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Il Vangelo, nelle visioni della mistica M. Valtorta

27 Giugno 2015 | Filed under: Rivelazioni private
     

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la-figlia-di-giairo

Dal “Poema dell’Uomo Dio”

di Maria Valtorta

 

La resurrezione della figlia di Giaìro

Apparsa mentre prego molto stanca e crucciata e perciò proprio nelle peggiori condizioni per pensare a simili cose di mio. Ma stanchezza fisica, mentale e cruccio si sono dileguati al primo apparire del mio Gesù, e scrivo. Egli è per una strada assolata e polverosa che bordeggia le rive del lago. Si incammina verso il paese circondato da gran folla che l’attendeva di certo e che gli si pigia attorno nonostante che gli apostoli lavorino di braccia e di spalle per fargli largo e alzino la voce per indurre la folla a lasciare un poco di posto.

Ma Gesù non è inquieto per tanta confusione. Più alto di tutta la testa di chi Lo circonda, guarda con un dolce sorriso la turba che gli si stringe intorno, risponde ai saluti, accarezza qualche bambino che riesce a insinuarsi fra la siepe degli adulti e giunge a venirgli vicino, posa la mano sul capo degli infanti che le madri sollevano oltre il capo dei presenti perché Egli li tocchi. E cammina intanto. Lentamente, pazientemente in mezzo a questo vocio, e a queste continue pressioni che infastidirebbero chiunque.

Una voce d’uomo grida «Fate largo, fate largo». È una voce affannata e deve essere conosciuta da molti e rispettata come quella di persona influente, perché la folla si apre, con molta fatica tanto è pigiata, e lascia passare un uomo sulla cinquantina tutto coperto da un vestone lungo e sciolto e con una specie di fazzoletto bianco intorno al capo e ricadente con le falde lungo il viso e il collo.

Giunto davanti a Gesù, si prostra ai suoi piedi e dice: «Oh! Maestro, perché sei stato via tanto tempo? La mia bambina è tanto malata. Nessuno la può guarire. Tu solo sei la speranza mia e della madre. Vieni, Maestro. Ti attendevo con un’ansia infinita. Vieni, vieni subito. La mia unica creatura sta morendo…» e piange.

Gesù posa la mano sul capo dell’uomo piangente, sul capo curvo e scosso dai singhiozzi, e gli risponde: «Non piangere. Abbi fede. La tua bambina vivrà. Andiamo da lei. Alzati! Andiamo!».

Queste due ultime parole hanno il tono d’imperio. Prima era il Consolatore. Ora è il Dominatore che parla.

Si rimettono in moto. Gesù ha al fianco il padre piangente e lo tiene per mano. Quando un singhiozzo più forte scuote il pover’uomo, vedo Gesù che lo guarda e gli stringe la mano. Non fa altro, ma quanta forza deve rifluire in un’anima quando si sente trattata così da Gesù!

Prima al posto del padre era Giacomo. Ma Gesù gli ha fatto cedere il posto al povero padre. Pietro è dell’altro lato. Giovanni è di fianco a Pietro e cerca con lo stesso di fare argine alla folla, come fa Giacomo e l’Iscariota dall’altro lato, dopo il padre piangente. Gli altri apostoli sono parte davanti e parte dietro a Gesù. Ma ci vuol altro! Specie i tre di dietro, fra cui vedo Matteo, non ce la fanno a tenere indietro la muraglia viva. Ma quando brontolano un po’ troppo e quasi quasi insultano la folla indiscreta, Gesù volge il capo e dice dolcemente:

«Lasciate fare a questi miei piccoli!…».

Ad un certo momento però si volge di scatto, lasciando anche andare la mano del padre, e si ferma. Si volge non solo col capo. Ma con tutto il corpo. Sembra anche più alto perché ha preso un atteggiamento da re. Col volto e lo sguardo fatto severo, inquisitore, scruta la folla. I suoi occhi hanno lampi, non di durezza ma di maestà.

«Chi mi ha toccato?» chiede.

Nessuno risponde.

«Chi mi ha toccato, ripeto» insiste Gesù.

