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Il Purgatorio secondo le rivelazioni dei Santi – 12°

18 Gennaio 2015 | Filed under: Purgatorio
     

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Purgatorio G

IL PURGATORIO DELLE PERSONE

CONSACRATE A DIO

II parte

 

Il Purgatorio dei sacerdoti Che dovrà dirsi poi di coloro che in forza del sacer­dozio sono divenuti altrettanti Cristi viventi in mezzo agli uomini? Come depositari della scienza sacra non varrà per loro la scusa dell’ignoranza; come dispen­satori dei Sacramenti, canali pei quali le grazie e le virtù divine si spandono sugli uomini, non potranno addurre per pretesto la loro debolezza; come elevati alla più alta dignità che esista sulla terra, infatti par­tecipi del sacerdozio eterno di Cristo, rivestiti della sua divina autorità sulle anime, non potranno sfug­gire al più alto grado di pena quando si rendano col­pevoli d’infedeltà e di prevaricazione. E ohimè! pur­troppo chi sa a quanti di loro possono applicarsi le terribili parole dell’Apostolo: Hic jam quaeritur inter dispensatores ut fidelis quis inveniatur! (1 Cor., 4, a) ­Quanto al Purgatorio ad essi riservato le rivelazioni de’ Santi ci raccontano particolari veramente spaven­tosi. Suor Francesca da Pamplona, già citata altre volte, dice che ordinariamente i sacerdoti restano in Purgatorio più a lungo dei laici, e racconta di un prete rimasto per lunghi anni in Purgatorio per avere con colpevole negligenza, lasciato morire un giovane senza Sacramenti. Quanto è eccellente la dignità di un sacerdote, quanto gravi sono le sue responsabilità, altrettanto spaventose sono le pene riservategli in Pur­gatorio qualora trascuri qualcuno dei suoi doveri o si lasci trascinare in una rilassatezza non consona alla sua vocazione.

Al celebre Giovanni da Lovanio furono riservate pene durissime in Purgatorio per aver troppo deside­rato le dignità ecclesiastiche e per l’abuso, tanto co­mune a quei tempi, di aver posseduto più di un lauto beneficio contemporaneamente. Caritatevole come era, aveva fatto grandi doni a molti monasteri, e special­mente a quello di Ruremonde, dove allora era priore il ven. Dionigi Cartusiano, e dove il prelato volle es­ser sepolto per proseguir quasi a godere in qualche modo la compagnia di quei santi monaci ed usufruire delle loro preghiere. Or avvenne che durante i suoi funerali il catafalco, che sorgeva in mezzo alla chiesa, fu all’improvviso ravvolto in una nube nerissima, dalla quale uscivano fuoco e fiamme. Lo stupore dei presenti fu immenso, e insieme allo stupore il dubbio che il defunto fosse dannato. Il ven. Dionigi Cartu­siano per un anno intero offrì Messe e suffragi per l’insigne benefattore ed amico. Nel giorno anniversa­rio della morte di Giovanni da Lovanio la scena si rinnovò, ma questa volta una nube meno densa av­volgeva il catafalco, e nel di del secondo anniversa­rio, invece della nube, i monaci videro una splendida luce in mezzo alla quale saliva al cielo l’anima del prelato; libera ormai da ogni pena. (Bolland. – Vita Dionysii Carthus. 2 Martii).

Citiamo ancora un esempio che valga ad allontanare gli ecclesiastici dal desiderio delle dignità e degli onori.

La B. Giovanna della Croce religiosa francescana aveva conosciuto uno dei più illustri prelati de’ suoi giorni, il quale per molto tempo l’aveva trattata con carità e rispetto singolare, ma poi in seguito ad un avvertimento da lei datogli da parte di Dio per invi­tarlo a correggersi da alcuni difetti di carattere, se ne offese per modo che cercò di perseguitarla in ogni maniera. Morì egli, e la Santa, per contraccambiare il male col bene, si pose a pregare per lui con tutto il fervore del suo spirito. Una notte mentre era in ora­zione, ecco apparirgli il defunto col viso abbattuto e piangente, con una mitra di fuoco sulla fronte, con un pastorale di fuoco in mano, e colle labbra serrate da catene roventi che gli permettevano appena di emettere soffocati singhiozzi. Egli che un giorno an­dava tanto orgoglioso della sua dignità, trovavasi ora umiliato oltre ogni credere, e in luogo de’ suoi ricchi vestimenti era ricoperto appena da un abito lacero e sozzo: si trovava poi circondato da varie anime che pei suoi mali esempi erano state indotte alla rilassa­tezza. – Spaventata da quello spettacolo la B. Gio­vanna domandò al suo Angelo custode se le pene che il misero prelato soffriva fossero d’Inferno o di Pur­gatorio: – Dio te lo farà sapere a suo tempo, rispose quegli, e non aggiunse altro. – Nonostante questa incertezza in cui era rimasta, ella proseguì i suoi suf­fragi, e pochi giorni dopo vide comparire di nuovo l’anima del defunto, molestata da pene molto minori, la quale ringraziandola e supplicandola di continuare i suoi suffragi le chiese umilmente perdono della sua ingiusta condotta verso di lei. Giovanna allora si pose all’opera con maggior impegno di prima, e poco tem­po dopo ebbe la consolazione di veder quell’anima interamente libera da ogni pena salire al cielo. (Cron. dei Frati Minori, p. IV, lib. 11, capo 18).

