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Il Purgatorio secondo le rivelazioni dei Santi – 11

9 Gennaio 2015 | Filed under: Purgatorio
     

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PURGATORIO DI DESIDERIO 

Sete di Dio

Abbiamo veduto quali sarebbero secondo le rivela­zioni di S. Maria Maddalena de’ Pazzi le suddivisioni del Purgatorio; aggiungiamo ora dei particolari, che apprendiamo da una celebre visione di S. Francesca Romana (Bolland. Vita S. Franciscae, 9 Martii). Se­condo questa Santa dunque il Purgatorio risulta di tre parti distinte: nella regione superiore stanno le anime che soffrono la sola pena del danno o al più qualche pena mite e di poca durata; nella regione media, ove la Santa vide scritto la parola Purgatorio, soffrono le anime che commisero colpe leggere; final­mente in fondo all’abisso e precisamente in vicinanza dell’Inferno v’è la terza regione, ossia il Purgatorio inferiore, tutto ripieno di un fuoco chiaro e penetran­te, diverso da duello dell’Inferno, che è oscuro e te­nebroso. Questa terza regione si divide a sua volta in tre scompartimenti, ove le pene vanno gradata­mente aumentando, e sono riservati ai secolari il primo, ai chierici non ordinati in sacris il secondo, e il terzo ai sacerdoti e ai vescovi: Citi multum datum est, multum quaeretur ab eo (Luc., 12-48).

Che vi sia un Purgatorio superiore in cui le anime non soggiacciono a pene sensibili è confermato da molte rivelazioni anche dai Santi. Fu la Vergine SS. a rivelare a S. Brigida che esiste un Purgatorio spi­rituale, detto Purgatorio di desiderio, nel quale son trattenute alcune anime, che sebbene immuni da ogni peccato, nel tempo però della loro vita mortale non hanno sospirato abbastanza verso il loro Creatore. Altrettanto leggiamo presso altri Santi.

Nella vita di S. Maria Maddalena de’ Pazzi si legge che una delle sue consorelle per nome Maria Benedet­ta Vittoria, religiosa di molte virtù, che le morì tra le braccia, mentre era in agonia fu vista dalla Serva di Dio aspettata da una moltitudine di angeli di aspet­to ilare e sereno che dovevano condurla nella celeste Gerusalemme, e nel momento poi in cui spirò vide quell’anima eletta sotto forma di colomba dalla testa dorata volare fra quegli spiriti celesti e quindi spa­rire. Tre ore dopo vegliando vicino al cadavere in compagnia d’un’altra suora per nome Pacifica di To­vaglia, questa interruppe le preghiere per domandare alla Santa dove si trovasse in quel momento la loro consorella, se in Paradiso o in Purgatorio.

Nè in questo nè in quello, rispose la Santa. La suora stupì a tal risposta, e quasi se ne scandalizzò, ma poco dopo recitando con Maddalena l’Ufficio de’ morti, essen­dole accaduto alla fine di un salmo di recitare il Glo­ria Patri invece del Requiem, ed avendo voluto riprendersi, la Santa le disse che bene avea detto, poi­ché non occorreva più implorare per quell’anima l’e­terno riposo. Suor Pacifica quantunque non arrivasse a comprendere il senso di quest’assicurazione, non osò interrompere la compagna. – La mattina del giorno dopo celebrandosi la Messa per la defunta, nel momento del Sanctus Maddalena fu rapita in estasi, nel­la quale il Signore le fece vedere quell’anima benedetta in mezzo alla gloria eterna.

La sua fronte aveva una stella d’oro, segno di ricompensa alla sua ar­dente carità; le sue dita erano cariche di anelli pre­ziosi, e la corona che portava sul capo era pìù ricca di quella di un’altra religiosa di gran perfezione, morta poco tempo prima. Questa differenza proveniva dal gran desiderio di soffrire per Iddio, che Maria Bene­detta avea avuto in vita. Di più per la gran carità con cui avea sempre trattato il prossimo e le sue conso­relle godeva in cielo del singolar favore di accostare la sua bocca a quella del divin Salvatore e di berne a lunghi sorsi una bevanda deliziosissima

Il che ve­dendo, Maddalena si pose a felicitarla della sua sorte; indi chiese al Signore perchò appena morta invece di ammetterla immediatamente alla sua divina pre­senza, l’avesse trattenuta (com’era accaduto difatti) per cìnque ore non in Purgatorio, ma in un luogo par­ticolare, dove pur non soffrendo alcuna pena sensi­bile, era rimasta priva della vista di lui. I1 Signore le rispose che questa suora nella sua ultima malattia essendosi troppo compiaciuta delle premure e dei di­sturbi che si davano le consorelle nell’assisterla, aveva per qualche tempo interrotto quell’unione abituale e perfetta che aveva con Dio, e per ciò era stata in tal maniera punita.

