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Il Vangelo nelle visioni della mistica M. Valtorta

7 Marzo 2015 | Filed under: Rivelazioni private
     

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 Cacciata

Dal “Poema dell’Uomo Dio”

di Maria Valtorta”

 

GESÙ’ SCACCIA I MERCANTI DAL TEMPIO

Vedo Gesù che entra con Pietro, Andrea, Giovanni e Giacomo, Filippo e Bartolomeo, nel recinto del Tempio. Vi è grandissima folla entro e fuori di esso. Pellegrini che giungono a frotte da ogni parte della città.

Dall’alto del colle su cui il Tempio è costruito, si vedono le vie cittadine, strette e contorte, formicolare di gente. Pare che fra il bianco crudo delle case si sia steso un nastro semovente dai mille colori. Sì, la città ha l’aspetto di un bizzarro giocattolo, fatto di nastri variopinti fra due fili bianchi e tutti convergenti al punto dove splendono le cupole della Casa del Signore.

Nell’interno poi è… una vera fiera. Ogni raccoglimento di luogo sacro è annullato. Chi corre e chi chiama, chi contratta gli agnelli e urla e maledice per il prezzo esoso, chi spinge le povere bestie belanti nei recinti (sono rudimentali divisioni di corde o di pioli, •al cui ingresso sta il mercante, o proprietario che sia, in attesa dei compratori). Legnate, belati, bestemmie, richiami, insulti ai garzoni non solleciti nelle operazioni di adunata e di cernita delle bestie e ai compratori che lesinano sul prezzo o che se ne vanno, maggiori insulti a quelli che, previdenti, hanno portato, di loro, l’agnello.

Intorno ai banchi dei cambiavalute, altro vocìo. Si capisce che, non so se in ogni momento o in questo pasquale, si capisce che il Tempio funzionava da… Borsa, e borsa nera. Il valore delle monete non era fisso. Vi era quello legale, di certo vi sarà stato, ma i cambiavalute ne imponevano un altro, appropriandosi di un tanto, messo a capriccio, per il cambio delle monete.

E le assicuro che non scherzavano nelle operazioni di strozzinaggio!… Più uno era povero e veniva da lontano, e più era pelato. I vecchi più dei giovani, quelli provenienti da oltre Palestina più dei vecchi.

Dei poveri vecchierelli guardavano e riguardavano il loro pe­culio messo da parte con chissà che fatica in tutta l’annata, se lo levavano e se lo rimettevano in seno cento volte, girando dall’uno all’altro cambiavalute e finivano magari per tornare dal primo, che si vendicava della loro iniziale diserzione aumentando l’aggio

del cambio… e le grosse monete lasciavano, tra dei sospiri, le mani del proprietario e passavano fra le grinfie dell’usuraio e venivano mutate in monete più spicciole. Poi altra tragedia di scelte, di conti e di sospiri davanti ai venditori di agnelli, i quali, ai vec­chietti mezzi ciechi, appioppavano gli agnelli più grami.

Vedo tornare due vecchietti, lui e lei, spingendo un povero agnelletto che deve esser stato trovato difettoso dai sacrificatori. Pianti, suppliche, mali garbi, parolacce si incrociano senza che il venditore si commuova.

« Per quello che volete spendere, galilei, è fin troppo bello quanto vi ho dato. Andatevene! O aggiungete altri cinque denari per averne uno più bello. »

«In nome di Dio! Siamo poveri e vecchi! Vuoi impedirci di fare la Pasqua, che è l’ultima forse? Non ti basta quello che hai voluto per una piccola bestia? »

« Fate largo, lerciosi. Viene a me Giuseppe l’Anziano. Mi ono­ra della sua preferenza. Dio sia con te! Vieni, scegli! »

Entra nel recinto, e prende un magnifico agnello, quello che è chiamato Giuseppe l’Anziano, ossia il d’Arimatea. Passa pom­poso nella veste, e superbo, senza guardare i poverelli gementi alla porta, anzi all’apertura del recinto. Li urta, quasi, specie quando esce coll’agnello grasso e belante.

Ma anche Gesù è ormai vicino. Anche Lui ha fatto il suo acquisto, e Pietro, che probabilmente ha contrattato per Lui, si tira dietro un agnello discreto. Pietro vorrebbe andare subito verso il luogo dove si sacrifica. Ma Gesù piega a destra, verso i due vecchietti sgomenti, piangenti, indecisi, che la folla urta e il ven­ditore insulta.

