Il Sacerdote è sposo della Chiesa
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Il Sacerdote essendo il responsabile nel rapporto tra Dio e l’uomo, deve custodire e meditare la Legge Divina e quella della Chiesa in ogni tempo della sua vita, in ogni luogo, e in ogni circostanza. La Divina Legge e quella della Chiesa, sono per lui lampada, lume e disciplina che lo custodiscono puro e casto.
Queste sono le gemme e la luce della vita sacerdotale, e perciò il ministro di Dio non può desiderare la bellezza creata, quando ha scelto quella increata, non può lasciarsi prendere dagli sguardi di una donna, perché questa gli prenderebbe l’anima preziosa e lo getterebbe in un baratro.
Il Sacerdote non può presumere della sua castità, poiché come chi tiene in seno il fuoco si brucia, e chi cammina sui carboni accesi si scotta, così il Sacerdote che conserva nel cuore un affetto umano ed ha pericolose familiarità con le donne, non è immune dal contagio del male.
Egli è peggiore di un ladro, perché ruba a Dio l’anima sua e quella degli altri; è un insensato perché perde l’anima propria; è coperto di vergogna e di disonore, è infamato sulla terra.
Egli incorre nella tremenda gelosia dell’Amore Eterno, che non può tollerare in lui una divisione e non si appaga di futili scuse e di effimere riparazioni, ma lo condanna senza remissione quando muore impenitente.
Il Sacerdote è sposo della Chiesa, e molto più lo è un Pastore di anime; egli non può tradire le sue nozze spirituali, non può mescolarsi al mondo ed adulterare con le terrene attività.
Deve amare la bellezza soprannaturale ed essere fedele alla verità, non deve e non può per il prezzo di un pane farsi predare dall’errore o dalle sette, non può bruciare di fuoco terreno, ma deve ardere di amore divino.
don Dolindo Ruotolo
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Ho conosciuto personalmente don Dolindo. Ero giovane seminarista. L’ho andai a trovare nella sua casetta all’ultimo piano di via C. Rosaroll a Napoli. Nella sua Autobiografia “Fui chiamato Dolindo che significa dolore” egli racconta la sua vita molto singolare e per certi versi sconcertanti ma che traccia l’itinerario di un uomo che ha fatto di Dio il suo TUTTO, visto che egli si considerava Dain Koenel, due parole ebraiche coniate da lui stesso, che significano IL NULLA DI DIO. Gli chiesi un discernimento sulla mia vocazione. Mi guardò con i suoi occhi profondi. M’impose le sue mani sul capo. Pregò in silenzio. Poi mi disse: “Tu diventerai Prete ma dovrai soffrire molto”. Profezia che si è realizzata nella mia vita, Peccato che questa stupenda figura non sia stata messa in luce sufficientemente. Mi auguro che questo secondo tentativo di introdurre la causa di beatificazione, sostenuto dai “Francescani dell’Immacolata” vada in buon porto. Russo don Luigi