Vediamo ora quali sono le colpe che Dio più seve­ramente punisce nei sacerdoti. – Se nei laici la tie­pidezza nel divino servizio è riprovevole, che dovrà dirsi dei ministri del Santuario, sul cuore de’ quali ogni mattina riposa il Cuore di Gesù? S. Bernardo parlando della punizione toccata ad uno de’ suoi mo­naci per esser caduto in questo difetto, racconta che mentre gli si celebravano le esequie, un vecchio mo­naco di esemplare santità intese un gruppo di demoni tutti allegri e festosi gridare: – Finalmente! anche in questo luogo abbiamo potuto trovare un’anima che apparterrà a noi! – E la notte seguente apparsogli lo stesso defunto e conducendolo sull’orlo di un pre­cipizio pieno di fumo e di fiamme: – Vedi, gli disse, ecco il luogo d’onde i demoni furibondi verso di me hanno da Dio il permesso di lanciarmi continuamente e ritrarmi dall’abisso senza lasciarmi un momento di tregua. – Appena albeggiato, il buon monaco corse a dar notizia della visione avuta a S. Bernardo, il quale durante la notte avendone avuta una simile, convocò immediatamente il capitolo, e colle lacrime agli occhi dato conto a tutti i monaci dello stato del loro confratello, li esortò a pregar vivamente pel suo riposo e a trar profitto dal triste esempio per avanzare con fervore nelle vie delta perfezione.

Una delle più importanti missioni del sacerdote è senza dubbio quella di essere sulla terra il ministro della preghiera della Chiesa. Mentre gli uomini del secolo attendono ai loro lavori, e si contentano appe­na di un breve ricordo innalzato a Dio mattina e sera, il sacerdote, qual novello Mosè sul monte santo, sol­leva al cielo per sette volte al giorno il suo pensiero ed il suo cuore, onde la benedizione di Dio scenda copiosa sul popolo eletto. Si rende perciò gravemente colpevole quel sacerdote, che trascura gli obblighi di questo gran ministero di intercessione, o almeno li compie con tal negligenze che la Chiesa resta priva del frutto che dovrebbe ricavarne. Un esempio con­facente a quanto diciamo è riferito da San Pier Da­miani nella lettera quattordicesima all’abate Deside­rio.

  1. Severino arcivescovo di Colonia, il quale era stato insignito da Dio del dono dei miracoli, e per la sua vita apostolica, pel suo zelo ardente, per le grandi fatiche sostenute per l’accrescimento del regno divino sulle anime, arrivò a meritare gli onori sublimi della canonizzazione, dopo morte apparve ad uno dei cano­nici della cattedrale per implorarne suffragi. E poichè questo altamente meravigliavasi di sentire che soflrisse le pene del Purgatorio, ed allegava la vita esem­plare da lui menata e il concetto di santo in cui era tenuto dai fedeli, il defunto rispose: – Iddio mi ha fatto, è vero, la grazia di servirlo con tutto il cuore, ma la mia fretta soverchia nel recitare il breviario, ed il farlo talvolta in ore diverse da quelle che la Chiesa prescrive; a motivo delle mie grandi occupazioni, mi hanno condotto in questo luogo di pena, e poiché Dio mi ha permesso di venire ad implorare le vostre pre­ghiere, non vogliate, vi supplico, rifiutarmele. – La storia soggiunge che S. Severino restò più di sei mesi in Purgatorio per questa mancanza sì lieve.

Il beato Stefano, religioso francescano, essendo so­lito di passare ogni notte alcune ore davanti al SS.mo Sacramento, vide una volta seduto in uno degli stalli del coro un religioso, col volto nascosto nel cappuc­cio. Stupito per tal novità, gli si avvicinò, doman­dandogli che cosa mai facesse lì a quell’ora, mentre gli altri frati riposavano. Al che quegli con voce lu­gubre rispose: – Io sono un religioso morto in que­sto monastero e condannato dalla divina Giustizia a far qui il mio Purgatorio, meritato per le numerose negligenze da me commesse in questo luogo stesso nella recita del divino ufficio, e per la tiepidezza e le distrazioni volontarie da me usate nel pregare. – Avendo allora il Beato recitato in suffragio di quel­l’anima il De profundis e l’Oremus Fidelium, il de­funto parve ritrarne gran sollievo. Per molte altre notti poi seguitò ad apparire per eccitare la compas­sione di lui, finché una volta, dopo la recita del De profundis, Stefano lo vide abbandonare lo stallo con un gran sospiro di soddisfazione in segno che la sua prova era finita (Cron. dei Frati Min., lib. IV, c. 30).

