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Il Vangelo, nelle visioni della mistica M. Valtorta

5 Dicembre 2015 | Filed under: Rivelazioni private
     

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Il Battista e Gesù

Dal “Poema dell’Uomo Dio”

di Maria Valtorta

Preparate la via del Signore

Vedo una pianura spopolata di paesi e di vegetazione. Non ci sono campi coltivati, e ben poche e rare piante riunite qua e là a ciuffi, come vegetali famiglie, dove il suolo è nelle profondità meno arso che non sia in genere. Faccia conto che questo terreno arsiccio e incolto sia alla mia destra, avendo io il nord alle spalle, e si prolunghi verso quello che è a sud rispetto a me.

A sinistra invece vedo un fiume di sponde molto basse, che scorre lentamente esso pure da nord a sud. Dal moto lentissimo dell’acqua comprendo che non vi devono essere dislivelli nel suo letto e che questo fiume scorre in una pianura talmente piatta da costituire una depressione.

Vi è un moto appena sufficiente acciò l’acqua non stagni in palude. L’acqua è poco fonda, tanto che si vede il fondale. Giudico non più di un metro, al massimo un metro e mezzo. Largo come è l’Arno verso S.Miniato-Empoli: direi un venti metri. Ma io non ho occhio esatto nel calcolare. Pure è d’un azzurro lievemente verde verso le sponde, dove per l’umidore del suolo è una fascia di verde folta e rallegrante l’occhio, che rimane stanco dallo squallore petroso e renoso di quanto gli si stende avanti.

Quella voce intima che ho spiegato di udire e che mi indica ciò che devo notare e sapere, mi avverte che io vedo la valle del Giordano. La chiamo valle, perché si dice così per indicare il posto dove scorre un fiume, ma qui è improprio di chiamarla così, perché una valle presuppone dei monti, ed io qui di monti non ne vedo vicini. Ma insomma sono presso il Giordano e lo spazio desolato, che osservo alla mia destra, è il deserto di Giuda.

Se dire deserto per dire un luogo dove non ci sono case e lavori dell’uomo è giusto, non lo è secondo il concetto che noi abbiamo del deserto. Qui non le arene ondulate del deserto come lo concepiamo noi, ma solo terra nuda, sparsa di pietre e detriti, come sono i terreni alluvionali dopo una piena. In lontananza, delle colline.

Pure, presso il Giordano, vi è una grande pace, un che di speciale, di superiore al comune, come è quello che si nota sulle sponde del Trasimeno. È un luogo che pare ricordarsi di voli d’Angeli e di voci celesti. Non so dire bene ciò che provo. Ma mi sento in un posto che parla allo spirito.

Mentre osservo queste cose, vedo che la scena si popola di gente lungo la riva destra (rispetto a me) del Giordano. Vi sono molti uomini vestiti in maniere diverse. Alcuni appaiono popolani, altri dei ricchi, non mancano alcuni che paiono farisei per la veste ornata di frange e galloni.

In mezzo ad essi, in piedi su un masso, un uomo che, per quanto è la prima volta che lo vedo, riconosco subito per il Battista. Parla alla folla, e le assicuro che non è una predica dolce. Gesù ha chiamato Giacomo e Giovanni ‘i figli del tuono’. Ma allora come chiamare questo veemente oratore?

Giovanni Battista merita il nome di fulmine, valanga, terremoto, tanto è impetuoso e severo nel suo parlare e nel suo gestire.

Parla annunciando il Messia ed esortando a preparare i cuori alla sua venuta estirpando da essi gli ingombri e raddrizzando i pensieri. Ma è un parlare vorticoso e rude. Il Precursore non ha la mano leggera di Gesù sulle piaghe dei cuori. È un medico che denuda e fruga e taglia senza pietà.

Mentre lo ascolto – e non ripeto le parole perché sono quelle riportate dagli Evangelisti, ma amplificate con irruenza – vedo avanzarsi lungo una stradicciola, che è ai bordi della linea erbosa e ombrosa che costeggia il Giordano, il mio Gesù.

Questa rustica via, più sentiero che via, sembra disegnata dalle carovane e dalle persone che per anni e secoli l’hanno percorsa per giungere ad un punto dove, essendo il fondale del fiume più alto, è facile il guado. Il sentiero continua dall’altro lato del fiume e si perde fra il verde dell’altra sponda.


     

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