Il Purgatorio nella rivelazione dei Santi -15
Questo articolo è stato già letto1341 volte!
“Fino all’ultimo spicciolo”
Taluni potranno pensare che i grandi supplizi saranno riservati ai più grandi peccatori ma non è così: quanto narrato e ciò che ci apprestiamo a presentare dimostrano che saranno cioè puniti anche i falli leggeri, anche le mancanze che crediamo trascurabili e nelle quali cadiamo tanto spesso e tanto volentieri, illudendoci di non doverne pagare la pena nell’altra vita.
Si legge che la ven. Agnese di Gesù, religiosa domenicana, per più di un anno sottopose il suo corpo ad asprissime penitenze, ed innalzò a Dio molte e ferventi preghiere pel defunto padre del suo confessore. Quest’anima le appariva sovente implorando i suffragi di lei, e un giorno avendole toccata una spalla con la mano, ebbe a soffrirci per più di sei ore gli ardori intollerabili del Purgatorio : finalmente il defunto fu liberato dopo tredici mesi da quelle torture.
Sopra di che gli autori delle memorie sulla vita della madre Agnese fanno osservare il rigore dei divini giudizi ; poiché il defunto aveva santamente vissuto nel secolo, era un confessore della fede, essendo stato perseguitato dai protestanti di Nimes, i quali si erano impadroniti de’ suoi beni, l’avevano gettato in prigione e vessato con ogni sorta di angherie; prima di morire aveva sopportato con pazienza esemplare una lunga e dolorosa malattia; eppure nonostante tanti meriti acquistati, nonostante i digiuni, le preghiere, le discipline della caritatevole Agnese, nonostante le numerose Messe celebrate dal figlio suo, egli restò più di un anno in mezzo a quelle torture spaventose.
Ma udite un esempio ancor più meraviglioso. Allorché questa stessa madre Agnese era priora del suo monastero, una delle religiose per nome suor Angelica, venuta a morte, il dì seguente a quello in cui era spirata il confessore della comunità ordinò alla superiora che si recasse a pregare sulla tomba di lei. Vi andò ella infatti, e trovandosi là inginocchiata tutta sola e nel cupo della notte, fu assalita da un subitaneo timore, insinuatole forse dal demonio, che voleva distorla da quel caritatevole officio.
Abituata però com’era alle sue astuzie, si tenne salda ed offrì a Dio quello spavento in espiazione per la defunta, rappresentandogli come non fosse curiosità ma obbedienza che la induceva ad interessarsi dello stato di quell’anima, e poiché era a lui piaciuto di farla custode in vita di quella povera pecorella, fosse naturale ch’ella trepidasse per lei dopo la morte. Ed ecco venirle innanzi la morta in abito da religiosa, emettendo dal capo come una fiamma ardente, il cui calore bruciava quasi il viso della priora, alla quale suor Angelica con grande umiltà domandò perdono dei dispiaceri causatile durante la vita, ringraziandola dell’affettuosa assistenza che le aveva prodigata nell’ultima malattia.
La madre Agnese, da parte sua, tutta confusa, domandava perdono alla suora, pretendendo nella sua umiltà di non averle prestato tutte quelle cure, alle quali sarebbe stata tenuta nella sua carica di superiora. Ma suor Angelica seguitava a ringraziarla e ad attestarle la sua riconoscenza, perché in vita le aveva spesso inculcate quelle parole del Vangelo : « Maledetto colui che compie con negligenza l’opera di Dio ».
La spronava in pari tempo ad eccitare le suore a servir Dio con sollecitudine e ad amarlo con tutto il cuore, e soggiunse : “Se si potesse arrivare a comprendere quanto sono grandi i tormenti del Purgatorio, si starebbe sempre all’erta per cercare di evitarli”.
Padre Pietro Louvet
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.