La stessa Santa vide un’altra volta una religiosa della sua comunità, morta di recente, brillare di cele­ste chiarezza in tutto il corpo, fuori che nelle mani, a cagione di certe imperfezioni da lei avute contraria­mente al voto di povertà. Ma dopo pochi istanti le mani pure le s’irradiarono, ed entrò in pieno pos­sesso della gloria eterna.

Il P. Francesco Gonzaga, francescano e poi vesco­vo di Mantova, racconta un fatto consimile nel suo libro sull’origine della religione Serafica (Parte IV, N. VII).

Frà Giovanni de Via, religioso di molte virtù, cad­de malato e morì in un convento delle isole Canarie. Il suo infermiere, che si chiamava frate Ascerisio, anch’egli molto avanzato nella perfezione, stava un giorno pregando pel riposo di quell’anima, quando all’improvviso si vide comparire davanti un religioso del suo Ordine, circondato da raggi luminosi, che riempirono la cella di una dolce chiarezza; il frate fuori di sè dalla gioia non lo riconobbe in quel mo­mento, e non osò domandargli il nome; ma essendogli riapparso una seconda e poi una terza volta, fat­tosi finalmente coraggio, gli chiese, in nome di Dio, chi fosse e perché venisse. Io sono, rispose allora il defunto, l’anima di fra Giovanni de Via, e vengo a ringraziarti sinceramente per le preghiere che innalzi al Signore in mio suffragio e ad annunziarti che, gra­zie alla misericordia divina, io mi trovo in luogo di salvazione, fra i predestinati alla gloria; del che ti siano prova questi raggi che partono dal mio corpo.

Tuttavia siccome non sono stato ancora giudicato de­gno di contemplare faccia a faccia il mio Dio, per­ché durante la mia vita dimenticai colpevolmente di recitare alcuni Uffici pei defunti, a’ quali io era tenuto in forza della regola, ti scongiuro in nome dell’ami­cizia che mi hai sempre portato, anzi in nome dell’a­more che nutri per Gesù, di fare in modo che questi Uffici siano recitati in mia vece colla maggior solle­citudine, affinchè io possa quanto prima godere la vista del mio Signore. Frà Ascensio corse a raccon­tare l’accaduto al Guardiano, il quale ordinò che fos­sero immediatamente recitati gli Uffici. Ciò fatto, com­parve di nuovo l’anima di frà Giovanni, circondata  di luce assai pù brillante, annunziando di essere en­trata in possesso della completa felicità.

S. Geltrude nelle sue rivelazioni racconta che una pia religiosa, morta nel fior dell’età e nel bacio del Signore dopo una vita passata in continua adorazione verso il SS. Sacramento, le apparve appena morta tutta sfolgorante di luce celeste, inginocchiata davanti al divino Maestro, che faceva partire dalle sue piaghe gloriose cinque raggi infiammati, che andavano a toc­car dolcemente i cinque sensi della pia suora. Ciononostante, sembrando la fronte di questa come offusca­ta da una nube di tristezza profonda, S. Geltrude, piena di meraviglia, domandò al Signore come mai,  mentre egli favoriva la sua serva in modo tanto spe­ciale, questa sembrava che non godesse di una gioia perfetta.

Fino ad ora, rispose Gesù, quest’anima fu giudicata degna di contemplar solamente la mia Umanità glorificata e le mie cinque piaghe in conside­razione della sua devozione verso il Mistero Eucari­stico, ma non può essere ammessa alla visione beatifi­ca a cagione di alcune macchie leggerissime da lei contratte nella pratica della regola. – E poichè la Santa intercedeva per lei, nostro Signore le fece conoscere che senza numerosi suffragi quell’anima non avrebbe potuto così presto terminar la sua pena, esi­gendo così la giustizia divina; il che era tanto ben compreso dalla defunta, che fece segno a Geltrude di non voler essere liberata prima di aver soddisfatto in­teramente al suo debito; per la qual cosa il Signore, in segno di particolare benevolenza, le stese la mano sul capo e la benedisse.