Gesù, tanto alto da avere il capo dei due nonnetti all’altezza del cuore, pone una mano sulla spalla della donna e chiede : « Per­ché piangi, donna? »

La vecchietta si volge e vede questo giovane alto, solenne nel suo bell’abito bianco e nel mantello pure di neve, tutto nuovo e mondo. Lo deve scambiare per un dottore sia per la veste che per l’aspetto e, stupita, perché dottori e sacerdoti non fanno caso alla gente, né tutelano i poveri contro l’esosità dei mercanti, dice le ragioni del loro pianto.

Gesù si rivolge all’uomo degli agnelli : « Cambia questo agnello a questi fedeli. Non è degno dell’altare, come non è degno che tu ti approfitti di due vecchierelli perché deboli e indifesi. »

« E Tu chi sei? »

« Un giusto. »

« La tua parlata e quella dei compagni ti dicono galileo. Può esser mai in Galilea un giusto? »

« Fa’ quello che ti dico e sii giusto tu. »

« Udite! Udite il galileo difensore dei suoi pari! Egli vuole in­segnare a noi del Tempio! » L’uomo ride e beffeggia, contraffacen­do la cadenza galilea, che è più cantante e più ricca di dolcezza della giudiaca, almeno così mi pare.

Della gente si fa intorno, e altri mercanti e cambiavalute prendono le difese del consocio contro Gesù. Fra i presenti vi sono due o tre rabbini ironici. Uno di questi chiede: «Sei Tu dottore?» in un modo tale da far perdere la pazienza a Giobbe.

« Lo hai detto. »

« Che insegni? »

« Questo insegno : a rendere la Casa di Dio casa di orazione e non un posto d’usura e di mercato. Questo insegno. » Gesù è terribile. Pare l’arcangelo posto sulla soglia del Paradiso per­duto *. Non ha spada fiammeggiante fra le mani, ma ha i raggi negli occhi, e fulmina derisori e sacrileghi.

In mano non ha nulla. Solo la sua santa ira. E con questa, camminando veloce e imponente fra banco e banco, sparpaglia le monete così meticolosamente allineate per qualità, ribalta ta­voli e tavolini, e tutto cade con fracasso al suolo, fra un gran ru­more di metalli rimbalzanti e di legni percossi e grida di ira, di sgomento e di approvazione. Poi, strappate di mano a dei garzoni del bestiame, delle funi con cui essi tenevano a posto bovi, pecore e agnelli, ne fa una sferza ben dura, in cui i nodi per formare i lacci scorsoi divengono flagelli, e l’alza e la rotea e l’abbassar senza pietà. Sì, le assicuro: senza pietà.

La impensata grandine percuote teste e schiene. I fedeli si scansano ammirando la scena; i colpevoli, inseguiti fino alla cinta esterna, se la danno a gambe lasciando per terra denaro e in­dietro bestie e bestiole in un grande arruffio di gambe, di corna, di ali; chi corre, chi vola via; e muggiti, belati, scruccolii di co­lombi e tortore, insieme a risate e urla di fedeli dietro agli stroz­zini in fuga, soverchiano persine il lamentoso coro degli agnelli,, sgozzati in un altro cortile di certo.

Accorrono sacerdoti insieme a rabbini e farisei. Gesù è an­cora in mezzo al cortile, di ritorno dal suo inseguimento. La sferza è ancora .nella sua mano.

« Chi sei? Come ti permetti fare questo, turbando le cerimo­nie prescritte? Da quale scuola provieni? Noi non ti conosciamo, né sappiamo chi sei. »

« Io sono Colui che posso. Tutto Io posso. Disfate pure que­sto Tempio vero ed Io lo risorgerò per dar lode a Dio. Non Io turbo la santità della Casa di Dio e delle cerimonie, ma voi la turbate permettendo che la sua Dimora divenga sede agli usurai e ai mercanti. La mia scuola è la scuola di Dio. La stessa che ebbe tutto Israele per bocca dell’Eterno parlante a Mosè “. Non mi conoscete? Mi conoscerete. Non sapete da dove Io vengo? Lo saprete. »

