anima è una sventura più grave delle peggiori malattie del corpo.

 Comprendi che cosa significhi  l’enigmatica espressione di “peccato mortale”, che avevi imparato da piccolo al catechismo. Stai facendo l’esperienza di che cosa sia la morte dell’anima perché, nonostante la grazia della conversione che sta operando, ti senti paralizzato e incapace di uscire dalla plaude nella quale annaspi. Hai preso coscienza della gravità della tua situazione, ma non sai come apportarvi rimedio. Sei come uno che, dopo una caduta rovinosa, vorrebbe rialzarsi e riprendere il cammino, ma sente che le gambe spezzate non rispondono alla sua volontà.

Che fare? Caro amico, fai ciò che hanno fatto innumerevoli anime nei primi passi della loro conversione. Incomincia a pregare. Lancia verso il Cielo il tuo grido di aiuto. Chiama Dio in tuo soccorso. Fallo con le tue parole, quelle che ti uscirebbero spontanee dalla bocca se stessi per annegare e non trovassi un appiglio al quale afferrarti. Grida a squarciagola, senza rispetto umano. L’urlo della creatura che chiama in suo soccorso il Creatore è forse la preghiera più antica, che rimbomba fin dagli albori della storia e il cui eco non si spegnerà mai. La Sacra Scrittura trabocca di queste invocazioni che escono dai cuori straziati degli esuli figli di Eva. “O Dio vieni a Salvarmi”, “Signore vieni presto in mio aiuto” è la supplica quotidiana  della Chiesa in preghiera. “Signore salvaci!” è il grido che attraversa i Salmi. Anche gli apostoli, che temono di affondare da un momento all’altro, lo fanno proprio: “Signore salvaci, siamo perduti”. 

Come vedi, c’è una preghiera che nasce spontaneamente dalla vita e che non ha bisogno di apprendistato. Anche tu, nella tua infermità, non esitare a gridare al Cielo. Mostra al Creatore il male che ti affligge, l’angoscia che ti opprime, il peso che ti schiaccia. Grida come un bambino che nel pericolo chiama la madre. Invocalo senza covare risentimenti, perché non Dio ma tu stesso sei la causa del tuo male.
“Dal profondo a te grido, o Signore, Signore ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica” (Sal 130). Forse, caro amico, ti chiedi perché sia necessario gridare a Dio. La ragione ormai ti è chiara davanti agli occhi. Da solo non ce la faresti mai. Sei spiritualmente morto. Se la grazia non fosse venuta a visitarti, non ti saresti neppure accorto che l’abisso senza ritorno ti stava inghiottendo. La morte spirituale e quella fisica sono in uno stretto rapporto di causa ed effetto. “Per invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono” (Sap 2,24). Chi può liberare l’uomo dal peccato e dalla morte? L’umanità ci ha tentato più volte, ma con quali risultati? La catena delle illusioni e delle delusioni è senza fine. L’uomo non può salvare se stesso, dal male, dall’infelicità e dalla morte. Per questo Dio è venuto a visitarci, scendendo negli inferi della condizione umana e condividendo la nostra vita in tutto eccetto il peccato. Infatti ha portato sulle sue spalle il fardello del male commesso dall’umanità, per espiarlo e bruciarlo nel fuoco del suo amore.

Sappi che nessun uomo ti potrebbe liberare dal male che ti affligge e che porta alla rovina la tua vita. Nessuno, eccetto Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo. O gridi a Lui, o la tua voce rimarrà senza risposta. E’ lui infatti che è venuto a cercarti, che ha bussato alla porta del tuo cuore e che ti ha chiesto di entrare. E’ lui che ti ha investito con la sua luce e che ti ha avvolto col suo amore. A che cosa ti dovresti aggrappare se non alla sua mano? E’ l’unico che ha non solo il desiderio ma anche la possibilità di aiutarti. Chi dei tuoi amici e conoscenti è venuto in tuo soccorso nelle tue disavventure? I migliori hanno fatto uno sforzo per ascoltarti e per capirti. Non ti hanno negato la comprensione e la parola di incoraggiamento. Ma poi sei rimasto solo con te stesso e con il tuo peso soffocante sulle spalle. L’uomo non riesce a rimuovere il male che lo assedia implacabile, corrodendolo nell’anima e nel corpo. Caro amico, non c’è forza umana che possa far fronte al potere delle tenebre. O chiami Dio in tuo soccorso o sei perduto. Se hai l’umiltà di rivolgerti al tuo Salvatore, la barchetta vacillante della tua vita verrà portata al sicuro.

Dio aspetta che tu lo invochi. E’ pronto ad aprire l’orecchio al tuo grido d’aiuto. Egli da sempre ti segue e attende con pazienza questo momento.  Dio è l’unico al quale tu stai veramente a cuore. Conosci qualcun altro? Ed è l’unico che ti vuole e che ti può aiutare. Sei un naufrago, come lo sono tutti gli uomini. O gridi a Dio o affoghi. Il problema della salvezza ora ti è chiaro. Si salvano tutti coloro che  hanno l’umiltà di inginocchiarsi e di elevare la loro voce verso il Cielo.

Padre Livio


     

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