La carità, oggi
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“La carità non avrà mai fine”… ma è opportuno distinguere tra carità e carità. Infatti, oltre all’aspetto materiale bisogna considerare anche quello intellettuale e la difesa della giustizia sociale. Ricordo dì aver letto questa bellissima frase dell’allora card. Josefh Ratzinger: “Non sumus christiani solum quia christiani salutem consequantur sed sumus christiani quia christiana diaconìa ad homìnum historìam peculìarìs est et necessaria”.
Trovo qui la sintesi del significato della dìaconia della Chiesa. La diaconia della carità è un servizio essenziale, necessario e specifico che ogni credente deve esercitare a favore della storia dell’uomo di tutti i tempi. Servizio cristiano alla storia significa preparare il mondo, l’umanità, alla venuta finale di Cristo. Nella diaconia non entra in gioco solo la salvezza personale di ogni credente ma la salvezza della storia umana che geme per essere liberata dal giogo del male e attende il giorno del grande incontro con Cristo.
Riconosciamo che, nel servizio della carità un importante ruolo è svolto dai diaconi. La Chiesa di Roma conserva viva la memoria del grande martire Lorenzo, citato dal Papa Benedetto XVI nella enciclica “Deus Charitas est” come “grande esponente della carità ecclesiale” (n.23). Seguendo l’insegnamento del Santo Padre la “diaconia” è “il servizio dell’amore del prossimo esercitato comunitariamente e in modo ordinato”(21). Tale servizio è di tutta la Chiesa ed è ben ordinato nel senso che bisogna innanzitutto saper leggere i veri bisogni, organizzare gli interventi opportuni, collegarli con la giustizia e dove ciascun membro della comunità partecipa con la sua competenza.
I diaconi sono i primi testimoni della carità della Chiesa e garanti della sua specificità. Essi legano la carità all’annuncio della fede e la esprimono durante l’azione liturgica. Essi sono – secondo l’antica descrizione della Didascalia degli Apostoli – “l’orecchio, la bocca, il cuore, l’anima del Vescovo” (Cfr.XI44). I due diaconi martiri Stefano e Lorenzo sono l’esempio a cui i diaconi permanenti si ispirano per l’annuncio coraggioso della Parola della Verità e il servizio audace della Carità (Cfr. Cord. Claudio Hummes, Lettera ai diaconi permanenti, IO agosto 2009).
Ricordiamo che il Papa, nella sua ultima enciclica, “Caritas in Ventate”, nei fare la verità sui temi più importanti della dottrina sociale della Chiesa – definita « caritas in ventate in re sociali» – ha dato voce ai più poveri, specialmente nella lettura dell’attuale crisi socio-economica mondiale.
Un prima forma della carità consiste nel “difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita”(n.I). Si tratta essenzialmente di vedere il mondo con il cuore di Dio e con gli occhi dei poveri, degli umili, dei piccoli.
I diaconi, proprio perché operano in zona mediana, hanno il compito di approfondire in modo personale e scientifico la dottrina sociale della Chiesa, illustrarla con competenza e testimoniarla negli ambienti in cui vivono, lavorano e nei luoghi in cui sono chiamati ad esercitare il loro ministero.
Un secondo compito consiste nella “cura delle relazioni”, le micro-relazioni e le macro-relazioni, partendo da “un approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione ” (n. 53).
Un terzo compito consiste nel “tessere reti di carità”. Papa Benedetto XVI ci dice che «la “città dell’uomo” non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione. La carità manifesta sempre anche nelle relazioni umane l’amore di Dio, essa da valore teologale e salvifico a ogni impegno dì giustizia nel mondo» (n. 5).
La solitudine è oggi una delle forme più profonde di povertà perché molte forme di povertà nascono dall’isolamento – ossia – dal non essere amati o dalla difficoltà ad amare (Cfr. n. 53).
Il diacono, come il buon samaritano, crea attorno all’uomo abbandonato e dimenticato una rete di competenze e di servizi al fine di integrarlo in una relazione che assume il valore di una vera e propria resurrezione.
Si adopererà perché non manchi agli operatori della carità, oltre alla preparazione professionale, la “formazione del cuore “(Cfr. DCE 31/b) “Dobbiamo ritornare ad essere tutti, la Chiesa del grembiule, – diceva il vescovo Tonino Bello – è l’unica strada che ci porta alle sorgenti della nostra regalità, è l’unica porta che ci introduce nella casa della credibilità “.
+ Giuseppe Marciante
Aepiscopus
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