Finiremo col raccontare la storia di un’anima, che dovette lungamente aspettare il giorno in cui finisse per lei la dura prova della privazione di Dio, e la citeremo per disteso affin di far conoscere i sentimenti interni dai quali sono animate quelle infelici. Possa­no i loro ardori di carità riscaldare il nostro cuore di ghiaccio, che nel tempo di questo misero esilio non sa comprendere che cosa sia aver fame e sete insa­ziabile di Dio.

Il giorno di tutti i Santi una giovane di rara pietà e modestia vide comparirsi dinanzi l’anima d’una dama di sua conoscenza, morta poco tempo prima, la quale le fece conoscere com’ella soffrisse bensì la sola pena della privazione di Dio, ma che questa pri­vazione era per lei così intensa, che le procurava un tormento intollerabile. In tale stato le si fece vedere più volte e quasi sempre in chiesa, poichè non potendo contemplar Dio faccia a faccia nel cielo, cer­cava di trovar compenso contemplandolo almeno sotto le specie eucaristiche. Sarebbe impossibile riferire a parole con che slancio di adorazione e con che umile rispetto rimanesse quell’anima davanti alla sacra Ostia.

Quando assisteva al divin Sacrificio, nel momen­to dell’elevazione il suo volto si illuminava in tal mo­do, che si sarebbe detta un serafino; del che stupita la giovinetta, dichiarava di non aver mai visto spetta­colo più bello. Ogni volta che questa si comunicava, l’anima della  matrona l’accompagnava alla sacra mensa e rimaneva poi accanto a lei per tutto il tempo del ringraziamento, quasi volesse partecipare alla sua felicità e godere anch’essa della presenza di Gesù. Le compariva ordinariamente vestita di bianco e con un lungo rosario in mano, in segno della sua divozione verso la Regina del cielo. Un giorno la pia fanciulla insieme con altre compagne, dopo aver decorato pia­mente l’altare della Vergine, s’inginocchiò con loro e propose che baciando i piedi della statua, tutte l’abbracciassero due volte, una per loro stesse, l’altra per­la defunta amica.

Il che fatto, ecco venir questa tutta ilare e festosa à ringraziarla con indicibile affetto: che anzi in quel giorno le confidò come avendo una volta fatto voto di far celebrare tre Messe all’altare della SS.. Vergine e  non avendo poi potuto adempierlo, questo debito sacro non soddisfatto aumentava la sua pena, e poichcè la pregò di adempierlo in vece sua, – cosa che la fanciulla fece subito – le apparve di nuovo tutta giuliva per ringraziarla, e in ricom­pensa della sua carità la consigliò a non far voti giammai, senza essere decisa a compierli all’istante, poichè la giustizia di Dio su questo punto è inesora­bile.

L’esortava poi sempre ad una tenera divozio­ne verso la Vergine, e specialmente al ricordo dei do­lori da lei sofferti sul Calvario, e le inculcava di sa­lutarne l’effigie colle tre invocazoni delle Litanie, Mater admirabilis, Consotairix af fictorum, Regina Sanctorum omnium; e diceva che più vivo è il no­stro amore in vita verso questa buona Madre, e più efficace sarà la sua assistenza nel finale giudizio. – La consigliava pure ad una gran carità e compas­sione verso le povere anime del Purgatorio, per le quali voleva che offrisse tutte le sue preghiere, pe­nitenze e buone opere. – Un giorno in cui la pia giovinetta, docile a’ suoi consigli, recitava colle brac­cia aperte cinque Pater ed Ave pei defunti, quell’a­nima accorse a sostenerle le braccia già stanche e ad aiutarla nella sua preghiera.

Un altro giorno men­tre in chiesa le parlava, avendo inteso suonare il campanello dell’elevazione, corse tosto all’altare dove si celebrava il divin Sacrificio, e colla faccia a terra si pose ad adorare nostro Signore con profondo ri­spetto. Ogni volta che avesse pronunziato o inteso pronunziare i santi nomi di Gesù e di Maria, ella chinava il capo con angelico raccoglimento. – Pas­savano però in tal modo giorni e mesi, e malgrado i suoi ardenti desiderii e le preghiere dell’amica, quell’anima santa non veniva ammessa ancora alla contemplazione immediata di Dio. Finalmente il tre dicembre, festa di S. Francesco Saverio, la giovinetta dovendo andare a comunicarsi nella chiesa dei Padri Gesuiti, invitò la defunta a seguirla e questa, fedele all’invito, l’accompagnò alla sacra mensa e rimase vi­cino a lei per tutto il tempo del ringraziamento che fu molto lungo, dopo del quale affettuosamente rin­graziandola, le annunziò che la sua prova era finita.

