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Il Purgatorio secondo le rivelazioni dei Santi – 12

12 Gennaio 2015 | Filed under: Purgatorio
     

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IL PURGATORIO DELLE PERSONE

CONSACRATE A DIO

I parte

«Cui multum datum est…»

Nei precedenti capitoli si è visto come Iddio nella sua eterna giustizia punisca le anime in relazione alle grazie delle quali hanno abusato; è quindi naturale che le persone a lui consacrate abbiano a subire dopo morte tormenti gravissimi, proporzionati alla subli­mità della loro vocazione. Secondo S. Francesca Ro­mana il carcere dei chierici aspiranti al sacerdozio, dei religiosi e delle religiose, si trova nella regione infe­riore del Purgatorio, al disotto di quello dei laici che commisero gravi colpe; i sacerdoti poi stanno spro­fondati ancor più in basso e proprio sul confine del­l’Inferno, in punizione di non aver sufficientemente corrisposto colla loro condotta alla sublime dignità che rivestivano in vita e alla conoscenza maggiore dei loro doveri, della quale erano capaci a preferenza de­gli altri. Quantunque riuniti in un medesimo luogo, ciascun di loro è punito secondo il numero e la gran­dezza delle colpe commesse, e secondo il posto che occupò nella Chiesa di Dio. Alla stessa stregua si misura la durata della pena. – Queste rivelazioni di S. Francesca Romana ci sono confermate da molte altre visioni particolari. Diceva un’anima del Purga­torio ad una pia religiosa del Belgio: – Figliuola mia, vivi da santa, poichè il Purgatorio riservato alle religiose è terribile. – Vincenzo di Beauvais nel libro settimo del suo Speculum historicum racconta che ad un monaco Benedettino, mentre era moribondo, fu mostrato il Purgatorio dei religiosi, nel quale vide alcuni di questi ravvolti da fiamme divoratrici che pe­netravano nelle loro carni come acuti dardi; altri di­stesi sopra graticole ardenti, che facevano spavento a vedersi, ed altri in vari modi martoriati, e il suo An­gelo custode gli disse: – Quelli che tu vedi in preda a tanti strazi sono religiosi appartenenti a tutti gli Ordini, e che sebbene non abbiano commesso mai gravi falli, si resero però colpevoli di molte piccole negligenze, che stanno ora severamente espiando prima di essere ammessi alla divina presenza. – Santa Margherita Maria Alacoque, mentre pregava una volta per tre persone morte di recente, due delle quali reli­giose, la terza secolare, fu chiesto familiarmente da Nostro Signore: – Quale delle tre vuoi tu che io lasci libera? – Signore, rispose la santa, degnatevi voi stesso di fare questa scelta a seconda di ciò che torni maggiormente a vostra gloria e piacimento. – Allora nostro Signore liberò il defunto secolare, dicendo che a lui ispiravano minor compassione i religiosi, ai quali egli dona tanti maggiori mezzi di meritare il Paradiso e di espiare i loro peccati in questa vita colla perfetta osservanza delle loro regole.

Abbiamo già appreso da S. Francesca Romana che i semplici chierici, i religiosi e le religiose, quantun­que trattati con più rigore dei laici, sono però tor­mentati meno dei sacerdoti. I falli poi che in questi maggiormente punisce la divina Giustizia sono so­pratutto quelli che provengono da tiepidezza nel di­vino servizio. – Al quale proposito riporteremo qui un fatto importantissimo che si legge nella vita della ven. madre Agnese di Langeac.

Mentre questa un giorno stava in coro pregando, le apparve una religiosa a lei sconosciuta, col volto mesto e abbattuto e in quella foggia di vestito che di notte sogliono adoperare le religiose, e mentre atten­tamente la guardava, udì una voce che le disse: – ­Colei che ti sta presente è la suora d’Altavilla (tale era il nome d’una monaca del Puy morta dieci anni innanzi). In quel mesto atteggiamento la defunta non pronunziava parola, ma abbastanza dava a vedere quanto bisogno avesse d’esser soccorsa. La M. Agne­se si pose allora fervorosamente a pregare per lei, pro­seguendo, per più di tre settimane, durante le quali la povera defunta, sempre penante, apparivele ad ogni momento e in ogni luogo, specialmente dopo la comunione e l’orazione comune. La buona religiosa avendo creduto suo dovere di darne avviso al con­fessore, questi stimò di farne consapevoli le monache di S. Caterina del Puy, alle quali aveva appartenuto la religiosa defunta; ma siccome la M. Agnese diceva che avrebbero preso il racconto per un sogno, si decise di non farne parola ad alcuno, ma che invece essa avrebbe fatto straordinari suffragi e ferventi pre­ghiere per quell’anima. Tuttavia continuando la de­funta le sue apparizioni come se i suffragi a nulla giovassero, la M. Agnese incominciò a temer forte­mente di esser vittima d’un’illusione; ma dal suo An­gelo custode fu assicurata trattarsi veramente di un’a­nima del Purgatorio, la quale così soffriva per la sua tiepidezza nel divino servizio. Dopo quest’apparizio­ne dell’Angelo cessarono quelle della defunta, dimo­dochè non si potè mai sapere quant’altro tempo sia ella dovuta restare in quel luogo di pene.

