La messa: Pasqua della settimana
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«Otto giorni dopo, i discepoli erano di nuovo lì… Gesù venne e si fermò in mezzo a loro » (Gv 20,26).
Cari amici lettori, siamo già in questa nuova quaresima 2015, che a piccoli passi ci condurrà alla Pasqua, centro, cuore e fonte di tutta la vita della Chiesa e della spiritualità cristiana. Infatti è dalla tomba vuota, segno della risurrezione di Cristo, che prenda l’avvio il nuovo culto del Nuovo Testamento, che noi oggi chiamiamo “Messa”. Se togliamo il Cristo risorto dal nostro orizzonte di vita, di pensiero e di fede tutta la Chiesa crolla, niente ha più significato, come dice san Paolo: “Se Cristo non è risuscitato … è vana la vostra fede” (1Cor 15,14). Ad un convegno in Vaticano del dicembre 2005 è stato detto che la domenica è “fondamento” dell’anno liturgico, suo “nucleo primordiale”: attingendo la sua origine dalla risurrezione, questo giorno diventa «un frammento di tempo pervaso di eternità, perché la sua alba ha visto il Crocifisso risuscitato entrare vittorioso nella vita eterna» (Benedetto XVI).
Continuava papa Benedetto nel contesto del convegno affermando che «per i primi cristiani la partecipazione alle celebrazioni domenicali costituiva la naturale espressione della loro appartenenza a Cristo e della comunione al suo corpo mistico, nella gioiosa attesa del suo ritorno glorioso. Tale appartenenza si manifestò in maniera eroica nella vicenda dei martiri di Abitene, i quali affrontarono la morte esclamando: Sine dominico non possumus, cioè senza riunirci insieme la domenica per celebrare l’eucaristia non possiamo vivere». Da ciò noi ne deduciamo che la messa “non è sostituibile”.
La Chiesa universale, la Chiesa locale, le singole comunità con i loro pastori in questi ultimi decenni abbiamo affrontato più volte tale tema in tanti modi, proprio perché ci si rende conto che è il valore fondamentale della nostra fede e qualunque azione pastorale deve e dovrà sempre partire dalla Eucaristia e giungere all’Eucaristia
Ed oggi va evidenziata ancor di più la “sacralità” del giorno del Signore, perché «il contesto culturale in cui viviamo, segnato spesso dall’indifferenza religiosa e dal secolarismo che offusca l’orizzonte del trascendente, non deve far dimenticare che il popolo di Dio, nato dall’evento pasquale, ad esso deve ritornare come ad una inesauribile sorgente, per comprendere sempre meglio i tratti della propria identità e le ragioni della propria esistenza» (Benedetto XVI).
Quindi per noi cristiani andare a messa è la parte centrale della nostra identità di cristiani, ma è solo la metà della vita di fede. Noi andiamo a messa per essere “inviati”, ci raduniamo attorno all’altare per essere in grado di andare poi verso quanti stanno fuori dalla comunità. Cioè il nostro agire cristiano, per essere vera carità di Cristo, deve scaturire dall’Eucaristia celebrata, che è incontro con Cristo, altrimenti, come spesso ripete papa Francesco, la Chiesa risulterà essere una delle tante organizzazioni umanitarie che fanno del bene, ma senza speranza, senza prospettiva eterna, trascendente.
La messa, nasce dalla pasqua del Signore, però, attenti, non dal Signore che risorge ma dal Signore risorto che viene incontrato, che si fa vedere: «Ottogiorni dopo, i discepoli erano di nuovo lì… Gesù venne, si fermò in mezzoa loro e li salutò» (Gv 20,26). Ed essi si ricordarono di ciò che in vita Gesù aveva detto loro in varie circostanze, ad esempio: «Dove sono due o tre riuniti nel mio Nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20); «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me» (Lc 22,20); «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo»: (Mt 28,20). Quindi la Messa è l’assemblea dei discepoli con il Risorto che è Gesù. Ma l’iniziativa di convocare viene sempre da Dio stesso, sia nell’A.T. che nel N.T. Mai è l’uomo che vuole raggiungere Dio, ma è sempre vero il contrario. Recita il documento del Concilio sulla liturgia: «Nella liturgiaDio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il suo Vangelo» (SC 33).
Forse oggi qualcuno può trovare la Messa noiosa, ma è un problema suo, non della Messa, il suo valore non dipende dal grado di soddisfazione con cui le facciamo. La noia è un nostro problema, come dicono i sociologi, perché siamo ormai abituati ad avere tutto, a fare esperienze mordi e fuggi, a fare zapping con il telecomando. Grazie a Dio, il valore di una persona o di un evento non dipende dal fatto che possano “annoiare” o meno, qualche volta. La gente e gli avvenimenti importanti non esistono per emozionarci.
Ed in quel convegno di cui sopra, papa Benedetto XVI si è soffermato sulla “centralità dell’eucaristia” che si accompagna all’importanza imprescindibile della domenica: «Infatti, in ogni celebrazione eucaristica domenicale si attua la santificazione del popolo cristiano, fino alla domenica senza tramonto, giorno del definitivo incontro di Dio con le sue creature. Possa il giorno del Signore … acquistare nuovamente tutto il suo rilievo ed essere percepito e vissuto pienamente nella celebrazione dell’eucaristia, radice e cardine di un’autentica crescita della comunità cristiana».
Don Giovanni Basile
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