Tuttavia il ministero più sublime e più delicato di un sacerdote è quello della celebrazione della Santa Messa. Quante cure si prende la Chiesa per formare dei preti compresi della loro dignità e delle loro responsabilità in ordine specialmente alla celebrazione del divin Sacrificio. Ogni abuso in proposito è senza dubbio punito severamente dalla Divina Giustizia, quindi le irriverenze e le mancate attenzioni nella ce­lebrazione del sacro Rito, l’accumular di intenzioni, che poi è impossibile soddisfare a tempo e luogo, non passeranno impunite dinanzi a Dio.

Apparizioni di sacerdoti defunti, che hanno inmplo­rato l’aiuto di anime pie e generose, ne potremmo ci­tare molte, basterà tuttavia ricordarne alcune a prova di quanto sopra abbiamo affermato.

Nell’anno 1859, nell’abbazia dei Benedettini di La­trobe, in America, accadde una serie di apparizioni delle quali il giornalismo americano ebbe molto a occuparsi, ma con tanta leggerezza, che l’abate Wim­mer, superiore di quel monastero, per far cessare gli scandali e ripristinare i fatti nella loro vera realtà, scrisse ai giornali la seguente relazione.

«Nella nostra abbazia di S. Vincenzo presso La­trobe il 18 settembre 1859 un novizio vide apparire un religioso che da quel giorno fino al 19 novembre si presentò regolarmente dalle undici del mattino fino al mezzodì, o dalla mezzanotte alle due antimeridia­ne. Il 19 di detto mese essendo stato lo spirito inter­rogato dal novizio in presenza d’un altro religioso di quella comunità, rispose che da settantasette anni stava penando per non aver soddisfatto all’obbligo della celebrazione di sette Messe; che era già apparso in diverse epoche a sette altri Benedittini di quel monastero senza che lo avessero mai potuto compren­dere, e che se il detto novizio non fosse venuto ora in suo soccorso, non avrebbe più avuto facoltà di comparire se non dopo undici anni. Domandava quindi che fossero celebrate le sette Messe, che il novizio per lo spazio di sette giorni dovesse fare esercizi spiri­tuali e conservare perfetto silenzio, e per trenta giorni dovesse recitare tre volte il dì il salmo Miserere coi piedi scalzi e le braccia aperte. Nello spazio dal 20 novembre al 25 dicembre, adempiute queste prescri­zioni del defunto, lo spirito dopo la celebrazione del­l’ultima Messa cessò di comparire. In tutto questo tempo erasi egli presentato con maggior frequenza, eccitando il novizio colle piú commoventi espressioni a pregare per le anime del Purgatorio, dicendo che queste infelici soffrono orribilmente e che sono gra­tissime a coloro che contribuiscono ad affrettare la loro salvezza. Soggiunse poi che di cinque sacerdoti morti fino allora nell’abbazia, nessuno era ancora sa­lito in cielo, e che tutti stavano soffrendo in Purga­torio». Questa relazione legalmente firmata dall’abate Wimmer, esclude qualunque commento.

Sempre a proposito di Messe dimenticate, leggiamo nelle Cronache dei Carmeilitani. Scalzi (tomo II, libro VII, cap. 64) che il P. Domenico della Madre di Dio, priore nel Monastero di Nostra Signora del Rimedio, quantunque avesse menato nel Chiostro una vita edi­ficante, nondimeno fu condannato a rigorose pene in Purgatorio, per non aver colpevolmente soddisfatto a un certo numero dì intenzioni: Qualche tempo dopo la sua morte, la divina misericordia gli permise di comparire a Fra Giuseppe di S. Antonio, religioso converso, uomo semplice e pio, il quale si dette pre­mura di avvisare subito il nuovo Priore delle pene che il P. Domenico soffriva in Purgatorio, e degli aiuti che chiedeva pel riposo della sua anima, specialmente di celebrazioni di sante Messe. Il Priore non volle prestare orecchio al racconto del fratello laico, e il povero defunto apparso di nuovo, scongiurò i suoi confratelli in nome della carità e della religione ad aver pietà del suo deplorevole stato soddisfacendo alle Messe da lui non soddisfatte. A questo secondo av­viso il Priore si arrese, e appena celebrate le Messe le apparizioni cessarono.

Per soddisfare ad obblighi di giustizia contratti con le anime del Purgatorio molti sacerdoti celebrano di tanto in tanto delle Messe per soddisfare agli obbli­ghi di Messe eventualmente non soddisfatte. Santa pratica, che vivamente raccomandiamo a tutti i nostri confratelli nel sacerdozio. Nè mancano da noi Asso­ciazioni di suffragio fra sacerdoti, dette Centurie, i cui ascritti si obbligano ad applicar delle Messe ogni volta che muore un confratello. Così i sacerdoti, spes­so dimenticati perfino dai parenti e dagli eredi, si assicurano i suffragi dopo morte. Bellissima cosa, me­ritevole di estendersi in tutte le Diocesi.

Can. Luigi Coccolo


     

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