L’otto dicembre, festa dell’Immacolata Concezione, le riapparve un’altra volta, ma sfolgorante già di tal luce che l’amica non poteva fissare su di lei lo sguar­do. Finalmente il 10 dicembre, mentre si celebrava la santa Messa, la vide, fra splendori assai più intensi e sublimi, avvicinarsi all’altare genuflettendo, e dopo averla ringraziata un’ultima volta delle preghiere da lei fatte, salire al cielo in compagnia del suo Angelo custode.

È dunque provata dalle rivelazioni dei Santi e da­gli esempi riferiti l’esistenza di un Purgatorio supe­riore, o, se vogliamo, di un luogo intermedio fra il Paradiso e il Purgatorio propriamente detto, dove le anime compiono la loro purificazione immuni da tor­menti, ma accese dal desiderio di raggiungere Dio.

Sembra inoltre confermato come le anime purganti passino dalle regioni inferiori alle superiori man ma­no che va compiendosi la loro purificazione. E’ celebre a questo proposito. l’interessantissima apparizione av­venuta dal settembre al dicembre 1871 nel monastero delle Redentoriste a Malines nel Belgio.

Il padre di una religiosa di quel convento, certa suor Maria Serafina, al secolo Angela Aubepin, es­sendo passato di questa vita, apparve per lo spazio di tre mesi consecutivi alla figlia per chiederle suf­fragi. Durante il primo mese, le compariva tutto circondatto di fiamme, gridando: – Pietà, figlia mia, abbi pietà di tuo padre! – Guarda, le disse un gior­no, questa cisterna di fuoco in cui sono immerso! Siamo qui a soffrire in parecchie centinaia! Oh! se si conoscesse che cosa sia il Purgatorio, si farebbe di tutto per evitarlo e per soccorrere le povere anime che vi son racchiuse. – Spesso poi in mezzo alle fiam­me da cui era ravvolto, gridava: – Ho sete, ho sete! – Dal 14 ottobre in poi il povero defunto, quantun­que tormentato sempre da atroci patimenti, parve che non fosse più circondato da fiamme; senza dubbio egli era passato nella regione media del Purgatorio.

Durante questo periodo disse un giorno alla figlia che i teologi non esagerano affatto, insegnando che i tormenti patiti dai martiri sono inferiori a quelli delle anime del Purgatorio; e avendogli nella vigilia d’O­gnissanti domandato la religiosa, dietro comando del confessore, su quale argomento sarebbe stato meglio che questi avesse predicato nel giorno della festa se­guente, rispose: – Ahimè! gli uomini non sanno o non credono abbastanza che il fuoco del Purgatorio è simile a quello dell’Inferno; se potesse ogni mor­tale fare una visita sola in quel carcere, non si com­metterebbe più un sol peccato veniale, tanto è punito rigorosamente! – Il giorno 30 novembre la religiosa intese che il padre con un doloroso sospiro pronun­ziava queste parole: – Mi pare un’eternità che son qui, la mia pena più grande in questo momento è una sete di Dio che mi divora e un desiderio irrefre­nabile di possederlo; ed ogni volta che mi slancio verso di lui mi sento sempre respinto nell’abisso, poichè la mia pena non è ancora compiuta.

Dal che è da dedurre che fosse già passato nel Purgatorio superiore; tanto più che il 5 dicembre si manifestò tutto splendido attraverso un’aureola di tristezza. Dal 5 al 12 dicembre non apparve più, ma dal 12 al 15 si mo­strò sempre più splendente. Finalmente durante la Messa della mezzanotte e precisamente nell’intermez­zo dell’elevazíone, apparve il defunto per l’ultima volta, circondato di luce e di beatitudine, dicendo a sua figlia: – Il tempo dell’espiazione è compiuto, ed io vengo a ringraziare te e l’intera comunità delle preghiere e dei suffragi fatti per l’anima mia.

Pre­gherò in cielo per tutte voi, e per te, mia cara figlia, impetrerò una sottomissione perfetta alla divina vo­lontà e la grazia di entrare in cielo senza passare per le pene del Purgatorio. – Queste furono le sue ulti­me parole; la religiosa potè appena vedere il volto del padre suo, tanto era immerso nella divina luce.

Can. Luigi Coccolo


     

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