E volgendosi al popolo, senza più curarsi dei sacerdoti, alto nell’abito bianco, col mantello aperto e fluente dietro le spalle, a braccia aperte come un oratore nel più vivo della sua orazione, dice:

«Udite, voi di Israele! Nel Deuteronomio5 è detto: “Tu co­stituirai dei giudici e dei magistrati a tutte le porte… ed essi giu­dicheranno il popolo con giustizia, senza propendere da nessuna parte. Tu non avrai riguardi personali,- non accetterai donativi, perché i donativi accecano gli occhi dei savi ed alterano le parole dei giusti. Con giustizia seguirai ciò che è giusto per vivere e pos­sedere la terra che il Signore Iddio tuo ti avrà data “.

Udite, o voi di Israele! Nel Deuteronomio6 è detto: “I sa­cerdoti e i leviti e tutti quelli della tribù di Levi non avranno parte né eredità col resto di Israele, perché devono vivere coi sa-crifizi del Signore e colle offerte che a Lui sono fatte; nulla avranno tra i possessi dei loro fratelli, perché il Signore è la loro eredità “. Udite, o voi di Israele! Nel Deuteronomio7 è detto : ” Non presterai ad interesse al tuo fratello né denaro, né grano, né qual-siasi altra cosa. Potrai prestare ad interesse allo straniero; al tuo fratello invece presterai senza interesse quello che gli bisogna “.

Questo ha detto il Signore. Ora voi vedete che senza giustizia verso il povero si siede in Israele. Non nel giusto, ma nel forte si propende, ed esser po­vero, esser popolo, vuoi dire essere oppresso. Come può il popolo dire : ” Chi ci giudica è giusto ” se vede che solo i potenti sono rispettati e ascoltati, mentre il povero non ha chi lo ascolti? Come può il popolo rispettare il Signore, se vede che non lo rispettano coloro che più dovrebbero farlo? E’ rispetto al Si­gnore la violazione del suo comando? E perché allora i sacerdoti in Israele hanno possessi e accettano donativi da pubblicani e peccatori, i quali così fanno per aver benigni i sacerdoti, così come questi fanno per aver ricco scrigno?

Dio è l’eredità dei suoi sacerdoti. Per essi, Egli, il Padre di Israele, è più che mai Padre e provvede al cibo come è giu­sto. Ma non più di quanto sia giusto. Non ha promesso ai suoi servi del Santuario borsa e possessi. Nell’eternità avranno il Ciclo per la loro giustizia, come lo avranno Mosè e Elia e Giacobbe e Abramo, ma su questa terra non devono avere che veste di lino e diadema di incorruttibile oro: purezza e carità, e che il corpo sia servo allo spirito che è servo del Dio Vero, e non sia il corpo colui che è signore sullo spirito e contro Dio.

M’è stato chiesto con quale autorità Io faccio questo. Ed essi con quale autorità profanano il comando di Dio e all’ombra delle sacre mura permettono usura contro i fratelli di Israele, venuti per ubbidire al comando divino? M’è stato chiesto da quale scuola Io provengo, ed ho risposto : ” Dalla scuola di Dio “. Sì, Israele. Io vengo e ti riporto a questa scuola santa e immutabile.

Chi vuoi conoscere la Luce, la Verità, la Vita, chi vuole ri­sentire la voce di Dio parlante al suo popolo, a Me venga. Avete seguito Mosè attraverso i deserti *, o voi di Israele. Seguitemi, che Io vi porto, attraverso a ben più tristo deserto, incontro alla vera Terra beata. Per mare aperto al comando di Dio ad essa vi traggo. Alzando il mio Segno, da ogni male vi guarisco.

L’ora della Grazia è venuta. L’hanno attesa i Patriarchi e sono morti nell’attenderla. L’hanno predetta -i Profeti e sono morti con questa speranza. L’hanno sognata i giusti e sono morti con­fortati da questo sogno. Ora è sorta.

Venite. ” II Signore sta per giudicare il suo popolo e per fare

misericordia ai suoi servi “, come ha promesso per bocca di Mosè ‘. »

La gente, assiepata intorno a Gesù, è rimasta a bocca aperta ad ascoltarlo. Poi commenta le parole del nuovo Rabbi e interroga i suoi compagni.

Gesù si avvia verso un altro cortile, separato da questo da un porticato. Gli amici lo seguono e la visione ha fine.


     

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