Il Miracolo della Domenica
Questo articolo è stato già letto1568 volte!
L’Eucaristìa è il cuore della Domenica
La Chiesa ha ricevuto l’Eucaristia da Cristo suo Signore come “il dono per eccellenza”, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza. E talmente importante che Gesù non è ritornato al Padre senza lasciarci questo mezzo per partecipare come se fossimo presenti: la celebrazione rende “realmente presente” ed opera la nostra redenzione. E’ dunque un inestimabile dono perché ci mostra un amore che va fino «all’estremo» (cf. Gv 13,1), un amore che non conosce misura. Gesù offre il suo corpo ed il suo sangue «per voi», oggi: questa espressione di Gesù dice tutta la portata dell’evento che celebriamo, un sacrificio che raggiunge “noi oggi” applicando a noi oggi la riconciliazione ottenuta una volte per tutte da Cristo per l’umanità. La Messa rende presente il sacrificio della Croce e la resurrezione, non vi aggiunge e non lo moltiplica: è proprio il dono della sua vita sulla croce e la grazia dalla sua resurrezione, un dono prima di tutto al Padre facendosi “obbediente fino alla morte” (Fil 2,8), un dono a noi come “pane vivo e vero”… (cf. GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Ecclesia de eucaristia, 17 aprile 2003). Il Pane eucaristico, quale “pane vivo e vero” (cf. Gv 6,22-66) è il “mirabile documento” nuovo, prezioso, unico. Si tratta di un “documento nuovo” perché scritto con l’inchiostro del Sangue dell’Agnello immolato; si tratta di un “documento prezioso”, perché attesta che “Cristo, nostra Pasqua” è il Pellicano dell’umanità; si tratta di un “documento unico” perché racconta l’umiltà dì Dio. La celebrazione eucaristica “sveglia l’aurora dell’eternità nella notte del tempo”: pertanto la partecipazione all’Eucaristia domenicale è, per ogni battezzato, “il cuore della domenica”. Si tratta di un impegno irrinunciabile, da vivere non solo per assolvere ad un precetto, ma come bisogno di una vita cristiana veramente consapevole e coerente perché bisognosi dell’amore e della salvezza di Gesù Cristo.
< ?xml:namespace prefix = v />
La centralità dell’Eucaristia è garantita da due coordinate antropologiche
La centralità dell’eucaristia viene garantita dunque dalle coordinate tipiche dell’azione umana, che sono il tempo e lo spazio. Il primo è rappresentato peculiarmente dal “giorno del Signore” perché l’uomo torni a far festa: torni cioè a vivere in quella gioia che viene dalla comunione con il Padre. L’Eucaristia apre a questa dimensione “altra”, dove ritrovano la giusta dimensione anche gli affanni quotidiani che altrimenti rischiano di travolgerci. Il secondo è dato dal riunirsi in un luogo per formare l’ “assemblea parrocchiale”, realtà che offre al mondo «il primo sacramento della presenza del Signore in mezzo ai suoi: nel segno umile, ma vero del convenire in unum nel ritrovarsi dei molti nell’unità di un cuore solo e di un’anima sola, si manifesta l’unità di quel corpo misterioso di Cristo, che è la chiesa» (GdS 5, in EGEI IH/1942). Il cristiano ha bisogno di ritrovarsi in un luogo; non può vivere senza celebrare quel giorno, la domenica, e quel mistero, l’eucaristia (cf. G. CAVAGNONI, Domenica, eucaristia, parrocchia, in Rivista di Pastorale Liturgica, 238, 3/2003), L’Eucaristia, quale “sintesi mirabile e viva del mistero pasquale”, è il luogo in cui la Chiesa vive, si manifesta e realizza se stessa nella sua forma più essenziale. In effetti, l’Eucaristia è il luogo privilegiato dove la comunione è costantemente annunciata e coltivata; pertanto, oltre ad essere “il farmaco dell’immortalità”, è “l’antidoto più naturale alla dispersione”.
L’eucaristìa come mistero detta fede
L’Eucaristia è un mysterìum fidei, mistero che sovrasta i nostri pensieri, e può essere accolto solo nella fede. Come diceva Paolo VI: «Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero per essere in ac-cordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino hanno cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il corpo ed il sangue adorabili del Signore Gesù ad essere realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino». L’Eucaristia è in vero banchetto in cui Cristo si offre come nutrimento: tutta la messa è orientata all’unione intima di noi fedeli con Cristo attraverso la comunione eucaristica al suo corpo ed al suo sangue. Da questa partecipazione riceviamo il dono dello Spirito che cresce in noi. L’Eucaristia è tensione verso la meta, attesa fiduciosa di una promessa che oggi procura gioia perché la vita eterna inizia già qui sulla terra, primizia di quella futura che riguarderà l’uomo nella sua totalità. Con l’Eucaristia si assimila il “segreto” della resurrezione. Questa tensione verso la vita eterna rende salda la comunione con la Chiesa celeste, a quella moltitudine immensa di persone che ci hanno preceduti. L’Eucaristia diventa uno squarcio di cielo che si apre sulla terra. La conseguenza di tutto questo è lo slancio nella storia, la dedizione ai nostri compiti, il senso di responsabilità verso la terra presente, i doveri della cittadinanza terrena, l’edificazione di un mondo a misura d’uomo e pienamente rispondente al disegno di Dio (pace, rapporti di giustizia e solidarietà, difesa della vita umana, le povertà,…). E’ l’impegno eucaristico, l’impegno a trasformare la vita perché essa diventi tutta “eucaristica” (cf. GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Ecclesia de eucaristia, 17 aprile 2003).
