La preghiera penitenziale
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La penitenza umile e sincera è il segreto della nostra riabilitazione e, fatta in unione con Gesù Cristo, è il mezzo più efficace per ottenere veramente le grazie divine. A che vale la preghiera se l’anima rimane ancora nella miseria delle sue colpe?
I castighi di Dio sono un richiamo alla nostra coscienza, precisamente per farci emendare dalle colpe; pregare per essere liberati dal castigo, senza emendarsi e senza far penitenza è lo stesso che volere la continuazione del castigo. È logico, anche tu, se bussi alla porta e ti si risponde di dentro, ma non ti si apre, torni a bussare, perché lo scopo tuo nel picchiare è quello di entrare.
Un’anima tribolata innanzi tutto deve fare penitenza ed emendarsi anche dei più piccoli difetti per togliere così la causa della sua tribolazione; deve aprire le porte del cuore perché Dio entri e rinnovarsi spiritualmente perché Egli non la percuota più.
Sarebbe stolto lamentarci dell’inondazione dell’acqua, senza pensare che abbiamo noi lasciato aperto il rubinetto e ostruito il discarico: l’acqua non cessa d’inondare la stanza se non si chiude il rubinetto e non si lascia libero il discarico.
Le grazie pioverebbero sulla nostra vita se ad esse lasciassimo libero il varco, invece noi ne ostruiamo il passaggio; imploriamo la luce tenendo le imposte chiuse, e pretendiamo che le grazie penetrino in una vita chiusa alla grazia o piena di miserie e di detriti.
Questa è la vera ragione per la quale non siamo ascoltati, e per la quale certe grazie si fanno attendere; se vuoi raccogliere il frumento nel tuo granaio, non lo riempire di rifiuti, liberalo, ripuliscilo, rendilo vuoto, ed il grano lo riempirà.
È necessario togliere dalla propria vita le cattive abitudini, i vizi e le miserie spirituali, ed è indispensabile esercitarsi in atti contrari ai vizi che ci hanno attirato il flagello, e menare una vita santa.
don Dolindo
La preghiera
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