Il Mistero Eucaristico “SACRAMENTUM CONCILIUM”
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IL MISTERO EUCARISTICO
La Messa e il mistero pasquale
Il nostro Salvatore nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, onde perpetuare nei secoli fino al suo ritorno il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione: sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura.
Partecipazione attiva dei fedeli alla Messa
Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano formati dalla parola di Dio; si nutrano alla mensa del corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per la mediazione di Cristo, siano perfezionati nell’unità con Dio e tra di loro, di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti.
Affinchè poi il sacrificio della Messa raggiunga la sua piena efficacia pastorale anche nella forma rituale, il sacro Concilio, in vista delle Messe celebrate con partecipazione di popolo, specialmente la domenica e i giorni di precetto, stabilisce quanto segue:
Revisione dell’ordinario della Messa
L’ordinamento rituale della Messa sia riveduto in modo che apparisca più chiaramente la natura specifica delle singole parti e la loro mutua connessione, e sia resa più facile la partecipazione pia e attiva dei fedeli.
Per questo i riti, conservata fedelmente la loro sostanza, siano semplificati; si sopprimano quegli elementi che, col passare dei secoli, furono duplicati o aggiunti senza grande utilità; alcuni elementi, invece, che col tempo andarono perduti, siano ristabiliti, secondo la tradizione dei Padri, nella misura che sembrerà opportuna o necessaria.
Una più grande ricchezza biblica
Affinchè la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della sacra Scrittura.
L’omelia
Si raccomanda vivamente l’omelia, che è parte dell’azione liturgica. In essa nel corso dell’anno liturgico vengano presentati i misteri della fede e le norme della vita cristiana, attingendoli dal testo sacro. Nelle messe della domenica e dei giorni festivi con partecipazione di popolo non si ometta l’omelia se non per grave motivo.
La “preghiera dei fedeli”
Dopo il Vangelo e l’omelia, specialmente la domenica e le feste di precetto, sia ripristinata la “orazione comune” detta anche “dei fedeli”, in modo che, con la partecipazione del popolo, si facciano speciali preghiere per la santa Chiesa, per coloro che ci governano, per coloro che si trovano in varie necessità, per tutti gli ammalati e per la salvezza di tutto il mondo.
Lingua nazionale e latino nella Messa
Nelle Messe celebrate con partecipazione di popolo si possa concedere una congrua parte alla lingua nazionale, specialmente nelle letture e nella “orazione comune” e, secondo le condizioni dei vari luoghi, anche nelle parti spettanti al popolo, a norma dell’art 36 di questa costituzione. Si abbia cura però che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell’ordinario della Messa che spettano ad essi. Se poi in qualche luogo sembrasse opportuno un uso più ampio della lingua nazionale nella Messa, si osservi quanto prescrive l’art. 40 di questa costituzione.
Comunione sotto le due specie
Si raccomanda molto quella partecipazione più perfetta alla Messa, nella quale i fedeli, dopo la comunione del sacerdote, ricevono il corpo del Signore con i pani consacrati in questo sacrificio. Fermi restando i princìpi dottrinali stabiliti dal Concilio di Trento, la comunione sotto le due specie si può concedere sia ai chierici e religiosi sia ai laici, in casi da determinarsi dalla sede apostolica e secondo il giudizio del vescovo, come per esempio agli ordinati nella Messa della loro sacra ordinazione, ai professi nella Messa della loro professione religiosa, ai neofiti nella Messa che segue il battesimo.
Unità della Messa
Le due parti che costituiscono in certo modo la Messa, cioè la liturgia della parola e la liturgia eucaristica, sono congiunte tra di loro così strettamente a formare un solo atto di culto. Perciò il sacro Concilio esorta caldamente i pastori d’anime ad istruire con cura i fedeli nella catechesi, perchè partecipino a tutta la Messa, specialmente la domenica e le feste di precetto.
La concelebrazione
La concelebrazione, che manifesta in modo appropriato l’unità del sacerdozio, è rimasta in uso fino ad oggi nella Chiesa, tanto in Oriente che in Occidente. Perciò al Concilio è sembrato opportuno estenderne la facoltà ai casi seguenti:
1)) a)) al giovedi santo, sia nella messa crismale che nella messa vespertina;
b)) alle messe celebrate nei concili, nelle riunioni di vescovi e sinodi;
c)) alla messa di benedizione di un abate.
2)) Inoltre, con il permesso dell’ordinario, a cui spetta giudicare sulla opportunità della concelebrazione:
a)) alla messa conventuale e alla messa principale nelle diverse chiese, quando l’utilità dei fedeli non richieda che tutti i sacerdoti presenti celebrino singolarmente;
b)) alle messe nelle riunioni di qualsiasi genere di sacerdoti tanto secolari che religiosi.
2)) 1- Spetta al vescovo regolare la disciplina della concelebrazione nella propria diocesi;
2- Resti sempre però ad ogni sacerdote la facoltà di celebrare la messa individualmente, purchè non celebri nel medesimo tempo e nella medesima chiesa in cui si fa la concelebrazione, e neppure il giovedi santo.
Venga redatto un nuovo rito della concelebrazione da inserirsi nel pontificale e nel messale romano
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