Coinvolgimento del nostro essere
Se la domenica e il giorno dell’Eucaristia, ciò non è solo perché è il giorno in cui si partecipa alla Messa, quanto piuttosto perché in quel giorno, più che in qualunque altro, il cristiano cerca di fare della sua vita un dono, un sacrificio spirituale gradito a Dio, a imitazione di colui che nel suo sacrificio ha fatto della propria vita un dono al Padre ed ai fratelli. Parola che annuncia e ripropone questo dono di sé, sacramento che lo comunica significandolo nella frazione del Pane come gesto di condivisione, disponibilità al servizio che nasce direttamente dalla stessa carità di Cristo: questa è la vita eucaristicamente vissuta (cf. GEI, II giorno del Signore, 15 luglio 1984). Nella Messa noi non siamo fermi, statici, passivi spettatori dell’amore di Dio; noi siamo invece dinamici cooperatori dell’impresa redentrice e liberatrice di Gesù Cristo. Mangiando il corpo e bevendo il sangue di Cristo diventiamo parte attiva di quello che Cristo è andato e va compiendo personalmente. Il mons. Cesare Pagani in una lettera pastorale alla sua diocesi di Perugia – Città della Pieve dettava delle condizioni che consentono di partecipare vitalmente al Sacrificio eucaristico non come “usufruttuari”, ma come “eredi”: «Vivi la Messa in contemporanea con la Cena di Cristo. Tu sei nel Cenacolo, sul Calvario, nel Sepolcro, sul Monte degli Ulivi, alla Destra del Padre con Gesù Cristo. E’ questa la condizione più importante per prendere parte alla Messa (…). Non sei davanti, ma sei dentro la vicenda redentiva e vi sei coinvolto come responsabile (…). Vivi la Messa insieme con l’assemblea (…). Se tu sei in contatto diretto con Gesù Cristo presente e vivente (…), questa esperienza crea consanguineità fra tutti (…). Vivi la Messa, sempre, anche per la strada dove, con te, vive, cammina, parla, lavora, soffre la normale gente (…). La Messa ti rende strumento che comunica la vita e la generosa bontà di Gesù Cristo, a servizio dei fratelli che cercano salvezza, aiuto, conforto, serenità, pace (…). Vivi la Messa con spirito di Nostalgia, di Attesa, di Speranza (…). Se ti fermi deluso o stanco, se ti lamenti desolato, hai sciupato il dono della Certezza che Gesù Cristo ti ha innestato nel cuore» (citato in G. SIGISMONDI, Spero perché credo la Chiesa, Ed. Porziuncola, 2002, p. 66). La Messa costituisce l’unica “uscita di sicurezza” che consente di incontrare Gesù Cristo vivo, operante, provocante e di seguirlo con passo sempre aggiornato, ardito e gioioso. Non una uscita di servizio, dunque, ma una uscita di sicurezza. Vivere dunque con fede e coerenza la S. Messa festiva per cambiare la qualità della vita personale e comunitaria.
Il miracolo dell’intimità divina
L’Eucaristia è il gesto più comune e più divino immaginabile, la verità di Gesù, così umano e così divino. E’ la storia di Dio che vuole venire vicino a noi, così vicino che possiamo vederlo con i nostri occhi, udirlo con i nostri orecchi, toccarlo con le nostre mani; così vicino che non c’è niente che separi, che divida, che crei distanza. Nell’Eucaristia Gesù dona tutto: il pane ed il vino diventano il suo corpo ed il suo sangue nel darsi, espressione, insieme al mistero dell’incarnazione, dell’immenso amore di Dio che dona se stesso, un dono di sé divino e completo che raggiunge tutta l’umanità nel tempo e nello spazio. Ecco il miracolo! Dio desidera essere pienamente unito a noi in modo che tutto di Dio e tutto di noi possa essere unito insieme in un amore eterno. Dio desidera comunione: una unità che sia vitale e viva, un’intimità che venga da entrambe le parti, un vincolo che sia veramente mutuo. Questo desiderio di Dio costituisce il nucleo della celebrazione eucaristica e della vita eucaristica: egli vuole diventare il nostro cibo e la nostra bevanda quotidiana in ogni tempo e in ogni luogo. L’Eucaristia è dunque riconoscimento. E’ la piena comprensione che Gesù da sempre ha desiderato entrare in comunione con noi, una comprensione per noi difficile perché una comunione che avviene in sua assenza: è una comunione così intima, così santa, così sacra e così spirituale che i nostri organi di senso non riescono a percepirla: accettiamo quindi la solitudine del sapere che egli ci è più vicino di quanto noi possiamo mai esserlo a noi stessi. La comunione con Gesù significa diventare come lui: la solitudine della fede fa riconoscere di essere insieme col fratello che mi vive accanto, insieme con un nuovo legame. Soltanto Dio in noi può vedere Dio nell’altra persona. La nostra partecipazione alla vita intima di Dio ci porta a un modo nuovo di partecipazione alla vita dell’altro. Questo corpo nuovo è un corpo forgiato dallo Spirito d’amore. La comunione crea quindi comunità e conduce anche alla missione (cf. H.J.M.NOUWEN, La forza della sua presenza, Queriniana, 1997).
Padre Alfredo Avallone
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.