Iraq, Siria ed Egitto: cristiani nel mirino
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Antiche chiese, monasteri e proprietà ecclesiali sono stati distrutti. “Siamo vittime di nuovi gruppi di fondamentalisti islamici”.
Albert Edward Ismail Yelda, ambasciatore iracheno presso la Santa Sede, invita i religiosi iracheni a sposarsi e avere figli. «Solo se sono numerosi, i cristiani possono incidere nella società», afferma provocatorio. I cristiani iracheni sono persone che amano la pace. Ma in molti distretti di Baghdad e altrove i gruppi legati ad Al Qa’ida hanno minacciato le comunità cristiane e diffuso messaggi allarmanti: o si convertono all’islam o vengono uccisi. I cristiani hanno scelto di abbandonare le loro case e di trovare un ambiente migliore e sicuro nel Kurdistan iracheno o nei Paesi limitrofi. Speriamo che chi è fuggito dal Paese possa rientrare e partecipare alla ricostruzione e a ridisegnare il nuovo Iraq, democratico e federale.
In Siria la situazione precipita sempre di più.
“I cristiani sono la minoranza più minacciata dalla guerra civile siriana e tentano di fuggire dal Paese. Essi si sentono indifesi di fronte all’escalation di violenza che da mesi imperversa nel Paese. Pregate per la pace e per la riconciliazione del popolo siriano”. E’ quanto afferma mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo.
I Profughi della Siria in Libano sono quasi 2 milioni. I cristiani subiscono pesantemente le conseguenze della guerra civile.
Il Libano è un Paese che vanta di essere un «messaggio», come lo aveva definito Giovanni Paolo II durante la sua visita nel 1997. Un Paese del dialogo e della convivenza tra comunità e religioni, in un contesto regionale e mondiale dove prevalgono le incomprensioni, le chiusure e gli scontri.
La nostra associazione, riconosciuta legalmente con sede a Damour, il paese che nel 1976 ha conosciuto il primo massacro dei cristiani nello Chouf durante il quale hanno perso la vita 600 persone in una settimana mentre in chiesa si pregava “…rimetti a noi i nostri debiti e a coloro che vengono per ucciderci”, vuole essere un appello alla confidenza in Dio, attraverso il perdono e la penitenza, invitando i poveri e tutti coloro che condividono la nostra missione ad affidarsi a Maria e per questo a condividere il necessario con i più bisognosi, a qualunque religione appartengano, dei quartieri più degradati di Beirut (Nabaa, Ouzai) insieme ai profughi iracheni e della Siria. “Oui pour la vie” vuole essere un invito vivere con gioia nel nostro Occidente, l’appartenenza attiva e missionaria alla chiesa locale.
Stile di vita dei membri di Oui pour la Vie.
Sono una cinquantina i volontari libanesi, che donano di un terzo al mese delle loro risorse, impegnati su tanti tanti fronti: bambini, a famiglie povere, profughi e drogati. Abbiamo la serenita’ di vedere episodi positivi in questi luoghi che ci incoraggiano molto. Al pronto soccorso una signora mi diceva: “Padre non ho abbastanza soldi per pagare l’operazione al dito di mio figlio (e glielo hanno tagliato). Per perdonare la metà dei soldi che mi offre la dia a chi ne ha meno di noi”.
E’ bello vedere come Dio chieda sempre di non aver paura e di confidare sempre per poter, attraverso tante piccole rinunce quotidiane offerte per amore, restare calmi in una situazione in giusta. Il sorriso è la prima testimonianza.
In un quartiere islamico molto integralista alcune nostre insegnanti visitano famiglie molto povere che non possono permettersi nemmeno di pagare l’energia elettrica e offrono gratuitamente ripetizioni scolastiche ai bambini. Il preside della scuola diceva: “E’ vero che per noi islamici in cielo ci andiamo solo noi, musulmani, ma vedendo che i nostri bambini assistiti dalle vostre volontarie sono più calmi degli altri, allora mi chiedo perchè nel nostro Paradiso non possiate venire pure voi”. In seguito a questo, una delle nostre volontarie, l’unica cristiana della scuola per soli bambini islamici, è responsabile della sezione dedicata alla lingua francese.
P Damiano Puccini
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