La famiglia ferita: separati e divorziati
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II Signore è vicino
a chi ha il cuore ferito?
Il bisogno d’incontrare faccia a faccia il Signore nella condizione di dolore è abbastanza problematico, perché possono insorgere forti dubbi. Giobbe appare un personaggio paradigmatico: credente, giusto e pio, eppure è provato in tutto, dalla perdita dei beni a quella dei figli, dal suo rapporto con gli amici a quello con la moglie e perfino alla sua salute.
Giobbe non può non interrogarsi sull’identità di Dio, sulle caratteristiche del suo volto: chi è questo Dio che permette tali prove? È padre o patrigno, è giusto o ingiusto? Ci crea per essere felici o perché siamo distrutti dagli eventi? Se ci ama veramente, perché permette la sofferenza degli innocenti?
Si stenta a rintracciare sul volto di Dio i tratti del creatore e redentore, del misericordioso e provvidente, insomma di un Dio-alleato che si mette in gioco per amore dell’uomo. Domandarsi “perché?” significa domandarsi “chi sei?”: se è Padre, ci vuole felici; se è compassionevole, ha pietà dei suoi figli; se è misericordioso, perdona e non punisce. Ma allora perché il dolore, il tradimento, l’infedeltà, la fine di un amore, la sofferenza dei figli innocenti? Perché proprio a me, perché proprio a noi due? C’è il rischio di soccombere sotto il peso dei perché, di smarrirsi nel labirinto di domande senza risposte.
Vero è che la sofferenza è parte integrante della nostra condizione umana, cifra di una creazione corrotta dal peccato… Ma non è l’ultima parola! La rivelazione del volto di Dio nel volto del Figlio crocifisso e risorto, vittorioso sul peccato, sul male e sulla morte, è la risposta, l’unica che può condurre a una condizione di pace, ritrovando un senso da attribuire all’esistenza (v. la teoria di Frankle).
Attraverso Gesù, l’Agnello immolato e ritto in piedi, il Padre si fa vicino a ciascuno dei suoi figli, sostenendoli nelle prove, con la speranza della vita che non muore, condizione nella quale «non ci sarà più lutto né afflizione» (cfGer 31,13 e Ap 21,4). È la persona di Gesù la risposta ai mille perché: se la croce fosse disabitata, gli uomini sarebbero votati alla disperazione. Ma la croce è abitata dal Crocifisso, e per di più non è l’ultima parola. L’ultima parola è la risurrezione, la vita, la felicità!
Ina Siviglia
(Vita pastorale)
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