Il Purgatorio nella rivelazione dei Santi – 53°
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LE GIOIE DEL PURGATORIO
Motivi di conforto nella pena
A chi domanda se insieme a tanto dolore può esservi gioia e conforto in Purgatorio, risponderemmo volentieri col Poeta, rapito dal canto di Casella: “Lo mio Maestro, ed io, e quella gente Ch’eran con lui, parevan sì contenti Com’a nessun toccasse altro la mente”. (Purg., II, 115, segg.). Se il solo canto di Casella bastava a ricolmar di gioia le anime dei trapassati, condannate alle pene del Purgatorio, cosa dovremmo dire di altri e assai più forti motivi che quelle anime hanno di rallegrarsi?
Gli autori che trattano del Purgatorio si dividono in due schiere, a seconda del modo sotto cui considerano quel carcere di dolore. Gli uni, dominati dall’idea di allontanare gli uomkii dal peccato spaventandoli, hanno insistito sul rigore dei castighi mostrandoceli simili in tutto a quelli dell’Inferno, salvo la disperazione dell’anima e la eternità delle pene; gli altri, più sensibili dal lato morale, si sono occupati specialmente dei sentimenti dai quali son dominate quelle anime in mezzo alle loro indicibili sofferenze, e sotto questo rapporto dimostrano tutto esser luce in quel baratro del dolore.
Tuttavia, non potendo concludere da tutto ciò che fra gli autori vi sia contraddizione, per formarsi un’idea esatta di quel regno del dolore, bisogna considerarlo contemporaneamente sotto ambedue i rapporti, facendo la sintesi di essi e trattandoli insieme esaurientemente. Noi abbiamo già parlato a lungo delle pene, ora rimane a trattare delle gioie del Purgatorio.
Confermati in grazia
La prima gioia di quelle anime è di sentirsi confermate in grazia, e quindi sicure della loro eterna salute e nella felice impotenza di più peccare, mentre per un’anima veramente cristiana, finché vive su questa terra, non v’è croce più pesante che l’incertezza della sua eterna sorte. Angosciosa incertezza, che amareggia la vita quaggiù, e fa sospirare il giorno in cui — a Dio piacendo — sarà dissipata, mentre contemporaneamente fa temere quel giorno, che può rappresentare il principio di una tremenda certezza.
Quando noi in una meravigliosa notte stellata solleviamo gli occhi alla volta celeste, che, secondo l’espressione del Salmista, non è che lo sgabello del trono di Dio, e pensiamo che oltre quegli spazi senza limiti vi è il trono del Signore, il soggiorno di Gesù, della Vergine e dei Santi, e che là dovrebbe essere il nostro posto assegnatoci fin dal giorno del battesimo, e là dovremo un giorno vivere eternamente felici con Dio e coi suoi Santi, sentiamo sollevarci lo spirito e il povero nostro cuore struggersi dal desiderio e dall’amore.
Ma mentre pregustiamo di quelle gioie, ecco una voce che dall’intimo della coscienza ci grida che forse non arriveremo lassù, che forse non saremo fedeli in tutta la nostra vita, forse non persevereremo nel bene e quindi demeriteremo quel gran premio ! Oh ! come allora il cuore ci si stringe e quanta amarezza proviamo in mezzo a questo dubbio !
Allora la nostra mente scende ad investigare la coscienza, e scoprendo tanti falli che commettiamo ogni giorno per quella tendenza malvagia, che è insita nell’uomo, siamo costretti a dubitare della nostra sorte futura e dire che se arriveremo a salvarci sarà solo in grazia della misericordia infinita di Dio. Per le anime purganti invece la cosa va ben diversamente : per loro tutto è finito e finito felicemente.
Sanno di scontare la pena dei peccati passati, sanno che non peccheranno mai più, hanno la certezza che il loro avvenire è assicurato e che, spente un giorno quelle fiamme espiatrici, incomincerà per loro l’eterna beatitudine.
Padre Pietro Louvet
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