«Maestro» rispondono i discepoli, «non vedi come la folla ti pigia da ogni lato? Tutti ti toccano, nonostante i nostri sforzi».

«Chi mi ha toccato per ottenere un miracolo, chiedo. Ho sentito potenza di miracolo uscire da Me perché un cuore l’invocava con fede. Chi è questo cuore?».

Gli occhi di Gesù si chinano due o tre volte, mentre parla, su una donnetta sulla quarantina, molto poveramente vestita e molto sciupata nel volto, la quale cerca di eclissarsi nella folla, di farsi inghiottire dalla calca. Quegli occhi le devono bruciare addosso. Comprende che non può sfuggire e torna avanti e gli si butta ai piedi, quasi col volto nella polvere, le mani protese che però non osano toccare Gesù.

«Perdono. Sono io. Ero malata. Dodici anni che ero malata! Sfuggita da tutti! Mio marito mi ha abbandonata. Ho speso tutto il mio avere per non essere considerata obbrobrio, per vivere come vivono tutti. Ma nessuno ha potuto guarirmi. Lo vedi, Maestro? Sono una vecchia anzi tempo. La forza è defluita da me col mio flusso inguaribile, e la mia pace con essa. M’han detto che Tu sei buono. Me l’ha detto uno che è stato guarito da Te della sua lebbra e che per essere stato tanti anni sfuggito da tutti non ha avuto schifo di me. Non ho osato dirlo prima. Perdono! Ho pensato che solo se ti avessi toccato sarei guarita. Ma non ti ho reso immondo.

Ho appena sfiorato il lembo della tua veste là dove striscia al suolo, sulle lordure del suolo… Sono io pure lordura… Ma son guarita, che Tu sia benedetto! Nel momento che ti ho toccato la veste il mio male è cessato. Sono tornata come tutte. Non sarò più schivata da tutti. Mio marito, i miei figli, i parenti potranno stare con me, li potrò accarezzare. Sarò utile alla mia casa. Grazie, Gesù, Maestro buono. Che Tu sia benedetto in eterno!».

Gesù la guarda con bontà infinita. Le sorride. Le dice:

«Va’ in pace, figlia. La tua fede ti ha salvata. Sii guarita per sempre. Sii buona e felice. Va’».

Mentre parla ancora, sopraggiunge un uomo, direi un servo, il quale si rivolge al padre che è stato tutto quel tempo in una attesa rispettosa ma tormentosa come fosse sulla brace. «Tua figlia è morta. Inutile importunare più il Maestro. Il suo spirito l’ha lasciata e già le donne ne fanno i lamenti. La madre ti manda a dire ciò e ti prega di venire subito».

Il povero padre ha un gemito. Si porta le mani alla fronte e se la stringe comprimendosi gli occhi e curvandosi come fosse colpito.

Gesù, che pare non debba vedere e udire nulla, intento come è ad ascoltare e rispondere con la donna, si volge invece e pone la mano sulle spalle curve del povero padre.

«Uomo, ti ho detto: abbi fede. Ti ripeto: abbi fede. Non temere. La tua bambina vivrà. Andiamo da lei».

E si incammina tenendo stretto a Sé l’uomo annichilito. La folla, davanti a quel dolore e alla Grazia già avvenuta, si ferma intimorita, si divide, lascia camminare speditamente Gesù e i suoi, e poi segue come scia la Grazia che passa. Si fanno così un cento metri circa, forse più -non sono calcolatrice- e si entra sempre più al centro del paese.

Un affollamento di gente è davanti ad una casa di civile condizione e commenta a voce alta e stridula l’accaduto, rispondendo a più alti stridi che escono dalla porta spalancata. Sono stridi trillati, acuti, tenuti su una nota monocorde, e sembrano diretti da una voce più acuta che fa da a solo, e alla quale rispondono prima un gruppo di voci più esili, poi un altro di voci più piene. Un baccano da far morire anche chi sta bene.

