La natura missionaria del presbiterato
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Si potrebbe supporre che il guadagno conciliare di una visione missionaria del presbiterato, una volta agganciato alla visione missionaria dell’episcopato, sia il risultato di un cammino pacifico e lineare. È stato invece faticoso e pieno di ostacoli. In concilio, infatti, si sono misurate due teologie: da una parte quella tradizionale-cultuale, sostenuta particolarmente dai vescovi dei paesi di antica cristianità, e dall’altra, portata a Roma in particolare dai vescovi dei paesi di nuova cristianità, la concezione missionaria del ministero, che proponeva di partire dal presbitero e dal vescovo come inviati ad evangelizzare prima che a celebrare i sacramenti. L’esito globale è PO2, che rappresenta senz’altro il paragrafo teologico più importante del decreto.
Rispetto al testo di LG 28, da cui dipende strettamente, PO 2 presenta una vistosa differenza: preferisce sdoppiare la sequenza Padre-Cristo-apostoli-vescovi-altri ministri in due sequenze: Padre-Cristo-Chiesa/ sacerdozio comune e Padre-Cristo-apostoli-vescovi-presbiteri. Il motivo dello sdoppiamento sta nell’intenzione di far emergere con più chiarezza, rispetto a LG, che la santificazione-missione è realtà che riguarda utta la Chiesa, prima ancora che i suoi ministri, e che la ministerialità i questi è al servizio di quella. Ecco perché proprio in concilio nasce a questione del contenuto della missione presbiterale: se il presbitero è “missionario”, il suo ministero non è certamente racchiuso nella olà dimensione del culto, ma deve comprendere anche la predicazione la guida pastorale. L’allargamento di orizzonti avvenne trasferendo al econdo grado dell’Ordine quanto era stato detto per l’episcopato. “E’ luanto emerge chiaramente dalla Commissione redattrice del decreto: ispondendo ad alcuni padri che chiedevano l’inserimento nel testo della lefinizione scolastica di “sacerdozio” (ordinato all’eucaristia), i redatto-i rispondono: “siccome nella mente di questo concilio e secondo le ichieste di molti padri è necessario che il sacerdozio dei presbiteri sia onnesso con quello dei vescovi, che è dichiarato culmine e pienezza del acerdozio, il sacerdozio dei presbiteri in questo schema viene neces-ariamente considerato sotto l’aspetto non di un munus, ma di tria minerà e così collegato agli apostoli ed alla loro missione”.
Già abbozzato in LG 28, questo passaggio è stato portato a compi-nento in PO 4-6, utilizzando lo schema dei tria munera, che ha sostituito quello delle due potestates…. Dal modello binario si passò a quello ternario, stabilendo che il contenuto della missione presbiterale consiste nel triplice ministero: proclamazione autorevole della Parola, presidenza della liturgia, guida pastorale del popolo di Dio. Anche per il ministero, quindi, non più Ordine e giurisdizione come due fonti del ministero, bensì Ordine come unica fonte, dalla quale deriva il ministero nelle sue tre articolazioni, regolate dalla giurisdizione. La Commissione redattrice di PO è arrivata ad affermare come la teoria del triplex munus, sebbene non sia “definita” dal concilio, “de facto sit doc-trina Vaticani II”6: “I presbiteri (…) in virtù del sacramento dell’Ordine (vi sacramenti Ordinis), a immagine di Cristo, sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti del Nuovo Testamento” (PO 4-6). “La riconduzione di tutti e tre gli uffici all’Ordine esigeva una ridefinizione del loro rapporto: in che relazione stanno i tre compiti? E qual è il più importante? E’ il terzo passo che il concilio compie nella rilettura missionaria del presbiterato”.
In LG 28 l’esposizione dei tre uffici segue l’ordine già adottato per i vescovi in LG 25-27: il ministero della Parola al primo posto, conformemente alla prospettiva missionaria adottata dal concilio; il ministero eucaristico come il culmine; il ministero della guida pastorale nella subordinazione con quello del vescovo. In merito alla gerarchla dei tria munera, il testo finale del decreto presenta, rispetto a LG, due ulteriori e importanti acquisizioni. La prima: ogni munus gode di una priorità, ma in ambiti diversi. (…) Si intuisce così la seconda acquisizione, che è il vero apporto di PO sul tema dei munera del presbitero: essi non rappresentano tre compiti affiancati, ma tre aspetti dello stesso ministero, tanto che parlare di uno è già implicitamente parlare degli altri due”.
don Stefano Rosati
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