Dalla vita della stessa Venerabile, scritta dal Lan­tages, desumiamo quest’altro racconto. – Essendo morta una religiosa di Langeac, chiamata suor Serafi­ca, il confessore ordinò alla M. Agnese di supplicare Iddio affinchè le facesse conoscere lo stato di quel­l’anima. Ubbidì ella difatti, e umiliata al Signore la sua domanda ed offertasi vittima a lui in luogo della religiosa, sentì tosto un grande ardore invaderle tutto il corpo; da ciò comprese che la povera suora sof­friva il fuoco del Purgatorio, e infatti essendo stata poi essa trasportata laggiù in ispirito, la riconobbe fra molte anime, che bruciavano in quelle fiamme, ed intese che con voce lamentevole le chiedeva soccorso. Le apparve poi la defunta un’altra volta per doman­darle la benedizione, che subito la M. Agnese le im­partì. Otto giorni dopo, la pia superiora dopo la co­munione essendo scesa in coro a prostrarsi sul sepolcero della defunta, e con gemiti e lacrime domandando allo Sposo divino che liberasse quella figlia dalle fiamme che la tormentavano, sentì una voce che le rispose: – Continua, continua a pregare, poichè non è ancora giunto il tempo della liberazione di Serafica. – Due giorni dopo però, mentre la M. Agnese assi­steva alla Messa, vide al momento della elevazione che quell’anima saliva al cielo con estremo gaudio e letizia.

Si è parlato precedentemente di una religiosa della Visitazione, la quale apparve a S. M. Maria Alaco­que per stimolarla a pregare per lei, onde fosse libe­rata dalle pene che soffriva; ebbene, questa povera suora si lamentava sopratutto della troppa facilità con la quale in vita si era fatta dispensare dalla osservan­za della regola e dagli esercizi comuni, e deplorava vivamente le soverchie cure che aveva posto nel pro­curarsi comodi e sollievi, soggiungendo che se non fosse stata la Vergine Santissima, ella sarebbe andata irrevocabilmente perduta. Un’altra religiosa apparsa quasi contemporaneamente alla Santa non chiedeva alcun sollievo fra i suoi tormenti; meravigliandosi S. M. Maria Alacoque di ciò, le fu risposto che alla defunta non era permesso chiedere preghiere in pu­nizione di non aver corrisposto in vita alle disposi­zioni che Dio le aveva dato per il puro patire, mentre invece aveva cercato con troppa cura il suo benessere e prosperità temporale.

Voglia Iddio che questi esempi producano una sa­lutare impressione su quelle anime religiose, le quali, dopo essersi dedicate a lui, languiscono nel suo santo servizio resistendo alle ispirazioni della sua grazia e menando una vita tiepida e oziosa. Riferiamo ancora qualche esempio, che ci dimostri con quanta severità siano punite da Dio le mancanze contro i voti di po­vertà e di obbedienza. Del voto di castità non par­liamo, poiché coloro che non temono di macchiare sacrilegamente il loro corpo dopo di averlo donato allo Sposo Divino, non hanno posto al Purgatorio, ma molto più giù.

