La donna, madre nel nuovo millennio – II parte
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Intervista al Prof. Giuseppe Noia
Professore di Medicina dell’età prenatale,
Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università
Cattolica del Sacro Cuore – Roma.
Professor Noia, vorremmo sapere: la gestazione che implica accoglienza e protezione di una nuova vita nel grembo materno realizzando una sorta di mistica unione silenziosa, può essere considerata come uno stato d’amore?
Lo è senza alcun dubbio. È uno stato d’amore speciale ed è stato certificato non solo dalla storia millenaria dell’umanità ma negli ultimi 15 anni (Bianchi et al., 2000) si è dimostrato che ogni figlio invia alla propria madre cellule staminali protettrici e guaritrici. Esse attraversano la placenta, vanno nel luogo della lesione materna per guarirla. «La madre dona la vita al figlio e il figlio dona la vita alla madre» (Noia, 2003). Queste cellule rimangono nel sangue della madre, in altri distretti del corpo fino a 40 anni dopo la nascita del figlio. È poesia altissima ma non è solo poesia: è soprattutto scienza.
D: Al momento del parto la donna può compiere gratuitamente, qualora la struttura pubblica e/ privata lo consenta, la donazione del cordone ombelicale del proprio bambino che contiene il sangue cordonale in cui sono presenti le cellule staminali cordonali, oggi comunemente impiegate come cellule salvavita per la cura di pazienti ammalati di leucemia. Esiste un’informazione adeguata al riguardo? I ginecologi cattolici si sono attivati per sensibilizzare le future mamme su questo tema?
Non esiste un’adeguata informazione sulle grandi potenzialità curative delle cellule staminali del cordone ombelicale. C’è una gran confusione, c’è una mancanza di conoscenza sulle differenze tra le staminali embrionali (dove per ottenerle si devono distruggere gli embrioni) e quelle adulte con l’uso delle quali non c’è nessuna distruzione dell’embrione. Le applicazioni terapeutiche con queste ultime (adulte) sono più di 70 e l’ultimo congresso avvenuto in Vaticano, Adult Stem Cells: Science and the Future of Man and culture, lo ha pienamente e scientificamente stabilito. Purtroppo tra le tante schizofrenie della scienza c’è anche questa: i fondi di ricerca stanziati per gli studi sulle embrionali sono 50 volte superiori ai fondi stanziati per gli studi sulle staminali. I ginecologi cattolici sono informati sulla necessità di sensibilizzare le future mamme su questo tema, ma purtroppo i livelli di penetrazione culturale sono ancora insufficienti.
D: L’immagine della Madonna sintetizza le qualità di un amore materno universale. Per la sua potenza evocativa che cosa è in grado di infondere e risvegliare nell’animo delle donne?
Tutto il mondo femminile dovrebbe guardare la Madonna perché nella sua semplicità e grandiosità essa riassume la meravigliosa potenza dell’essere femminile. Pier Paolo Donati, un grande sociologo attuale, enfatizza che il più grande obiettivo che oggi dovremmo perseguire sul piano antropologico, politico, scientifico, giuridico e psicosociale sono i beni relazionali pressoché assenti nella società attuale. L’accoglienza, l’ascolto, lo spirito di comprensione, il silenzio, l’oblatività, lo spirito di sacrificio, il coraggio, la tenacia, la dolcezza, la generosità, la disponibilità, la perseveranza, l’umiltà, sono tutti beni relazionali: se li analizziamo uno per uno, nella Madonna ci sono tutti. Come si vede, la Madonna è molto attuale e moderna.
D: Il Natale celebra la nascita del Cristo che si è fatto uomo per rendere reale la sua presenza e redimere l’umanità intera, creando per tutta l’umanità un clima di attesa, pace e gioia. Nel caso dell’evento della nascita di un bambino o “lieto” evento all’interno di una famiglia, secondo Lei è vissuto come un avvenimento altrettanto gioioso, perché testimonia la concretizzazione di un amore che genera la vita e si apre al futuro?
Sicuramente nell’uomo, in ogni uomo, il Natale è qualcosa di speciale e il clima di attesa, di pace e di gioia viene avvertito anche da coloro che non credono. Per esperienza personale, il Dio che prende le fattezze dell’umanità mi ha sconvolto. «Dio si è fatto come noi…» è il canto che mi ha fatto scoppiare in lacrime nel maggio del 1974, nella Chiesa dei Martiri Canadesi a Roma, e la seconda parte «…per farci come Lui…» mi ha irrefrenabilmente portato al singhiozzo, contemplando la dolcezza di questo mistero. Se avessimo gli occhi del cuore, se avessimo veramente gli occhi del cuore purificati, vedremmo costantemente questo mistero straordinario (l’Incarnazione di un Dio) non solo nella gioia di un bimbo che nasce, ma in tutto il bene che l’uomo può fare e che Dio ha messo nelle sue mani.
Il tempo dell’esistenza che Dio ci dona non basta per ringraziare: allora ci facciamo aiutare dalla Santa Famiglia di Nazareth che ha fatto del naturale il soprannaturale, mostrandoci come la santità venga da Dio e come amarlo in tutto sia l’unica risposta.
Angela G. Colicchio
British Medical Journal
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