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Il Purgatorio nella rivelazione dei Santi – XVII

19 Gennaio 2014 | Filed under: Purgatorio
     

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Purgatorio1

Vorremmo che le anime pie restassero colpite da questi esempi e ne approfittassero per emendarsi, con­siderando che quelle piccole imperfezioni, quei difetti di ogni giorno, di cui si accusano sì spesso al santo tribunale della penitenza, senz’averne però quasi mai una sufficiente contrizione, trovano nell’altra vita una rigorosa espiazione. Il fatto seguente valga ad affer­mare quanto andiamo dicendo.

Cornelia Lampognana fu una santa matrona che visse a Milano, ad imitazione di Santa Francesca Ro­mana, nella professione perfetta dei tre stati di ver­gine, di sposa e di vedova. Essendo strettamente in santa amicizia con una religiosa del terz’Ordine di san Domenico, un giorno in cui s’intrattenevano delle co­se dell’altra vita, si promisero scambievolmente che se così fosse piaciuto a Dio, la prima di loro che morisse, apparirebbe all’altra.

Dopo cinque anni Cornelia pas­sò da questa all’altra vita, e in capo a tre giorni si presentò alla sua compagna, mentre era in cella inginocchiata ai piedi del crocifisso. Stupita a tal vista, la religiosa esclamò : “O Cornelia, Cornelia mia, come sono fe­lice di rivederti ! Dove ti trovi tu dunque ? Certo sarai già nel seno di Dio, che servisti in questa vita con tanto zelo ed amore!”-“Ahimè! Ancora no, rispose l’altra. Vedi come sono diversi i giudizi di Dio da quelli degli uomini! Io sono in luogo di pena e vi dovrò restare ancora per qualche tempo in espiazione dei falli della mia vita, che avrebbe potuto essere più fedele e più fervente”. — Prendendo poi per mano la sua amica, soggiunse: — “Vieni con me, e ti farò ve­dere cose meravigliose”.

E postesi in cammino, ar­rivarono in un vasto campo tutto ripieno di bellissime viti, sulle cui foglie erano impressi dei caratteri. — Leggi — disse Cornelia all’arnica. Si chinò allora la suora e con grandissima sorpresa avendo letto su quel­le foglie i propri difetti ed imperfezioni quotidiane, domandò attonita che cosa volesse ciò significare. — “Nulla di strano, sorella mia” — rispose la defunta — “non hai forse letto spesse volte quelle parole pronun­ziate da nostro Signore nell’ultima cena : « Io sono la vite e voi i tralci » ? Ogni nostra azione buona o cat­tiva è una foglia di questa mistica vigna ; per entrare in cielo è necessario che le foglie del male siano di­strutte e consumate dal fuoco : ma, consolati, sorella mia, poiché guardando ben da vicino, vedrai che poco ti resta a distruggere, avendo tu fedelmente perseve­rato nelle tue promesse verginali, e servito con zelo il tuo buon maestro.

Sono è vero ancor numerose le tue mancanze, ma non tanto quanto le mie che percorsi sulla terra stati sì differenti : e te ne voglio far con­vinta”. — E avanzandosi di pochi passi si trovarono di nuovo in una località ripiena di viti serpeggianti e intrecciatesi da tutte le parti, in maniera che le fo­glie ricoprivano il suolo; ed appressandosi ansiosa­mente la suora per vedere che cosa fosse scritto su queste : — “Fermati”, le disse l’amica : “il mio divin Sal­vatore non permette che tu conosca fin d’ora le offese che io gli feci, e vuol risparmiarmi tanta vergogna. Leggi soltanto quel che troverai scritto sulle foglie che vedi vicine a te”. 

Allora ella posando lo sguardo su quelle che le erano più dappresso, vide registrate tutte le mancanze commesse dalla defunta nel luogo santo, le irriverenze, le distrazioni, i discorsi inutili fatti in chiesa. — “O mio Gesù, gridò allora la religiosa, che s’avrà da fare per rimediare a tanti falli ? Come mai dopo le tue confessioni e comunioni sì frequenti, dopo le indulgenze da te guadagnate ti resta ancor tanto da  espiare? “

“Giusto è quanto dici, o sorella, ma sappi che per la mia tiepidezza e per l’abitudine presavi, io non trassi tutto quel frutto che avrei dovuto dalle mie comunioni e confessioni, e quanto alle indulgenze avendone guadagnate pochissime, tre o quattro al più, a motivo delle mie abituali distrazioni e della man­canza di fervore, bisogna che faccia ora quella peni­tenza che non feci quando pur mi sarebbe riuscito sì facile”.

Padre Pietro Louvet


     

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