Dagli Annali dei Padri Cappuccini togliamo il rac­conto seguente. Frate Antonio Corso, celebre per il suo zelo nella penitenza, mortificava continuamente il suo corpo più di quanto la regola non prescrivesse. Per molti anni portò giorno e notte sulla nuda carne un cilizio pungentissimo; per nutrimento non prende­va che poco pane, ed acqua per bere. Negli ultimi anni della sua vita limitò a tre volte alla settimana questo misero pasto e raddoppiò le sue preghiere e le sue penitenze. Nella Settimana Santa si disciplinava per cinque ore di seguito, dandosi colpi di cilizio nu­merosissimi. Or bene, chi non avrebbe creduto che quell’anima sarebbe scampata senz’altro alle pene del Purgatorio? Invece la sorte fu ben diversa. Dopo la morte apparve un giorno il defunto all’infermiere del convento, al quale svelò il suo stato con queste parole: – Grazie alla misericordia divina io sono salvo, quan­tunque per un peccato commesso contro la santa po­vertà, tanto raccomandata dal nostro serafico Padre, meritassi l’Inferno. La Vergine Santa mi ha ottenuto la liberazione, ed ora sono condannato soltanto ad espiare il mio peccato in Purgatorio, poichè Iddio non tollera macchia alcuna nelle anime che vanno presso di lui. –

S. Maria Maddalena de’ Pazzi racconta di una re­ligiosa trattenuta per alcuni giorni in Purgatorio per mancanze che a noi sembrerebbero leggerissime, co­me quella di aver fatto senza necessità certi lavoretti da donna in giorni festivi o di aver portato troppa affezione ai suoi parenti. La pena sarebbe stata an­cora più dura se non l’avessero resa accetta a Dio la sua fedeltà nell’osservanza della regola, la sua purità di intenzione e la sua carità verso le consorelle.

A proposito poi delle mancanze di carità dei reli­giosi, nella vita di S. Luigi Bertrando si legge come essendosi il Santo trattenuto una notte dopo mattu­tino in coro a pregare, vide comparirsi un religioso, circondato di fiamme, che gettandosi ai suoi piedi lo supplicò di volergli perdonare una parola ingiuriosa, che vivendo aveva pronunziato contro di lui molti anni innanzi, e solo per la quale diceva di essere con­dannato da Dio in Purgatorio; implorava quindi da lui per carità una Messa sola, che sarebbe bastata a liberarlo da quelle pene. Avendo il Santo soddisfatto al desiderio del defunto, lo vide nella notte seguente glorioso e raggiante salire al cielo (Vita S. Ludovici, in Diario Dominicano, 10 Octobris). Questo esempio valga da solo a farci pensare seriamente all’espres­sione di N. Signore nel Vangelo: Chiunque dirà al suo fratello: Tu sei pazzo, sarà condannato al fuoco (Matt., 5, 22).

S. Margherita M. Alacoque vide in sogno una re­ligiosa morta molto tempo prima, la quale le disse di soffrire assai in Purgatorio, ma che la pena maggiore con cui Dio la castigava era quella di farle vedere di continuo una delle sue parenti precipitata nell’In­ferno. A tale rivelazione la Santa si svegliò tanto sof­ferente da sembrare che la defunta le avesse impresso nel corpo le sue pene, e siccome, trattandosi di un sogno, non voleva prestarvi troppa fede, quell’anima non le concedeva riposo e le ripeteva continuamente all’orecchio: – Pregate Iddio per me; offritegli le vostre sofferenze in unione a quelle di Gesù ed a sol­lievo dell’anima mia. Fate per me tutto ciò che po­trete fino al primo venerdì del mese in cui vi comu­nicherete in mio suffragio. – Tutto ciò fu eseguito dalla Santa con permesso della superiora; nondimeno le sue sofferenze aumentando la spossavano orribil­mente e non le permettevano più di prender riposo; e poiché per riparare le forze l’obbedienza l’avea co­stretta a stare in letto, ecco quell’anima venirle nuo­vamente vicino, e rimproverandole la sua pigrizia e le sue comodità, additarle il letto di fuoco su cui essa giaceva in Purgatorio, letto orribile e tormentoso, sul quale ogni più leggera mancanza contro la regola veniva punita severamente con speciale castigo; e sog­giungeva: – Vorrei che tutte le anime consacrate a Dio potessero vedere il mio stato; se potessi far loro conoscere la grandezza delle mie pene e quelle ancor maggiori riserbate a chi non corrisponde alla voca­zione avuta, camminerebbero tutte con ardore per la strada della virtù e dell’osservanza della propria re­gola.

Perciò le persone consacrate al Signore con la professione religiosa devono attentamente vigilare sopra ogni loro parola, sopra ogni loro azione e pensiero, per non rimanere un giorno colpite dalla severa giu­stizia di Dio.

Can. Luigi Coccolo


     

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