Incontro di formazione permanente
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Vagabondi o pellegrini della fede?
Spiritualità del prete oggi
Comincio con una provocazione: possiamo fidarci di Dio? Pongo questa domanda perché per nessuno la fede è scontata. Essa è dono di Dio e conquista personale. Mi hanno colpito le “conversazioni notturne a Gerusalemme”, sul rischio della fede, fra il card. Martini e il suo confratello gesuita Georg Sporchill. In esse possiamo dire che il vescovo Martini ha ripercorso in pieno l’esperienza dell’antico Israele che, pur credendo fermamente che Dio esiste, tuttavia sempre domanda: “Dio, dove sei?”, raccogliendo questa domanda sia nella sua vita sia nella vita di tante persone che ha incontrato.
Ma non è questa anche la nostra esperienza? Quando qualcuno viene da me vescovo con in mano un dolore e mi chiede fra le lacrime “perché?”, in realtà quella persona sta interrogando Dio e grida: “Dove sei?”. Come posso far finta che questa domanda non esista anche per me e per i miei preti? (Pietrafitta).
Nel 1994, appena ordinato vescovo, il card. Carlo Maria Martini, che guidava gli incontri formativi per i vescovi ordinati in quell’anno, ci raccomandò: “Quando andate in visita ai malati non parlate di dolore se prima non avete voi stessi sofferto o non siete stati voi stessi malati”. Ogni giorno la fede, cari confratelli, è questo affrontare e superare il dubbio, come se in ognuno di noi ci fosse un credente che dialoga e discute con un non credente.
Quando poi questa domanda drammatica viene dagli altri, da quelli “di fuori” che ci sfidano: “dov’è il tuo Dio” (Sal. 42)?
Allora le reazioni possono essere due: o li ignoriamo oppure li ascoltiamo e percepiamo la loro nostalgia di Dio. Ha scritto il card. Carlo Maria Martini: “La differenza più profonda non è tra un credente e un non credente, ma tra un pensante e un non pensante”. Ecco allora la “cattedra dei non credenti” a Milano e il “cortile dei gentili” del card. Gianfranco Ravasi. Certamente la fede è anche un insieme di verità. Il simbolo (Newman); ma è fondamentale soprattutto una relazione di fiducia col Signore (come tra figli e padre, sposo e sposa). Chi non crede, vedendo un credente dovrebbe provare una nostalgia immensa (la mamma di Don Lorenzo Milani). Una nostalgia ed una solitudine che diventa drammatica dinanzi alla morte. Scrive ancora Martini: “Mi sono rappacificato col mistero di dover morire, quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio”. Di fatto, dinanzi ad ogni scelta impegnativa, noi abbiamo sempre un’uscita di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci solamente di Dio.
Carissimi sacerdoti, negli anni del mio ministero a Firenze mi sono trovato qualche volta dinanzi a persone che avevano fatto esperienze di “passaggio” (Pasqua), dal buio alla luce.
Personalmente vi confesso che sono sempre vissuto nella fede, ma quasi quasi ho invidiato (in senso buono!) quelli che l’hanno riscoperta come una rivelazione nuova e sorprendente. Ho visto in loro una tale forza ed entusiasmo che sono divenuti spontaneamente dei testimoni gioiosi.
Certo però ringrazio Dio della mia storia perché mi ha risparmiato tanto buio e tanto freddo e il sentirsi orfani senza famiglia (testimonianza di Giovanni Papini al Seminario Minore di Firenze).
+ Mons. Gualtiero Bassetti
Arciv. Perugia – Città delle Pieve
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