Gesù ordina ai suoi di sostare davanti all’uscio e chiama con Sé Pietro, Giovanni e Giacomo. Entra con questi in casa tenendo sempre stretto per un braccio il padre piangente. Sembra voglia infondergli la certezza che Egli è lì per farlo felice, con quella stretta. Le… piangenti (io le chiamerei: le urlatrici) nel vedere il capo di casa e il Maestro raddoppiano il grido. Battono le mani, scuotono dei tamburelli, percuotono dei triangoli, e su questa… musica appoggiano i loro lamenti.

«Tacete» dice Gesù. «Non occorre piangere. La fanciulla non è morta, ma dorme».

Le donne gettano gridi più forti e alcune si rotolano per terra, si graffiano, si strappano i capelli (o meglio: ne fanno mostra) per mostrare che è proprio morta. I suonatori e gli amici scuotono il capo davanti all’illusione di Gesù. Loro la credono tale. Ma Egli ripete un: «Tacete!» talmente energico che il baccano, se non cessa del tutto, diviene brusio. E passa oltre.

Entra in una cameretta. Sul letto è stesa una fanciulla morta. Magra, pallidissima, ella giace già vestita e coi bruni capelli accomodati con cura. La madre piange presso quel lettino dal lato destro e bacia la cerea manina della morta.

Gesù… come è bello ora! Come poche volte l’ho visto! Gesù si accosta sollecito. Pare che scivoli sul pavimento, in volo, tanto si affretta a quel letticciuolo. I tre apostoli restano contro la porta che chiudono in faccia ai curiosi. Il padre si ferma ai piedi del letto.

Gesù va alla sinistra del lettuccio, tende la mano sinistra e prende con questa la manina abbandonata della morticina. La mano sinistra. Ho visto bene. È la mano sinistra tanto di Gesù che della bambina. Alza il braccio destro portando la mano aperta sino all’altezza della spalla e poi l’abbassa con l’atto di uno che giura o comanda. Dice:

«Fanciulla, Io te lo dico. Alzati!».

Un attimo in cui tutti, meno Gesù e la morta, restano sospesi. Gli apostoli allungano il collo per vedere meglio. Il padre e la madre guardano con occhi straziati la loro creatura. Un attimo. Poi un sospiro alza il petto della morticina. Un lieve colore monta al visetto cereo e ne annulla le lividure di morte. Un sorriso si disegna sulle labbra pallide prima ancora che gli occhi si aprano, come la fanciulla facesse un bel sogno. Gesù le tiene sempre la mano nella sua mano. La bambina apre dolcemente gli occhi, li gira intorno come se si svegliasse allora. Vede per primo il volto di Gesù che la fissa coi suoi splendidi occhi e le sorride con bontà che incoraggia, e gli sorride.

«Alzati» ripete Gesù.

E scosta con la sua mano gli apparati funebri che erano sparsi sul lettuccio e ai lati (fiori, veli, ecc.) e l’aiuta a scendere, le fa fare i primi passi tenendola sempre per mano.

«Datele da mangiare, ora» ordina. «Essa è guarita. Dio ve l’ha resa. Ringraziatelo. E non dite a nessuno ciò che è accaduto. Voi sapete che era avvenuto di lei. Avete creduto e avete meritato il miracolo. Gli altri non hanno avuto fede. Inutile cercare di persuaderli. A chi nega il miracolo Dio non si mostra.

E tu, fanciulla, sii buona. Addio! La pace sia a questa casa».

Ed esce rinchiudendo l’uscio dietro di Sè.

La visione cessa.

Le dirò che i due punti in cui essa mi ha particolarmente letificata sono stati quelli in cui Gesù cerca nella folla chi l’ha toccato e soprattutto quando, ritto presso la morticina, le prende la mano e le ordina di alzarsi. La pace, la sicurezza è entrata in me. Non è possibile che un Pietoso suo pari e un Potente non possa avere pietà di noi e vincere il Male che ci fa morire.

Gesù per ora non commenta, come non dice nulla su altre cose. Mi vede quasi morta e non giudica opportuno che io stia meglio questa sera. Sia fatto come Egli vuole. Sono felice abbastanza nell’avere in me la sua visione.


     

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