Il mondo ha bisogno di sacerdoti santi – Lettera del cardinale Piacenza
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“Noi sacerdoti – sottolinea il cardinale Piacenza – non possiamo santificarci senza lavorare alla santità dei nostri fratelli, e non possiamo lavorare alla santità dei nostri fratelli senza che abbiamo prima lavorato e lavoriamo alla nostra santità.”
Cosa dunque il mondo di oggi, con le sue “lacerazioni sempre più preoccupanti”, deve vedere nel sacerdote? Roberto Piermarini lo ha chiesto allo stesso cardinale Mauro Piacenza:
R. – Subito le direi: non un punto interrogativo, ma un punto esclamativo. Evidentemente, si capisce in che senso. Cioè, un uomo di Dio che abita nel cuore di Gesù Buon Pastore e che sia un testimone felice, direi – che lo si veda, che lo si colga – dell’amore trinitario di Dio. Un uomo che crede in un solo Dio che è amore, ma per quale motivo fondamentale?
Nessuna nuova evangelizzazione – e siamo nel contesto della nuova evangelizzazione – potrebbe mai essere possibile se noi sacerdoti non fossimo in grado anche di “stupire”, nel senso profetico della parola, e di commuovere il mondo con l’annuncio della natura d’amore del nostro Dio, del fatto che Dio è Carità, è Amore, nelle tre Persone divine che si esprimono e ci coinvolgono nella loro stessa vita.
D. – Pensando a quei casi dolorosi “che hanno umiliato il sacerdozio agli occhi del mondo”, come si legge nella sua Lettera, da dove deve ricominciare la ricerca della santità sacerdotale?
R. – Anzitutto, direi dal pentimento e dal perdono e naturalmente, non penso soltanto a determinati crimini orribili, quanto anche – oltre a quello che è scontato: il pentimento e il perdono, naturalmente, da richiedersi a Dio, prima di tutto, e poi anche a tutte le persone che sono danneggiate e alla stessa immagine di Chiesa che viene deturpata – a tutte quelle omissioni, a tutti quegli intiepidimenti rispetto a quella che invece dovrebbe essere la vivacità del ministero apostolico, e del cogliere l’invito ad oltrepassare la porta fidei – uso la parola della Lettera apostolica con la quale il Santo Padre ha indetto l’Anno della fede – accompagnando i nostri fedeli.
Ecco, noi dobbiamo riscoprire la fede del mistero che è dentro di noi: cioè, saperci meravigliare di quello che noi siamo e quindi riscoprire, alla luce della fede, il rito della nostra stessa ordinazione e tutto ciò che contiene anche nella sua gestualità; riscoprire quindi con occhio di fede la nostra ontologia, la nostra identità, e ricordare che noi non possiamo santificarci senza lavorare alla santificazione dei nostri fratelli, e non possiamo lavorare alla santificazione dei nostri fratelli senza lavorare alla nostra santificazione.
D. – Per potere attuare la nuova evangelizzazione, quale impegno si richiede ai sacerdoti?
R. – E’ l’amore di Cristo che riempie i nostri cuori e ci spinge ad evangelizzare. Quindi, prima di tutto è essere “cisterne” di questo amore; stare con il Signore, ricevere i raggi del suo amore: come si ricevono i raggi del sole astronomico sulla spiaggia, che fanno abbronzare; qui si tratta di stare con il Signore e ricevere i raggi del suo amore e della sua verità. Dobbiamo essere quindi sempre più motivati in modo, direi, “comunionale”, quindi essere sempre più Chiesa, essere sempre più presbiterio unito con il proprio vescovo; presbiterio unito con il proprio vescovo a sua volta unito con il Sommo Pontefice … Cioè, riscoprire veramente il mistero della comunione. (Continua)
Roberto Piermarini
news.va/it
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